Recensione Broadway Danny Rose (1984)

La rocambolesca avventura del più scalcinato tra gli agenti di attrazioni del sottobosco newyorkese raccontata con eleganza e leggerezza.

Su e giù per Broadway

La rocambolesca avventura del più scalcinato tra gli agenti di attrazioni del sottobosco newyorkese raccontata con eleganza e leggerezza. Un gruppo di artisti del varietà si ritrovano in un ristorante a ricordare le vicende più curiose che gli siano mai capitate e a farla da padrone sarà proprio la storia di Danny Rose e del suo protetto, Lou Canova, cantante confidenziale italoamericano dalla stazza imponente e dall'innamoramento facile. Danny Rose, pronto a tutto pur di accontentare i suoi protetti, si sobbarca l'onere di andare a prendere a casa Tina, l'ultima fiamma di Lou, per farla assistere alla serata più importante del cantante spacciandola per la propria ragazza. Ma niente sembra andare per il verso giusto e un breve viaggio dal New Jersey a Manhattan si trasformerà in un percorso irto di pericoli, tra riunioni di "famiglia" della più variopinta Little Italy, fughe precipitose da un lato all'altro dell'Hudson con tanto di gangsters spietati alle calcagna, prodezze degne di Houdini e sparatorie notturne. Tutto per poi scoprire che Tina ha spinto Lou ad accettare un nuovo, quotatissimo agente per far decollare la propria carriera lasciando il povero Danny Rose al suo triste destino.

Abbandonando gli intellettualismi che gli sono soliti, Woody Allen costruisce Broadway Danny Rose basandosi su due ingredienti fondamentali: una raffica di gustosi scambi di battute e gags in stile slapstick che si succedono a ritmo vivace e un manipolo di curiosi protagonisti. Allen attinge al variopinto sottobosco della comunità italoamericana estremizzandone tic ed idiosincrasie. Ecco allora il cantante Lou Canova tutto cibo, alcool e donne, ed ecco la bella Tina, ruolo costruito appositamente per Mia Farrow che desiderava interpretare una di quelle trucide e impossibili pupe da gangster con i capelli cotonati, tacchi a spillo, occhialoni da sole e camicie dai colori sgargianti. A far da contorno ai protagonisti un nutrito gruppo di personaggi secondari: i fratelli mafiosi e la madre dello spasimante di Tina e l'esilarante schiera dei clienti di Danny Rose, un ballerino senza una gamba, uno xilofonista cieco e un ventriloquo balbuziente. In quella che è sostanzialmente una commedia di caratteri, Allen si ritaglia un ruolo per certi versi distante dal solito alter ego: Danny Rose, con le sue nevrosi e il sagace umorismo ebraico, è privo del tipico cinismo alleniano, ma si rivela una specie di piccolo eroe umano e generoso. Un Woody Allen per una volta buono, ma non buonista, riesce a realizzare un film allo stesso tempo semplice e complesso, dalla comicità immediata, ma capace di contenere una stratificazione di citazioni, omaggi e parodie che vanno da Chaplin a Il padrino, da Billy Wilder al noir anni '40, il tutto fotografato da un elegante bianco e nero e accompagnato da una colonna sonora che si sposa perfettamente all'atmosfera old Broadway che pervade la pellicola e che viene annunciata dalla cornice che introduce la voce narrante: il gruppo di vecchie star del sottobosco newyorkese che ricordano gli episodi ormai "mitici" della vita di Danny. Come al solito non manca una vena di amara malinconia, ma stavolta un happy end è quantomeno possibile. Un piccolo capolavoro da riscoprire.

Movieplayer.it

5.0/5