Spider-Man: No Way Home, non chiamatelo film per nostalgici

Spider-Man: No Way Home, al contrario di altri blockbuster contemporanei, ha saputo riproporre sullo schermo personaggi del passato in maniera intelligente che lo rende molto di più di un film-nostalgia.

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Spider-Man: No Way Home, una delle bombe del Goblin un'immagine dal trailer

Ora che il film è uscito da qualche giorno ne possiamo parlare senza timore, e quindi con spoiler. Spider-Man: No Way Home è un successo. Si potrebbe pensare che gran parte dell'hype precedente all'uscita, degli incassi stratosferici e delle reazioni entusiaste in sala sia merito unicamente di un elemento preciso, prima un segreto di Pulcinella e infine una piacevole ed esaltante conferma: la presenza dei vecchi personaggi appartenenti alle altre saghe cinematografiche di Spider-Man. L'utilizzo della "vecchia guardia" è una pratica ormai consolidata nel panorama dei blockbuster hollywoodiani. Da Star Wars: Il Risveglio della Forza al recente Ghostbusters: Legacy sono stati molti i film, a metà strada tra sequel, remake e reboot a richiamare sullo schermo i personaggi più amati, interpretati dai volti storici ben riconoscibili dal pubblico, per giocare con affetto (e con effetto) nostalgico. Il più delle volte, quest'operazione è apparsa come un mero fan service superficiale, capace di sprigionare sì qualche emozione, ma fermandosi all'apparenza. Un gioco che mira a colpire il pubblico come un bersaglio, in maniera schietta e fredda, perché vedere di nuovo Harrison Ford o Bill Murray, coi visi rugosi e i capelli bianchi, basta e avanza per commuovere e lasciare un ottimo ricordo sul film. Anche se il risultato non è indimenticabile. Anche se il film, anziché portare la storia in avanti, indugia troppo sullo sguardo dietro alle spalle, al passato, a quello che è stato perduto e non tornerà più. Il ventiseiesimo film targato Marvel Studios, invece, evita il rigurgito della nostalgia nonostante abbia tutti gli elementi possibili per sembrarlo. Non chiamatelo film nostalgico: Spider-Man: No Way Home è molto di più.

Definire Peter Parker

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Spider-Man: No Way Home, un'immagine dal trailer

Peter Parker: è questa l'identità più importante, ancor più dell'alias con cui il protagonista, interpretato da Tom Holland, si identifica una volta indossato il celebre costume. Il film di Jon Watts inizia proprio da questa identità, quella del ragazzo normale, del liceale nerd, del nipote e dell'amico, divulgata dal Daily Bugle. Chi è Peter Parker? Un eroe o un assassino? Spider-Man: No Way Home decide di indagare l'eroe sotto la maschera, che forse non è nemmeno un eroe. Forse lo deve ancora diventare. Il Peter Parker di Tom Holland, sin dai tempi di Spider-Man: Homecoming si è attirato qualche critica da parte dei sedicenti fan a causa della sua enorme dipendenza da Tony Stark e dal suo Iron Man. Quante volte, nel corso di questi anni, si è sentito o letto di un'incarnazione Marvel Studios sin troppo infantile e adolescenziale, sin troppo tecnologica rispetto ai canoni dell'Uomo Ragno, poco personale? La risposta avviene proprio in questo film che mostra le carte sul tavolo e definisce una volta per tutte il percorso che il protagonista ha compiuto nel corso di questa trilogia che, di fatto, si è trasformata in un'origin story in tre atti. Per definire Spider-Man, quello che tutti noi conosciamo, bisogna prima definire Peter Parker. E per farlo, il nostro Peter deve sapersi distinguere dagli altri e trovare una propria identità, per forgiare definitivamente la propria personalità e il proprio talento. È a questo punto che entrano in scena gli altri due Spider-Man cinematografici, interpretati da Tobey Maguire e Andrew Garfiled, personaggi allo stesso tempo uguali e diversi, variazioni di uno spirito comune. Il trio avrà modo di conoscersi, inter-agire ("Dobbiamo lavorare come una squadra"), condividere le proprie forze e i propri dolori. Per diventare un tutt'uno.

