Terminator Zero, la recensione: che succede se una saga cult (americana) diventa un anime?

La serie spin-off di Terminator trova nuova vita grazie all'animazione giapponese. Otto episodi crudi e fedeli che provano a raccontare il cult dal contesto nipponico. In streaming su Netflix.

La macchina di Terminator Zero

Sta accadendo sempre più spesso che franchise celebri che vivono su molteplici medium trovino più fortuna e nuova linfa vitale nell'animazione piuttosto che negli originali live action, soprattutto su Netflix. Non solo The Witcher con Nightmare of the Wolf o ancora Jurassic World con Nuove Avventure e Teoria del Caos, Scott Pilgrim vs The World con Scott Pilgrim Takes Off, i videogiochi League of Legends con Arcane e Castlevania con la serie omonima, ma ora anche Terminator si aggiunge alla lista con Terminator Zero.

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Una sequenza onirica

Un titolo che, proprio come Lupin Zero, prova a tornare in modo nuovo alle origini del personaggio cult che aveva fatto fortuna al cinema ma che aveva poi deluso con gli ultimi capitoli, Salvation, Destino Oscuro e il reboot Genisys. Disponibile sulla piattaforma dal 29 agosto, giorno simbolo per la saga poiché Giorno del Giudizio del sequel più riuscito.

Una serie anime che viaggia nel tempo

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Terminator Zero: prima suggestiva immagine dell'anime Netflix

La serie Netflix è ambientata su più linee temporali, proprio come da tradizione nel franchise: nel 2022 continua una guerra imperitura tra umani e macchine che continua a mietere vittime mentre nel 1997 l'intelligenza artificiale nota come Skynet acquisisce coscienza di sé e inizia la propria guerra contro l'umanità. Incastrata tra passato e futuro c'è Eiko, un soldato mandato indietro nel tempo per provare a cambiare il destino dell'umanità: la donna viene inviata negli anni '90 col compito di proteggere uno scienziato di nome Malcolm Lee che sta lavorando al lancio di un nuovo sistema di IA, di nome Kokoro, progettato per combattere Skynet e quindi l'attacco contro l'umanità. Nel frattempo lo stesso Dr. Lee deve confrontarsi con l'etica morale borderline della propria creazione mentre un assassino venuto dal futuro potrebbe cambiare per sempre tutto attaccando lui e i suoi tre figli Kento, Hiro e Reika e la loro bambinaia Misaki.

Terminator Zero: tra passato, presente e futuro

Il creatore Mattson Tomlin e il regista Masashi Kudo giocano con i piani temporali e spaziali, come da sempre ha fatto la saga, ma provando ad alzare la posta in gioco, sia a livello narrativo che visivo, con una regia estremamente dinamica e un utilizzo del linguaggio dell'animazione giapponese il più possibile vicino al franchise, provando a contaminare tra loro i due mondi, occidentale e orientale. Da un lato omaggiando il materiale originario con scene action e atmosfere distopiche che hanno anticipato molte delle saghe venute dopo (ancora una volta, James Cameron ci aveva visto lungo); dall'altro aggiungendo il ritmo lento e compassato tipico di svariate produzioni nipponiche, oltre all'approccio crudo e sanguinolento che rende la storia estremamente matura. Senza dimenticare l'elemento più teen e bambinesco che riguarda la storyline dei tre figli del protagonista.

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Un'inquietante incubo del protagonista

O per meglio dire, uno dei protagonisti: a dare il titolo alla saga, non dimentichiamolo, è proprio la macchina ribelle e riprogrammata interpretata da Arnold Schwarzenegger. Qui ne prende l'eredità (nel doppiaggio originale), Timothy Olyphant. Il personaggio chiave sarà lui, oppure il Dr. Lee, o ancora la donna venuta dal futuro? Questo lo si scopre solo negli ultimi due episodi, in cui tutti i tasselli apparentemente indipendenti trova il proprio incastro gli uni con gli altri.

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Giocare col pubblico, ma a quale prezzo?

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Il Terminator in azione

Prodotta da Skydance e I.G. Production, Terminator Zero prova insomma a giocare col franchise, già rebottato in vari modi al cinema negli ultimi capitoli live action prodotti, provando a farsi forza del linguaggio dell'animazione ma perdendosi in molte sottotrame e in una resa visiva non sempre fluida. Un'aggiunta sicuramente piacevole per i fan della prima ora, ma che allo stesso tempo non aggiunge davvero qualcosa di nuovo se non il ricordarci quanto la saga fosse stata antesignana di tematiche oggi attualissime come l'intelligenza artificiale. L'etica morale delle macchine viene messa parecchio in discussione nella serie ed è soprattutto nei dialoghi tra Malcolm e Kokoro - sull'uomo che gioca ad essere Dio grazie al progresso tecnologico e sugli androidi che acquisiscono non solo coscienza di sé ma soprattutto sentimenti ed emozioni umane - che si ritrova il fascino della fantascienza più pura, ovviamente mescolata a qualcosa di estremamente umano ma che forse rimane troppo figlia del genere sci-fi.

Conclusioni

Come spiegato nella recensione, Terminator Zero prova a raccontare un’origin story parallela e alternativa in territorio giapponese a quella dei primi film della saga, riuscendoci in parte, funzionando più nella seconda metà risolutiva che nella prima metà introduttiva, e non proponendo qualcosa di originale ma di profondamente figlio di quanto il franchise ha fatto finora al cinema, se non fosse per l’influenza nipponica in alcune scelte stilistiche e di contesto sociale. Apprezzabile invece la scelta della resa visiva differente tra le epoche raccontate.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
4.8/5

Perché ci piace

  • Il “gioco” coi viaggi nel tempo che ha fatto la fortuna della saga.
  • L'approccio crudo e maturo.
  • La tensione narrativa, anche se ci mette un po’ a carburare.
  • La riflessione sull’intelligenza artificiale che strizza l’occhio alla contemporaneità.
  • Il rapporto uomo-macchina analizzato ancora una volta…

Cosa non va

  • …forse in maniera un po’ ridondante.
  • Tante, forse troppe, storyline e personaggi messi in campo.
  • L’animazione non è fluida al 100%.