Sharon Stone: “Chi non vorrebbe essere una star?”

La prima Masterclass dell'edizione 2021 del Festival di Zurigo è stata dedicata alla carriera dell'attrice americana Sharon Stone.

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Atto di forza: Arnold Schwarzenegger e Sharon Stone in una scena del film

Ha esordito con Woody Allen, ha lavorato con Paul Verhoeven, Steven Soderbergh, John McTiernan, Jim Jarmusch, Paolo Sorrentino e Martin Scorsese, ed è stata la voce della protagonista femminile nel primo lungometraggio della DreamWorks Animation. È anche attiva da anni nel campo della beneficenza e dell'attivismo, con iniziative a favore di chi soffre di AIDS, per combattere contro la povertà in Africa e per ottenere la pace in Medio Oriente. In altre parole, la carriera di Sharon Stone giustifica pienamente l'assegnazione del Golden Icon Award, principale premio alla carriera del Festival di Zurigo, la cui diciassettesima edizione è attualmente in corso. Dopo aver ritirato il riconoscimento la sera del 25 settembre, la diva ha partecipato a una conversazione con il pubblico il giorno successivo, visibilmente commossa: "È stato molto emozionante ricevere il premio. Noi ci limitiamo a vivere, sopravvivere, fare del nostro meglio, cadere e poi rialzarci. Poi ho rivisto tutta la mia vita sullo schermo, è stato toccante."

Vita da star

Una splendida Stone in una scena di Casinò
Una splendida Stone in una scena di Casinò

La stessa Sharon Stone ha scelto il film da proiettare in occasione dell'omaggio zurighese: Casinò, il gangster movie che le ha fruttato una nomination all'Oscar nel 1996. E a differenza di molte star che salutano il pubblico all'inizio e alla fine ma durante la proiezione se ne vanno, lei è rimasta in sala fino alla fine. Come mai? "Sono rimasta a vedere il film perché non lo guardavo da 15 anni. È un film sensazionale, diretto da un regista eccezionale e con un cast fenomenale. Far parte di quel pezzo della storia del cinema è incredibile. Rivedendolo mi sono detta 'Non ci credo, sono in quel film!'." Aggiunge, sorridendo, una nota personale legata alla pandemia: "Rendiamoci conto, ho tre figli maschi adolescenti, ho passato il lockdown con loro, casa mia è diventata una confraternita universitaria. Avevo dimenticato cosa significasse essere una star del cinema. Se i ragazzi vedessero quel film sarebbero sorpresi."

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Sharon Stone alla Berlinale 2007 per presentare il dramma When a man falls in the forest
Sharon Stone alla Berlinale 2007 per presentare il dramma When a man falls in the forest

A tal proposito, le piace essere una stella del cinema? Ride, prima di rispondere molto seriamente: "Chi non vorrebbe essere una star? Dai, su, chi di voi vorrebbe esserlo? [quasi tutti i presenti alla conversazione alzano la mano, n.d.r.] Una settimana ti fermi allo stop mentre stai guidando, e la gente se ne frega. La settimana dopo ti fermi e trenta persone salgono sulla tua macchina. E lì ti chiedi come reagire, se sarebbe illegale continuare a guidare, non sai più come fare. Atto di forza mi cambiò la vita per un po' di tempo, ma fu Basic Instinct a rendere irreversibile quel cambiamento. All'inizio ti senti in trappola, perché non puoi uscire di casa, non puoi fare la spesa, non puoi andare al cinema. Ma non tornerei indietro." Le piace il red carpet? "Molto di più adesso, perché la gente non sente il bisogno di saltarmi addosso oggigiorno. Adesso, con le foto scattate sul cellulare, non c'è quella frenesia, ti ritrovi con una frazione di quelli che si presentavano ai tempi. Ho dovuto, in passato, avere guardie del corpo sul set, e persino i servizi segreti in alcuni casi. Non era piacevole."

Il curioso caso di Catherine Tramell

Sharon Stone in Basic Instinct
Sharon Stone in Basic Instinct

Nel 1992 è diventata una vera e propria diva del cinema grazie al ruolo di Catherine Tramell, scrittrice bisessuale con il vezzo di uccidere brutalmente ogni partner. Il film è stato presentato a Cannes, e la diretta interessata ha più volte affermato di essere entrata nel Palais quando non era ancora nessuno e di esserne uscita due ore dopo sotto forma di star. Ricorda quell'esperienza? "Sì, ricordo molto bene quella sera. A Cannes ero accompagnata dalle mie due migliori amiche. Arrivammo sul red carpet, e quelli che avevano visto il film in proiezione anticipata la mattina cominciarono a urlare il mio nome. Dopo la proiezione ufficiale fu il pandemonio, non potei tornare in albergo con la stessa macchina di prima. Il giorno dopo rubarono tutto dalla mia stanza mentre ero in piscina, mi erano rimasti i sandali e il costume da bagno. Dovetti uscire dal retro e mi portarono in un altro hotel. Anche quella fu un'impresa, perché uno si lanciò contro di me e mi strappò un'unghia del piede. Fu caotico, la mia amica cercò di calmarmi con una canzone e io le dissi 'Stai zitta, cazzo!'."

