Stefania Rocca, un'attrice divisa tra tradizione e modernità

In attesa di vederla sul piccolo schermo nella seria in due puntate della Rai Altri Tempi, questa interprete eclettica racconta l'evoluzione di una carriera all'insegna della sperimentazione

Il suo è un animo zingaro che, oltre a farla dividere fisicamente tra Italia, Francia e Stati Uniti, l'ha portata a cimentarsi con prove interpretative sempre diverse. Così Stefania Rocca, quaranta due anni e due figli, è passata con facilità dal cyber Nirvana di Salvatores a Il talento di Mr. Ripley, non disdegnando nemmeno le Pene d'amore perduto di Kenneth Branagh purché si affrontino nell'Hotel di Mike Figgis. Questa è una minima parte della sua attività internazionale cui ha alternato commedie agrodolci di casa nostra come Casomai di Alessandro D'Alatri e L'amore è eterno finché dura di Carlo Verdone. Ma tanta frequentazione del grande schermo non ha impedito a Stefania di mettersi alla prova anche in progetti televisivi. Un'attività che, oltre all'interpretazione di Edda Ciano e il comunista, gli ha regalato l'affetto del grande pubblico soprattutto grazie a Tutti pazzi per Amore, successo indiscusso di questi ultimi anni. In attesa di vederla nuovamente sul piccolo schermo nella mini serie in due puntate Altri tempi, l'attrice ci racconta i segreti di questa carriera in continuo movimento divisa tra il metodo dell'Actor's Studios e l'arte di arrangiarsi tutta italiana.

Che tipo di cinema l'ha affascinata come spettatrice e ispirato come artista? Stefania Rocca: se penso alla mia infanzia mi viene in mente senza nessun dubbio La storia infinita. Ho provato a farlo vedere anche ai miei figli ma senza alcun effetto. Come spettatrice adulta continuo ad amare il cinema visivo, di fantasia. Ho una vera passione per Requiem For a Dream, Il teorema di Pitagora e la fantascienza di Blade Runner. Parlando di cinema italiano, poi, ho trovo dotati di incredibile bellezza pellicole come Miracolo a Milano e Roma ore 11 con Lucia Bosé. Ad ispirarmi, però, sono state attrici poliedriche come Monica Vitti, Shirley MacLaine e Romy Schneider.

Durante gli anni giovanili della preparazione, ha frequentato sia il Centro Sperimentale di Cinematografia a Roma che il prestigioso Actor's Studios a New York. In che modo questi due metodi si sono fusi ed hanno costruito il tuo background artistico? Stefania Rocca: si tratta di due esperienze completamente diverse. Mentre studiavo al Centro Sperimentale mi è stata offerta la grande occasione di Nirvana e di lavorare con Gabriele Salvatores. Dopo quel film, però, continuavo a sentirmi incompleta nella mia preparazione. Pensavo di non aver trovato il mio metodo. Così, cercandolo, ho fatto un anno a New York. L' Actor's Studios ti da una preparazione molto psicologica ma, allo stesso tempo ti permette di trasformati e per un attore è fondamentale. L'idea principale è che ogni artista sia dotato di una valigia in cui custodire le proprie esperienze emotive da utilizzare a tempo debito in palcoscenico o sul grande schermo. Il Centro Sperimentale, invece, si basa sulla commedia dell'arte, l'impulso e l'istinto dell'attore. Insomma, l'arte di arrangiarsi.

A due anni dal suo esordio d'autore con Nirvana, lei si trova sul set internazionale de Il talento di Mr Ripley, diretta questa volta da Anthony Minghella. Una ragazza così giovane come affronta l'esperienza hollywoodiana? Stefania Rocca: ricordo che Minghella mi chiamò dicendomi che aveva per me un ruolo piccolo, ma estremamente funzionale per lo sviluppo della storia. Io accettai immediatamente e mi ritrovai, su richiesta del regista, a fare una settimana di prove e preparazione con Matt Damon, Cate Blanchett e Gwyneth Paltrow a Ischia. Magari in Italia avessimo questo tempo a disposizione per preparaci o dei registi cui interessi farlo. La differenza di base tra il cinema americano e quello italiano è tutta economica. Basti pensare che sul set di Minghella c'era una troupe formata da 180 persone e 20 settimane a disposizione per girare. Inoltre il regista depone grande fiducia nel suo interprete ed ha tutto l'interesse di ascoltare dubbi e dissolvere incertezze. Da noi, invece, spesso si pensa che questo mestiere lo possa fare chiunque e se fai delle domande in fase di realizzazione passi facilmente per una rompi scatole.

Si è trovata spesso a vestire costumi d'epoca come panni più moderni, quasi futuribili. In quale di queste vesti si sente più a suo agio? Stefania Rocca: mi piace cambiare e studiare. Di mio ho uno spirito zingaro che mi ha aiutato ad adattarmi a diverse occasioni. Quindi posso dire che cambiare genere e epoca è diventato un gioco. Mi plasmo con l'ambiente che trovo e mi sento parte dell'insieme. Non credo di poter fare una scelta, anche perché mi limiterei dei ruoli. Ad esempio, subito dopo Nirvana ho fatto un film ambientato nel 700. Volevo giocare, capire cosa mi piacesse e non mi attirava l'idea che il pubblico e gli addetti ai lavori mi vedessero solo come il prodotto di un certo stile. Per questo amo e mi lascio ispirare da attrici multiformi come Monica Vitti.

Lei è stata anche la protagonista di molti progetti televisivi. Ha mai percepito differenza tra il suo lavoro al cinema e quello realizzato per la tv? Stefania Rocca: no, non ho mai trovato differenze e dire il contrario è una gran forma di snobberia. Televisione, cinema, teatro sono luoghi che ci permettono di comunicare, quindi tutti importanti allo stesso modo. Certo, io sono stata fortuna a lavorare con persone trasversali. In quel caso, può succedere che la televisione produca cose ben più alte del cinema. Molto dipende dalla sceneggiatura, il regista e gli interpreti.

Parlando di serie tv di successo non possiamo non citare Tutti pazzi per amore. Come si è trovata coinvolta nel progetto? Stefania Rocca: all'inizio ero molto dubbiosa e mi sono presa del tempo per riflettere. Avevo paura di rimanere bloccata in un personaggio e di non riuscire a portarlo avanti per noia. Oggi, invece, sono contenta di aver accettato perché ho compreso il valore evolutivo di un progetto seriale. Sulla carta Tutti pazzi per amore era una novità perché si proponeva di raccontare una famiglia allargata. L'idea del musical, invece, è venuta successivamente quando abbiamo iniziato a cantare sul set un po' per gioco, come si fa nella vita vera. Da questo è nata l'intuizione di farlo diventare una caratteristica dei personaggi. E la bellezza e la freschezza del progetto è stata proprio questa, ossia trasformarlo in un continuo work in progress.

Per concludere, quali sono i suoi prossimi progetti per il piccolo schermo? Stefania Rocca: i lavori più recenti sono la fiction su Adriano Olivetti e Altri tempi. Quest'ultimo, in particolare, è un racconto storico e umano capace di dipingere l'universo femminile in modo strepitoso. Al centro ci sono dei ritratti di donne notevoli che, durante tutta la discussione sulla legge Merlin, vivono la fine delle Case Chiuse e il cambiamento delle proprie esistenze. Prossimamente, poi, ci sarà la seconda stagione de Una grande famiglia, che ho appena finito di girare, e Trilogia anni 70, diretta da Graziano Diana ( Edda Ciano e il comunista) dove interpreto la moglie del giudice Sossi accanto ad Alessandro Preziosi