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I grandi poteri e le grandi responsabilità

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Spider-Man: No Way Home, Tom Holland in un intenso primo piano

Il Peter Parker versione Marvel Studios è un adolescente che non ha quasi mai lottato davvero. Quantomeno non per crescere. Lo si vede anche all'inizio di quest'ultimo capitolo, in cui Peter si rivolge direttamente a Doctor Strange per risolvere una situazione spiacevole, facendo uso della magia, anziché provare di persona con una semplice telefonata per essere ammesso, insieme a MJ e Ned, all'università di ricerca. Sono scorciatoie che il personaggio ha percorso fin troppo spesso, anche grazie alla tecnologia di Tony Stark che gli hanno reso la vita davvero più semplice (e basti vedere come riesce facilmente a fermare Doc Octopus). Un eroe dotato di grandi poteri e che in qualche modo ha sempre trovato una strada facile per procedere. In questo film, però, Peter Parker è costretto a interfacciarsi anche con l'altra medaglia del "grande potere", ovvero la "grande responsabilità". L'apice di questo percorso è nella divisione triplice dei dolori del personaggio: ogni Peter Parker, di ogni universo, ha il suo lutto personale da cui ha tratto il proprio insegnamento; ogni Peter Parker ha i suoi rimpianti e le sue difficoltà; ogni versione del personaggio ha la possibilità di darsi una seconda occasione. È proprio la deriva tragica della seconda metà del film che forgia il nuovo personaggio, un nuovo Spider-Man, in cui l'eroe può finalmente trovare la propria casa.

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Lo sguardo in avanti

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Spider-Man: No Way Home, Zendaya, Tom Holland, Jacob Batalon durante una scena

La nostalgia è il sentimento di tristezza per qualcosa di lontano e perduto che si vorrebbe rivivere. È uno sguardo alle proprie spalle, volto ad osservare il passato, un ricordo di felicità verso un tempo in cui "si stava meglio" e la vita appariva più facile. Spider-Man: No Way Home sembra vivere di questi momenti, del ritorno di Alfred Molina e di Willem Dafoe, della ricomparsa di Jamie Foxx, di Tobey Maguire e Andrew Garfield. Con una sostanziale differenza rispetto agli altri blockbuster. Se spesso queste comparsate risultano un premio per lo spettatore, un'esigenza naturale che serve ad acchiappare l'emotività del pubblico e a fungere da testimone per vecchie e nuove generazioni (solitamente soppesando l'importanza storica sempre in favore del vecchio - migliore - rispetto al nuovo), qui i tre Spider-Man portano in avanti la narrazione. È la stessa conditio sine qua non del film e del percorso evolutivo del Peter Parker di Tom Holland. Lo sguardo non è più posto all'indietro, verso il passato, verso i film precedenti, ma rimane fisso sul presente, sull'ultima versione cinematografica del personaggio che compie un proprio percorso, diventando, una volta arrivato ai titoli di coda, un nuovo supereroe. Ma è anche un film che porta in avanti gli stessi personaggi delle altre saghe, a loro modo alla ricerca di una redenzione e di una chiusura che possa sollevarli. I due Spider-Man di Maguire e Garfield diventano testimoni del nuovo, maturano ed esorcizzano le loro difficoltà, crescono insieme al protagonista principale. Per questo motivo Spider-Man: No Way Home non è un film per nostalgici. Invece di guardare indietro propone l'inizio di una nuova vita. Nonostante il dolore, gli errori, le cattive scelte, lo scorrere della vita, le sofferenze e i cambiamenti sia di noi stessi che delle persone intorno a noi. La nostalgia è una scorciatoia troppo facile e pregna di magia. Ora è giunto il momento di far valere questi grandi poteri e percorrere la strada del futuro.