Incontri ravvicinati del terzo tipo, E.T. - L'extraterrestre, Jurassic Park: tra gli anni '70 e '90 Steven Spielberg ha cambiato il punto di vista in termini di "incontro con l'alieno". O meglio: con l'insolito, con il diverso. Facendo suo il concetto romantico di Sublime, si è fatto affascinare da creature extraterrestri, mostri e dinosauri: da una parte ne è terrorizzato, ma dall'altra non può che accoglierli con entusiasmo. Tutto questo è confluito in Storie incredibili, serie tv da lui creata, andata in onda per due stagioni, tra il 1985 e il 1987, in cui la vita di persone comuni viene sconvolta da fatti straordinari. Quel format di successo è ora tornato: i tempi però sono cambiati e non possiamo non cominciare da lontano nello scrivere la recensione di Storie incredibili.
Disponibile dal 6 marzo su AppleTV+, Storie incredibili (in originale Amazing Stories, nome preso in prestito dall'omonima rivista di fantascienza, fondata nel 1926 e chiusa nel 2005) è il reboot della serie tv anni '80. I creatori sono Edward Kitsis e Adam Horowitz, mentre Steven Spielberg questa volta produce soltanto. Anche se la sua impronta è ovunque. Già sceneggiatori di Lost e creatori di C'era una volta, Kitsis e Horowitz sanno sfruttare alla perfezione l'ormai sdoganassimo "effetto nostalgia". Come direbbe il Don Draper di Mad Men: "La nostalgia è delicata, ma potente". Storie incredibili punta esattamente a questo: farci rivivere le atmosfere dei film e delle serie che abbiamo amato quando eravamo bambini, in modo da rassicurarci e farci sentire a casa. L'obbiettivo però è centrato a metà.
Storie non così incredibili
La fantascienza anni '80 di Steven Spielberg: un momento magico. Tutto sembrava possibile: l'alieno era letteralmente a portata di mano. Lo sguardo puro e pieno di meraviglia ci scaldava il cuore. Poi, negli anni '90, l'alieno è tornato a essere una minaccia: Independence Day e gli altri disaster movie hanno reso sempre più difficile telefonare a casa per E.T. e lo stesso Steven Spielberg si è incupito. A.I. intelligenza artificiale, Minority Report, La guerra dei mondi: negli anni 2000 il diverso è diventato la cartina tornasole per mostrare l'oscurità dell'animo umano. Abbiamo dovuto aspettare Super 8 (2011) di J.J. Abrams (che ha pescato a piene mani dalla fantascienza anni '80 del suo mentore Spielberg) per tornare a toccare l'alieno.
Se al cinema le cose sono cambiate, in televisione negli ultimi 30 anni c'è stata una vera e propria rivoluzione: sempre più libera e creativa, la tv ci ha messo di fronte a prodotti come I segreti di Twin Peaks, Black Mirror e Mr. Robot, in cui l'insolito e la fantascienza sono cupi, la speranza pochissima, la disperazione trasuda da ogni fotogramma. Tornare indietro non è affatto facile. Anche perché il mondo sembra confermare quanto visto in queste serie tv, in uno strano cortocircuito per cui questi prodotti televisivi sembrano aver anticipato quanto sarebbe accaduto da lì a pochi anni. Sono tempi duri per i sognatori e per gli amanti della "fantascienza buona".
Con queste premesse, i cinque episodi della prima stagione di Storie incredibili sembrano svantaggiati in partenza. Anche perché non possono contare sulla regia di nomi quali Martin Scorsese, Clint Eastwood, Robert Zemeckis e Joe Dante, che negli anni '80 hanno diretto ognuno un episodio. E, vista la loro trama, non ci provano nemmeno a stupirci dal punto di vista di colpi di scena. The Cellar, The Heat, Dynoman and the Volt!, Signs of Life e The Rift puntano ad altro. Come già successo per Lost, ciò che conta di più qui è il fattore umano.
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Il fattore umano è più importante della storia
Passaggi spazio-temporali nascosti in cantina che permettono di viaggiare tra le epoche. Persone defunte che non riescono a lasciare la Terra perché hanno ancora delle vicende in sospeso. Entità aliene che usano corpi in coma come vascello: tutte queste situazioni le abbiamo viste più e più volte, in decine di declinazioni diverse, sia al cinema che in tv. Basta guardare un solo episodio di Doctor Who per ritrovarle tutte insieme. Eppure, in alcuni casi in modo più riuscito, questi cinque episodi riescono a trovare un modo per insinuarsi nelle crepe del nostro cinico e smaliziato cuore di spettatori e farci commuovere. O almeno a darci un piccolo brivido.
