Manca poco alla conclusione della prima stagione di Star Trek: Picard su Amazon Prime Video. Siamo ormai nel vivo della storia e conosciamo bene i suoi personaggi, così ci è sembrato il momento di fare un passo indietro e proporvi la nostra intervista realizzata alla scorsa edizione di Lucca Comics con tre dei personaggi che accompagnano Jean-Luc Picard in questa nuova avventura, ambientata nel 2399, vent'anni dopo La nemesi e l'ultima storia che l'aveva visto coinvolto nell'universo di Star Trek.
Si tratta di tre personaggi affascinanti, per altrettanti carismatici interpreti: Michelle Hurd con la sua Raffi Musiker, ex ufficiale della Flotta Stellare che si unisce alla missione dell'ex ammiraglio dopo avergli procurato navetta e pilota; Santiago Cabrera che interpreta Cristobal "Chris" Rios, ex pilota della Flotta che aiuta il protagonista mettendogli a disposizione la propria navetta; e infine Evan Evagora che dà vita a Elnor, giovane romulano addestrato per combattere corpo a corpo. Tre volti diversi tra loro che ci hanno raccontato la loro esperienza sul set della nuova serie in catalogo su Amazon Prime Video dal 24 gennaio.
L'unicità di Star Trek: Picard
Quale pensate che sia l'unicità di questa serie nell'universo di Star Trek e che lavoro avete fatto per sviluppare i vostri personaggi?
Michelle Hurd: Quel che è unico di Star Trek: Picard è il tempo passato da quando il personaggio ha lasciato la Flotta Stellare, quei 17, 18 anni in cui ha vissuto ed è invecchiato. Questo nuovo Star Trek si costruisce su questo tempo di vita ed esperienza, su quei dilemmi che ci poniamo diventando vecchi, è questa la differenza, mentre ciò che resta costante sono l'umanità, la realtà dei rapporti e la buona scrittura.
Evan Evagora: Infatti è scritta benissimo, ma se vogliamo fare un confronto con il passato, in Picard c'è una struttura meno episodica, un approccio più romanzesco che lo rende come un film di dieci ore.
Picard è diversa anche dal punto di vista visivo, rispetto a quello a cui sono abituati i fan di Star Trek. Come si è lavorato per realizzarla?
Michelle Hurd: Sì, c'è molto di diverso, passiamo anche molto più tempo sulla Terra rispetto ad altre serie del franchise, lo si nota anche nelle texture e i colori. Ma anche dal punto di vista dei personaggi è diversa, il gruppo è meno strutturato di altre serie in cui sono tutti in uniforme e seguono la Federation.
Santiago Cabrera: È molto più terrena, vero, ma anche il ritmo è diverso, è molto più psicologica, più concentrata sui personaggi. Anche se mostra il mondo in cui vivono, l'attenzione è sulla loro vita interiore.
Evan Evagora: E sulla loro visione del mondo.
La serie è una forte continuity orizzontale, voi stessi avete parlato di un approccio romanzesco, ma viene pubblicata un episodio a settima. Vi piace o avreste preferito una pubblicazione tutta insieme per favorire il binge-watching?
Evan Evagora: Mi mancava! Sai, mi mancava guardare una serie e dover aspettare per andare avanti, facendo crescere l'attesa. Mi sembra che con la pubblicazione tutta insieme si perda di attenzione, non riesci a star concentrato su quello che succede e all'episodio quattro o cinque mi ritrovo a guardare il cellulare e perdere interesse perché c'è un limite alle informazioni che possiamo assorbire e si rischia di non apprezzare a pieno una serie quando ci è data tutta insieme.
Diventare Raffi, Chris e Elnor
Qual è l'aspetto dei vostri personaggi che più vi intriga e quale invece quello che vi ha fatto pensare che al loro posto vi sareste comportati diversamente?
Michelle Hurd: Adoro Raffi! È un personaggio fantastico e penso che sia complessa quanto tutte le donne che ho incontrato, e questo me la rende molto familiare. Ma è anche perseguitata da ciò che è accaduto nel suo passato, altra cosa che mi è molto familiare. Mi piace vedere questa sua battaglia interiore e come riesce a gestirla in modo diverso da me. E poi sono sarcastica quanto lei!
Santiago Cabrera: Per come la vedo io, bisogna sempre trovare un modo per amare i propri personaggi, ammirarli, per poterli interpretare. Cerco sempre di capire il loro punto di vista e le loro scelte, per questo amo la natura impulsiva del mio personaggio, il suo esser fedele ai propri principi e la sua curiosità, ma è difficile dire cosa non farei di quel che fa lui senza spoilerare.