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Sharon Stone in Basic Instinct
Sharon Stone in Basic Instinct

Anche la prima del film a Hollywood fu memorabile: "Decisero un po' all'ultimo di spostare la proiezione dal cinema, che era sotto assedio, alla sala privata dello studio, e mi telefonarono dalla Pennsylvania per dirmi che mio zio era stato trovato morto nella neve, e non si sapeva se si trattasse o meno di omicidio. Non potevo portare nessuno della mia famiglia alla prima, e così telefonai a Faye Dunaway, con cui avevo fatto amicizia, e lei, seppure con un po' di ritardo, si presentò. Alla fine del film ci fu il silenzio assoluto, mi girai verso di lei, e Faye mi disse di stare tranquilla. Dopo alcuni minuti, partì l'applauso entusiasta, e io le chiesi 'E adesso?'. Lei mi rispose 'Adesso tutte queste persone possono baciarti il culo, perché sei una cazzo di star!'." Data la natura del personaggio di Catherine, e di altri ruoli simili nella sua carriera, il moderatore dell'incontro fa notare come lei sarebbe stata perfetta per il cinema di Hitchcock, al che l'attrice reagisce con entusiasmo: "Sì, mi sarebbe piaciuto molto lavorare con lui, anche solo per come usava le capigliature dei personaggi. Non ci facciamo caso il più delle volte al cinema, ma nei suoi film i capelli rappresentano la psicologia delle protagoniste, rimandano ad aspetti delle loro personalità."

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Sola contro il sistema

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Atto di forza: Arnold Schwarzenegger e Sharon Stone in una scena del film

Sharon Stone ha iniziato a lavorare a Hollywood quando andavano di moda gli attori muscolosi ("Anch'io avevo i muscoli", dice con un sorriso). Come si è imposta in mondo molto maschile? "Sono stata molto fortunata. Ero una grande fan di Paul Verhoeven, e lo sono ancora. Avevo visto tutti i suoi film, e quando mi hanno proposto Atto di forza ho detto subito di sì perché era lui il regista. A Los Angeles cercavano sempre di farmi sembrare una signora [si mette a russare], mi chiedevano di non essere troppo aggressiva e di non mettere i tacchi perché ero più alta dei maschi. All'incontro con Verhoeven mi sono presentata come una vichinga di due metri e mezzo, e lui ha detto 'Ottimo, mi piace.' Lì mi sono resa conto che forse lavoro meglio con registi europei." Anche questo però ha degli alti e bassi, come ha scoperto alla seconda collaborazione con Verhoeven: "Per Basic Instinct presi 500.000 dollari, e Michael Douglas 14 milioni. Per il mio film successivo chiesi 2 milioni, e mi dissero che le attrici non prendono mai più di un milione. È uno dei motivi per cui mi sono messa a fare la produttrice."

Sharon Stone nel film di Sam Raimi Pronti a morire
Sharon Stone nel film di Sam Raimi Pronti a morire

E qui viene tirato in ballo l'episodio di Pronti a morire, con varie litigate tra lei e la Sony: "Si opposero a ogni mia scelta, non volevano Russell Crowe, che all'epoca aveva solo interpretato uno skinhead, e non volevano Sam Raimi come regista, e per avere Leonardo DiCaprio dovetti pagarlo di tasca mia. Contestarono le mie idee per la musica, e a un certo punto mi chiusero fuori dalla sala di montaggio. Finii sulla loro lista nera per otto anni, mentre Sam divenne il loro beniamino grazie ai film di Spider-Man. Ho anche provato a fare la regista, ma nessuno voleva darmi i soldi, nonostante fosse un budget esiguo." Cosa prova ora, sapendo che l'ambiente si sta aprendo maggiormente al contributo femminile? "Sono molto grata, perché le donne hanno tutte queste possibilità, ma io per due decenni non ho praticamente lavorato. Tra i 40 e i 60 anni non ho fatto nulla di importante, perché mi ero ribellata al sistema. Ma è anche un bene, perché ho avuto tempo per crescere i miei figli e occuparmi di iniziative benefiche. Certo, a livello finanziario non fu piacevole." Cosa consiglierebbe a chi vuole entrare in quel mondo? "Non do consigli a nessuno. Il cinema è una passione, non un mestiere, nel senso che non lavori con orari fissi. Bisogna accettare il fatto che ci saranno lunghi periodi in cui non hai niente da fare."