Recensione Pelts (2006)

Quello che Argento sembra dimenticare è che il pubblico (specie nell'horror o nel thriller) deve in qualche modo affezionarsi, se non identificarsi, con un personaggio, lezione riscontrabile nel cinema di genere che il regista ha contribuito a creare.

Splatter e poco altro per Argento

Tra i registi che hanno reso grande il cinema italiano degli anni settanta Dario Argento è tra i pochissimi a godere ancora di sforzi produttivi di tutto rispetto. Per film come Non ho sonno o Il cartaio (tralasciamo il terribile Ti piace Hitchcock, prodotto nel 2005 dalla Rai e mai mandato in onda) Argento ha avuto a disposizione un budget buono, ma i risultati sono stati piuttosto deludenti.
Il paragone con i lavori precedenti risulta spesso imbarazzante, difficile capire come un cineasta in grado di dirigere capolavori assoluti come 4 mosche di velluto grigio (1971, ancora introvabile in vhs e dvd per problemi di diritti), Profondo rosso (1975) e Suspiria (1977) finisca perrealizzare film tanto scadenti, sceneggiati e recitati in maniera pessima.
Pelts, diretto per la seconda serie dei Masters of Horror e presentato in Italia al Festival di Torino2006, conferma la crisi artistica del regista romano.
Jake Feldman (Meat Loaf), pellicciaio attratto morbosamente dalla spogliarellista Shana (Ellen Ewusie), entra in possesso di svariate pelli di procione di ottima qualità. La pelliccia che ne deriva è magnifica ma maledetta, infatti, gli animali sono stati uccisi in una zona custodita da una donna misteriosa, che spiegherà a Jake la loro natura magica. Intanto, le persone a contatto con la pellicciaimpazziscono, togliendosi la vita o trasformandosi in spietati assassini. Lo stesso Jake finirà per ferirsi brutalmente e rincorrere Shana in un finale con sangue a fiumi.

Il film è uno splatter a tutti gli effetti, con produzione e durata (un'ora, come gli altri episodi) che dovrebbero favorire il genere in questione, lasciando Argento libero di condensare in poco tempo scene di violenza ultragore senza censure. Peccato però che il film sia anche piuttosto noioso, girato con mestiere ma recitato malamente, incapace di andare oltre i pur ottimi trucchi (Sarah Graham) ed effetti speciali (curati da Attila Vaski).
Quello che Argento sembra dimenticare è che il pubblico (specie nell'horror o nel thriller) deve in qualche modo affezionarsi, se non identificarsi, con un personaggio, lezione riscontrabile nel cinema di genere che il regista ha contribuito a creare e che oggi trova nuova linfa vitale grazie al regista più chiaccherato del momento: Quentin Tarantino. Anche nel suo ultimo (e bellissimo) Grindhouse - A prova di morte Tarantino riesce a creare personaggi a cui è impossibile restare indifferenti: suscitano emozioni (simpatia o antipatia, rabbia, divertimento) che portano lo spettatore a legare con gli attori e i protagonisti del film, a sentirseli accanto come fossero seduti qualche fila più avanti nel buio della sala. E una volta che questo accade l'eventuale scena brutale e violenta a interrompere lo stato di quiete rimarrà sicuramente nella mente dello spettatore. Molti thriller italiani funzionavano in questo modo, e anche quando agli inizi degli anni ottanta il gore puro prendeva il sopravvento (dimenticando nella maggior parte dei casi questa lezione) i risultati godevano di una qualità visiva e tecnica che ormai Argento sembra avere perso definitivamente (basti pensare all'altissima qualità del periodo horror di Fulci: Zombi 2, L'Aldilà, Quella villa accanto al cimitero ad esempio).

Pelts invece non emoziona mai, limite grandissimo per un film d'orrore. Gli effetti sono certamente di buona qualità, il ragazzo che infila la testa nella tagliola strappandosi la faccia, l'uomo che si sventra estraendo le proprie budella o l'operaia che si cuce il viso fino a uccidersi sono trucchi di ottima fattura, ma trattandosi di una produzione americana di buon budget questo non stupisce più di tanto. Le location sono molto meno curate, mentre le musiche di Claudio Simonetti da dimenticare (il commento sonoro che ammalia i poveri personaggi a contatto con la pelliccia è persino irritante).
Tra le pochissime note positive la scena in cui Meat Loaf si reca dalla donna che abita dove sono stati catturati gli animali, e decine di procioni accorrono a spiare attraverso i vetri delle finestre. È una sequenza affascinante, quasi da fiaba, gli animali uno fianco all'altro, fermi, a spiare e ascoltare la custode del loro segreto. Anche i primi minuti del film (con i flash delle macchine fotografiche a illuminare il "lago" di sangue che poi concluderà il film) sono riusciti, ma è veramente troppo poco per un film noioso che vive di sole scene splatter legate tra loro da dialoghi senza senso e personaggi approssimativi.

Non resta che aspettare (ancora una volta fiduciosi) il 31 ottobre 2007, data in cui uscirà La terza madre, film che conclude la trilogia delle tre madri iniziata trent'anni fa con Suspiria e che dirà se Argento è ancora in grado di realizzare un film all'altezza dei suoi vecchi capolavori.