Lo spunto interessante però è l'aver inserito temi quanto mai attuali in racconti apparentemente slegati da ogni discorso politico o sociale. Prendiamo l'esempio del protagonista del primo episodio, Sam Taylor, interpretato da Dylan O'Brien: mentre è nella cantina di una casa abbandonata, un fulmine apre un passaggio per un'altra epoca. Si ritrova nel 1919 e la vita di cento anni fa lo lascia sconvolto. Oltre al gap tecnologico, è sconvolto da come vengano trattate le donne e in particolare una, Evelyn Porter (Victoria Pedretti). Senza spoilerare, le dinamiche tra lui, la ragazza e il fratello Jake (Micah Stock), padre in una coppia omogenitoriale, rimasto nel presente, trattano temi caldi e delicati come la visione patriarcale della società senza mai dichiararlo apertamente.
Lo stesso vale per il secondo, The Heat, forse il più riuscito di tutti: protagoniste Tuka (Hailey Kilgore) e Sterling (Emyri Crutchfield), due adolescenti di colore che hanno come unica possibilità di riscatto l'eccellere nella corsa agonistica. Quando una delle due muore in modo inaspettato e violento, il loro legame non si spezza. Stiamo parlando della trama di Ghost, praticamente identica, ma vedere queste due attrici giovani così brave dare vita a questo rapporto non può che commuoverci e farci riflettere, nonostante lo spunto sia visto e rivisto.
Un ottimo cast e la penultima apparizione di Robert Forster
Oltre alla sigla, che ha mantenuto il tema originale di John Williams (la grafica invece è cambiata, anticipando ciò che succede in questi nuovi episodi), il punto di forza del nuovo Storie incredibili è il suo cast: oltre al già citato Dylan O'Brien, ci sono anche Edward Burns, che appare nel quinto episodio, The Rift, in cui il protagonista è il pilota della Seconda Guerra Mondiale interpretato da Austin Stowell (che ha recitato in Il ponte delle spie di Steven Spielberg) e la sempre più brava Sasha Lane (che ha esordito in American Honey di Andrea Arnold), che porta su di sé tutto il peso del quarto capitolo, Signs of Life (in cui appare anche una vecchia conoscenza degli autori di Lost, Josh Holloway, ovvero Sawyer). A commuoverci più di tutti però è Joe Harris, il nonno ruvido di Dynoman and the Volt!: a interpretarlo è Robert Forster, scomparso lo scorso ottobre, qui alla sua penultima apparizione (l'ultima sarà lo sceriffo Hadley nel film The Werewolf di Jim Cummings). Vederlo parlare di fumetti e supereroi è un piacere infinito: rinato professionalmente più volte, la più celebre grazie a Jackie Brown di Quentin Tarantino, il suo sguardo luminoso è rimasto lo stesso fino all'ultima prova sul set.
Conclusioni
Come detto nella recensione di Storie incredibili, il reboot della serie creata nel 1985 da Steven Spielberg voluto da Edward Kitsis e Adam Horowitz non può contare su registi premi Oscar quali Clint Eastwood e Martin Scorsese e deve scontrarsi con 30 anni di televisione che, per quanto riguarda la fantascienza e l’insolito, alla meraviglia ha preferito l’introspezione psicologica a volte spietata. Eppure, nonostante le trame siano non solo semplicissime, ma viste e riviste decine di volte, Storie incredibili riesce comunque a emozionarci: complici l’uso intenzionale dell’effetto nostalgia e la scrittura emotiva dei personaggi, è impossibile non sciogliersi di fronte agli occhi desiderosi di un abbraccio di un bambino che ha perso il padre da poco o a una ragazza che non sa come esprimere dei sentimenti che nemmeno lei ha ancora capito appieno.
Perché ci piace
- La sigla di John Williams e l’effetto nostalgia.
- La scrittura emotiva dei personaggi punta a farci commuovere, riuscendoci.
- Il cast è ottimo: dalla giovane Sasha Lane al veterano Robert Forster.
Cosa non va
- Le trame sono molto semplici, per non dire banali.
- La regia non può competere con quella della serie anni ’80, che sfoggia Clint Eastwood e Martin Scorsese.