Tanya Wexler parla di Hysteria

In occasione dell'uscita della sua divertente commedia, che racconta la nascita del vibratore, abbiamo incontrato la regista Tanya Wexler che ci ha raccontato genesi e curiosità del film.

Una divertente commedia romantica, caratterizzata da un inquadramento storico ben preciso ma anche da una leggerezza nei toni che non sconfina mai nel semplicismo: è sostanzialmente questo, al di là dell'apparente provocatorietà del soggetto, il nuovo film di Tanya Wexler Hysteria. Una pellicola che, con l'arma del sorriso e della ricostruzione di un fatto ignoto ai più (l'invenzione, quasi casuale, del vibratore a batterie) mette in evidenza il contrasto tra una morale retriva come quella vittoriana dell'800 e una società in tumultuosa trasformazione, in cui le innovazioni tecnologiche avrebbero lentamente, ma inesorabilmente, aperto la strada a un cambiamento nella mentalità e nei costumi.
Del film, della sua genesi e degli argomenti collegati al suo soggetto abbiamo parlato con la simpatica regista, in un incontro che si è rivelato interessante quanto divertente.

Qual è stata la genesi del film? Come è nata l'idea di una pellicola su un soggetto tanto singolare?
Tanya Wexler: L'idea è stata della produttrice Tracey Becker, ed era un'idea che aveva da parecchio tempo. Casualmente siamo diventate amiche, e lei mi ha parlato di questo progetto; mi ha detto "devi girarlo". A me è piaciuto subito, ed ho accettato.

Che reazioni si aspetta, per un film con questo argomento?
Risate! Spero che il pubblico ne rida, innanzitutto.

Il film è ispirato a fatti storici reali, ma quanto è frutto di fantasia?
La frequente diagnosi di "isteria" è un fatto storico, così come è reale il fatto che molti medici praticassero quel massaggio con lo scopo di provocare un "parossismo", che loro però non associavano all'orgasmo. Si pensava fosse solo una reazione muscolare. Il personaggio del dottor Mortimer Granville è reale, ma il suo ruolo nella storia è stato ampliato: in realtà, la sua invenzione fu rubata subito da altri medici, e lui non ne guadagnò molto. La parte romantica è ovviamente frutto di fantasia, ed ha forse qualcosa delle commedie degli anni '30 e '40.

Come sono stati scelti gli attori principali?
Non è stato facile trovare un attore adatto per il ruolo del dottor Granville, avevamo interpellato diversi attori senza riuscire a trovare quello che facesse al caso nostro. Poi, ho visto Hugh Dancy a Broadway, e ho capito subito che l'attore giusto era lui: aveva quella sorta di ingenua innocenza che serviva per il ruolo. Per quanto riguarda il ruolo di Maggie Gyllenhaal, ci serviva il tipo di attrice che sarebbe stata amata dalle donne, con cui il pubblico femminile poteva identificarsi: Maggie racchiudeva in sé queste caratteristiche.

Secondo lei non è curioso, e un po' paradossale, che da una teoria sessista come quella dell'isteria sia nato il germe di un'invenzione progressista come il vibratore?
E' stata una sorta di reazione: quella teoria ha scatenato una forza uguale e contraria, che ne ha rappresentato una specie di cura. Serviva, probabilmente, proprio una teoria così dura, severa, per suscitare quella reazione.

Come mai la scelta di raccontare una storia dalla forte valenza politico-sociale con toni quasi fiabeschi?
Volevamo illuminare le persone, farle sorridere, affrontare il tema con leggerezza e umorismo, piuttosto che drammatizzarlo. La liberazione sessuale, in fondo, è proprio questo: fare in modo che la gente possa stare bene con sé e divertirsi.

Quello di Emily è un personaggio combattuto, che nel film effettua una presa di coscienza dolorosa. Secondo lei sarebbe stata in grado di compierla, se non fosse stata colpita negli affetti, con l'arresto di sua sorella?
Sarebbe stato troppo facile renderlo un personaggio omologato, negativo, in tutto e per tutto opposto a quello di sua sorella. Non era lì che volevo andare a parare. Lei è semplicemente una persona che ignora ciò che le sta attorno, il cui unico scopo è quello di interpretare un ruolo nella società: Charlotte, al contrario, non è così, lei dev'essere se stessa. Quando succede quello che succede a sua sorella, Emily è costretta ad intervenire e a mettersi in discussione: forse non sarebbe stato così altrimenti, ma in quel momento lei deve farlo, perché capisce che ciò che succede a sua sorella non è giusto. Entrambe traggono beneficio da ciò.

Le rivendicazioni espresse dal personaggio di Charlotte, secondo lei sono state pienamente raggiunte?
Quello per cui la vediamo combattere nel 1880 è stato raggiunto: le donne ora possono avere un lavoro, possono votare. Tuttavia, lei non combatte solo per le donne, ma per tutti: e nella società moderna c'è ancora bisogno di donne come lei, che sappiano lottare e sognare.

Ha dei punti di riferimento cinematografici, quando gira?
Non saprei, credo ce ne siano talmente tanti che, mentre giro, la mia testa è come un collage di riferimenti diversi. La cosa più importante del mio lavoro, comunque, per me è comunicare: in modo chiaro, comprensibile, e tale da raggiungere il maggior numero di persone possibile.