Star Trek: Picard 2, la recensione del finale di stagione: l’accettazione del passato

La recensione del finale della seconda stagione di Star Trek: Picard, che pone le basi per l'addio definitivo al personaggio nel 2023.

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Star Trek: Picard 2, un'immagine dal primo episodio

Con la recensione di Star Trek: Picard 2x10 arriviamo non solo alla fine della seconda stagione della serie, ma anche all'inizio della fine del viaggio di Jean-Luc Picard. La terza annata, commissionata e girata insieme alla seconda, è infatti già confermata come addio definitivo di Patrick Stewart al personaggio che lo ha reso un'icona della fantascienza americana. E quell'addio ha le sue premesse logiche in questo episodio conclusivo del secondo atto, un netto miglioramento rispetto al primo perché, oltre ad aver pianificato l'intero arco narrativo in anticipo (laddove due anni fa era chiaro che alcune evoluzioni narrative erano saltate fuori in corso d'opera), opta per un approccio più intimo, puntando seriamente sull'analisi della psicologia di Picard che era la sedicente ragione per tornare a raccontare le sue gesta vent'anni dopo la sua ultima apparizione sullo schermo.

Ieri, oggi e domani

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Star Trek: Picard 2, Patrick Stewart in una scena del primo episodio

Commentando il finale della prima stagione di Star Trek: Picard avevamo affermato che, al di là della natura un po' squilibrata della stagione stessa, proprio le scelte narrative dell'episodio conclusivo distruggevano la figura dell'ex-capitano dell'Enterprise, riducendolo a una mera e letterale fotocopia di sé stesso (dato che nell'episodio in questione lui muore e la sua mente sopravvive in un corpo artificiale). La seconda stagione, invece, ha gradualmente ricostruito il protagonista sul piano caratteriale e psicologico, restituendogli tutta la sua dignità e ponendolo al centro del dramma emotivo, ma senza sacrificare gli altri (particolarmente significativa l'evoluzione di Rios, ma anche quella di Agnes, trasformata in Regina dei Borg in un momento che chiude nel modo più sorprendente e intelligente una storyline che si era fatta ripetitiva nel corso dei decenni). E lo ha fatto tramite l'unica scelta logica dopo la prima annata: invece di pensare più in grande, era giusto ragionare in piccolo, recuperando quella dimensione intima che è stata parte integrante di molti degli episodi migliori di Star Trek: The Next Generation.

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Star Trek: Picard 2, un'immagine tratta dal primo episodio

Perché se da un lato aveva senso usare il ritorno di Picard per parlare di temi allegoricamente legati all'attualità, come è sempre stato il caso con il franchise ideato da Gene Roddenberry, dall'altro mancava la componente personale per il protagonista (basti pensare all'episodio bipartito della tortura, molto caro a Patrick Stewart che voleva promuovere le attività di Amnesty International). E la seconda stagione ha riportato al centro quella componente, usando l'escamotage del viaggio nel tempo per rivisitare i traumi d'infanzia di Jean-Luc, segnato dalla morte della madre (altro elemento che per Stewart ha connotazioni personali, dato che da anni si impegna in difesa delle donne vittime di violenza domestica, avendo assistito da bambino ai comportamenti brutali del padre). Un viaggio nei ricordi ordito da Q per far capire all'amico Picard che non bisogna per forza morire da soli, un regalo d'addio dell'onnipotente alieno che è diretto verso altri lidi.

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Ancora un ultimo viaggio

Patrick Stewart, Brent Spiner, Jonathan Frakes e il resto del cast di Star Trek: The Next Generation in una foto promozionale
Patrick Stewart, Brent Spiner, Jonathan Frakes e il resto del cast di Star Trek: The Next Generation in una foto promozionale

E così, anche se il corpo di Jean-Luc è finto, le emozioni che si manifestano nei numerosi primi piani del volto di Stewart sono autentiche, creatrici di uno stato d'animo sereno, votato alla pace interiore. Ma non alla rinuncia all'avventura, perché sappiamo che l'anno prossimo ci sarà ancora un viaggio, quello finale, insieme alla vecchia banda: Riker, Troi, Worf, Geordi e Beverly Crusher saranno di nuovo della partita, così come Brent Spiner che, dopo aver abbandonato i panni di Data, si sta piacevolmente reinventando con altri ruoli nel franchise (gradevole sorpresa la sua performance da villain in questi episodi recenti). E questa volta, come dichiarato dal diretto interessato, sarà veramente l'ultima avventura di gruppo per Stewart e soci, avendo raggiunto il capolinea narrativo ed emotivo per i loro personaggi (anche se nulla impedisce a Wil Wheaton di continuare a divertirsi nel ruolo di Wesley Crusher, potenzialmente in odore di spin-off). Questa volta sarà veramente come suggeriva il titolo del finale di The Next Generation, che riprendeva la prima parte di un celebre detto: all good things must come to an end, tutte le cose belle devono finire. Sarà uno strano, nuovo mondo senza quel team, ma ce ne sono altri pronti a rinvigorire la nuova giovinezza televisiva dell'ultima frontiera spaziale.

Conclusioni

Chiudiamo la recensione del finale di Star Trek: Picard 2, sottolineando come si tratti di una conclusione che che ridà dignità al personaggio e pone le basi per una terza e ultima stagione molto promettente.

Movieplayer.it
4.0/5
Voto medio
4.3/5

Perché ci piace

  • Patrick Stewart trova nuove profondità emotive con Picard.
  • L'uscita di scena di Q è commovente.
  • I nodi vengono al pettine in modo soddisfacente.
  • Brent Spiner è un ottimo villain.

Cosa non va

  • I fan sfegatati dei Borg potrebbero avere da ridire sul nuovo status quo.