Squid Game 2 è il figlio perfetto dell’algoritmo

I difetti che per alcuni rendono la seconda stagione solo un more of the same, sono invece delle scelte creative volute. Sintomo di una formula precisa che ci parla del presente e del futuro. Di chi? Di Netflix...

Squid Game 2.

Ormai da tempo Netflix ha adottato la strategia della diversificazione per continuare a primeggiare tra le piattaforme di streaming, il che vuol dire che ha deciso di produrre titoli originali evidenziando le specificità di ogni Paese nei quali è attivo il servizio. Tra questi eleva poi un prodotto (per meriti legati al suo successo, ovviamente) e ne fa un suo "cavallo di battaglia", applicando su di esso un modello, e questo ha ovviamente un peso influente sulla sua natura creativa. Un peso complesso che deve essere preso in considerazione.

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Un momento di Squid Game 2.

Deve essere preso in considerazione perché aiuta a valutare il titolo in modo più completo, ma anche perché aiuta a capire il funzionamento che c'è dietro il processo inventivo dei prodotti in piattaforma di oggi (il famoso algoritmo, la cui esistenza è ormai di dominio pubblico) e anche l'orientamento del prossimo futuro. Un nome che ci poteva venire in aiuto in passato era quello di Stranger Things, mentre oggi calza a pennello quello di Squid Game.

Le critiche alla seconda stagione della serie sud coreana sul suo essere un cosiddetto more of the same della formula straordinariamente vincente della prima, buono solo per aprire alla parte finale dopo un innesco che lasciava sperare qualcosa di diverso, possono invece essere uno spunto per capire come ragiona Netflix in un momento contraddittorio in cui da alcune parti del mondo si sta mettendo in dubbio la bontà della sua offerta.

Cosa ci dice il caso Squid Game

A differenza di altri, Netflix ha creduto da subito nell'idea di Hwang Dong-hyuk, che ci provava dal 2008. Cosa inspiegabile, se si pensa al fatto che Squid Game si ascrive ad un immaginario di successo come giochi letali usati a mo' di metafora della violenza sociale subita dai giovani e le classi più disagiate. Escamotage che, per di più, già aveva anche provato la sua bontà a livello commerciale quando fu declinata in un linguaggio di puro intrattenimento. Semmai il problema poteva essere di originalità.

Fu fatta una grande campagna di marketing (con le famigerate bambole a grandezza naturale) e il post pandemia si rivelò essere un momento di distribuzione straordinariamente favorevole per la ricezione della serie a livello globale. La nascita di un fenomeno, con un suo format e un suo stile da studiare per i competitor. Per lo streamer, invece, un bene da preservare. Ci sono voluti tre anni per avere la seconda stagione con l'idea di girare la terza praticamente in back to back.

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Uno dei nuovi volti di Squid Game 2.

Intanto però le cose sono cambiate per Netflix, che nel 2022, ovvero l'anno dopo l'uscita della prima stagione di Squid Game, ha visto cominciare un calo di utenti in alcuni Paesi come, tra l'altro, l'Italia. La piattaforma ha quindi pensato di modificare più volte il suo piano tariffario, cominciando anche a sperimentare l'inserimento di uno a costo ridotto, ma con le pubblicità. Anche con discreto successo stando ai numeri. Dal lato della creatività cos'è però successo?

Squid Game 2: l'analisi del finale e cosa significa per il futuro della serie

Le critiche sono la formula del successo

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Restyling dei giochi di Squid Game.

Da lato creativo si sono cercati dei punti fermi, un modello sempre più rigido che rispetti dei parametri di attenzione e interesse e permetta un controllo maggiore su come e cosa i titoli originali (specialmente quelli di punta) offrono agli abbonati. Notizia di qualche giorno fa: una proposta agli sceneggiatori di far annunciare ai personaggi le loro azioni mentre le compiono in modo da non far perdere il filo allo spettatore distratto.

L'idea è quella di fare in modo che l'utente possa essere sempre "supportato" (o, per dirla in altri termini, si possa permettere di essere passivo), senza mai essere sconvolto, ma solo solleticato a continuare la visione. Tutto deve essere più o meno prevedibile, tutto deve essere familiare, ma bisogna preoccuparsi di non annoiare mai. Un compito tutt'altro che semplice. Motivo per cui nascono anche gli easter egg, i personaggi metanarrativi e via dicendo, così che ci sia sempre un sottofondo ludico e domestico.

Squid Game non solo non fa eccezione, ma rappresenta una punta di diamante di questo processo creativo legato a filo quadruplo con il ragionamento economico. Un processo creativo che si traduce in una formula del genere: presentazione e approccio apparentemente inediti e un restyling parziale della solita struttura (cioè personaggi e questioni nuove, ma meccaniche irrimediabilmente vecchie). L'operazione non riesce sempre, sia chiaro, anzi, finisce spesso con l'affondare il prodotto, ma con questa serie, invece, nonostante le scelte siano spesso viste come difetti, pare stiano funzionando. Basti pensare che al 3 dicembre la seconda stagione dello show ha infranto il record detenuto precedentemente da Mercoledì, arrivando a 68 milioni di spettatori. Ora bisognerà capire se, per la terza parte, si vedrà la necessità di dover cambiare.