Evan Evagora: Poiché il mio personaggio è un romulano che non è stato cresciuto come tale, ho dovuto ignorare tutto quello che sapevo della cultura romulana e ho dovuto approcciarlo in modo diverso. È stato cresciuto da un gruppo di donne ed è qualcosa in cui potevo identificarmi, avendo cinque sorelle e una madre. In questo ho trovato subito una connessione con lui.
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Nella serie sei molto diverso. Ti affascina l'idea della trasformazione? È qualcosa che vorresti ripetere anche in futuro?
Evan Evagora: Mi piace il suo look, mi piacciono i suoi capelli lunghi. Mi piace anche il suo outfit ed è qualcosa sul quale ho avuto la fortuna di poter contribuire con qualche spunto, confrontandomi con i costumisti della serie. Anche per quanto riguarda le armi, ho parlato con lo scrittore Michael Chabon su alcuni dettagli di come sarebbero dovute apparire e funzionare. Ma nel caso di una seconda stagione, spero si possa arrivare a un piccolo taglio di capelli, perché lavorare nel caldo californiano con quella parrucca e con l'armatura di maglia può essere molto faticoso!
Come avete sviluppato il vostro rapporto all'interno della serie?
Santiago Cabrera: Abbiamo iniziato a legare tra noi già al Comic-Con di San Diego, la prima volta in cui ci siamo trovati in un contesto lavorativo come gruppo. Ci ha uniti molto. Ho fatto molti lavori in cui dopo la scena te ne vai nel tuo camerino, perché non ti trovi a tuo agio con le altre persone coinvolte, ma in questo caso siamo stati una squadra, c'è stato cameratismo. Sin dal primo giorno è emerso il gran lavoro di casting, che ha messo insieme persone provenienti da mondi diversi ma capaci di fondersi bene insieme. Gli autori hanno attinto a tutto questo e l'hanno usato, ottenendo dinamiche molto naturali.
Evan Evagora: I nostri personaggi rispecchiano le dinamiche tra di noi, un gruppo di stranieri che si ritrova insieme e forma questa specie di famiglia.
Oltre i personaggi di Picard
Michelle, hai molta esperienza in campo televisivo, secondo te c'è una ricetta che favorisce il successo di una serie?
Michelle Hurd: Alla fine tutto dipende dalla storia, da quello che c'è scritto su pagina. Se fa schifo nello script, non importa quanto tu sia bravo, non puoi salvare la situazione. Da attrice inizio ogni lavoro con lo stesso spirito: grata, eccitata, affamata e pronta a imparare e crescere, che sia un grande film, una serie tv o uno spettacolo teatrale. Fai questo e speri di arrivare a un buon risultato. Credo che la risposta sia di leggere lo script, cercare di immaginare il prodotto finito e capire se sia apprezzabile o meno. E, ovviamente, assumere me! [scherza]
Quali sono le vostre serie preferite di fantascienza, oltre Star Trek?
Evan Evagora: Westworld, sicuramente, e The Expanse. E poi Doctor Who, di cui sono fan, ma si tratta di genere fantastico più che fantascienza pura. Ci piacciono questi mondi che non si basano esattamente sul nostro, ma lo riflettono in qualche modo e lo raccontano con profondità.
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Santiago, tu hai fatto anche delle cose in costume e molto diverse. Qual è il tuo approccio?
Santiago Cabrera: Quando si tratta di raccontare qualcosa di storico è semplice, perché basta fare ricerca. Ho interpretato personaggi reali o mitologici prima e non ho dovuto far altro che leggere libri, ma quando lavori a qualcosa come Star Trek: Picard, devi usare la tua immaginazione. Se per esempio dovessi interpretare un pilota di oggi, probabilmente parlerei con uno di loro, salirei su un aereo.... ma un'astronave del 2399? Mi sono detto "oh Dio, come posso farlo?" Devi usare l'immaginazione, capire il mondo in cui ti muovi. Ho guardato altri Star Trek, Star Trek: The Next Generation, e ho cominciato a capirne la sensibilità, ho letto un libro di Michael Chabon per capire da dove provenisse uno dei nostri autori, ma alla fine ogni attore ha un suo metodo e quando sei sul set non fai altro che affidarti al momento e vivi la situazione.