"You have to believe in something, no matter how stupid that sounds"
Come cercheremo di spiegare in questa recensione del primo episodio di Servant 2, disponibile dal 15 gennaio su Apple Tv+ con cadenza settimanale, la seconda stagione della serie Apple prodotta da M. Night Shyamalan allarga lo spettro delle tematiche affrontate nel ciclo inaugurale, rischiando forse di diventare ripetitiva ma rimanendo sempre affascinante. L'incipit di stagione riprende da dove si era interrotta bruscamente la narrazione nello scorso finale. Leanne (Nell Tiger Free) ha accettato di andare via di nascosto con la setta degli zii (Boris McGiver e Alison Elliott) subito dopo il battesimo, portandosi via anche Jericho resuscitato e lasciando al suo posto nuovamente una bambola; Sean (Toby Kebbell) ha scoperto di non sentire più dolore oltre che gusto, e la salute mentale di Dorothy (Lauren Ambrose) è sempre più labile e fuori controllo.
L'ORRORE DEL LUTTO
Lovecraft Country ci ha mostrato nell'anno appena concluso che esistono tanti tipi di orrore, e il più pericoloso non è quello soprannaturale ma quello profondamente umano degli "uomini di buona volontà". In Servant vale lo stesso concetto, che viene amplificato in questa seconda stagione. L'orrore è quello di una famiglia che deve affrontare il lutto più tremendo di tutti (la morte di un neonato) e lo fa nei più svariati dei modi: con la negazione (Dorothy), tentando di sopprimere il dolore per il bene della moglie (Sean) e facendo lo strafottente tutto il tempo (Julian, un ritrovato Rupert Grint). La religione si prospetta ancora più centrale in questa seconda stagione. Non è solo Leanne che abbiamo scoperto essere cresciuta in una setta religiosa e aver scoperto il proprio dono di far tornare in vita i morti (e causare invece dolore a chi secondo lei se lo merita, non dimentichiamo l'altra faccia della medaglia). Non è solo il battesimo tanto voluto e organizzato da Dorothy e Sean. C'è bisogno di credere per tutti i personaggi: che sia in Dio, in un essere superiore non meglio identificato, nella setta, nel potere di Leanne, nella propria capacità di essere genitori.
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TALE PADRE...
La season premiere di Servant 2 fa un interessante cambio di prospettiva. Pur avendo sempre mostrato il doppio punto di vista della coppia formata da Sean e Dorothy, che hanno dimostrato un'alchimia e un confronto realistico pur nel limite del quasi-soprannaturale della storia raccontata, la prima stagione era dedicata alla maternità. Figura centrale era quindi quella di Dorothy, con lei il legame ancestrale e fisico di una madre che fa crescere il bambino dentro al proprio corpo; il suo aver provato ad essere madre tante volte, il suo corpo che rigettava il feto causandole svariati aborti, l'essere finalmente rimasta incinta per poi "uccidere" involontariamente Jericho.
Dalla maternità passiamo alla paternità, con Sean che ora sembra fare lo stesso percorso della moglie nel non voler accettare che Jericho (quello "rinato") se ne sia definitivamente andato.
In una scena molto toccante, vediamo Sean fare il bagno alla nuova bambola che doveva essere gettata via, quasi un "secondo battesimo". Una scena intima, personale, in cui siamo soli con i pensieri di Sean, pensieri che non vediamo ma che percepiamo grazie alla regia che si concentra sui dettagli e sugli occhi e sul gesto dell'uomo verso il piccolo nella vasca.
Ancora una volta siamo accompagnati da una colonna sonora stridente, una fotografia fatta di luci e ombre, una regia che continua ad aggirarsi per i corridoi di quella casa, al far sentire chiusi e bloccati gli spettatori anche quando usciamo in strada.
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Il cibo continua a essere una parte importante della vita di Sean, così come l'essere una giornalista di quella di Dorothy, il suo ragionare come farebbe la polizia ("le prime 48 ore in una scomparsa sono le più importanti") in seguito al "rapimento" di Jericho. Chissà che questa presenza costante del cibo non sia metafora di qualcos'altro, ad esempio della fame di paternità e maternità che la coppia non ha perduto, anzi acuito, dopo la terribile perdita. Questo reiterare alcuni schemi narrativi può risultare ripetitivo e ridondante per lo spettatore più esigente in questo incipit di stagione, ma a ben guardare si esplorano altre sfumature del lutto. Il cast offre ancora interpretazioni convincenti supportate da una sceneggiatura che ben oscilla fra reale e soprannaturale, caratteristica dello stile di M. Night Shyamalan, in questa seconda stagione solamente produttore (nella prima stagione aveva diretto un paio di episodi, in questa seconda è dietro la macchina da presa la figlia Ishana). Intanto una terza stagione è già in cantiere, a dimostrazione che siamo di fronte a uno dei prodotti più interessanti di Apple Tv+.
Conclusioni
Chiudiamo questa recensione di Servant 2 (la season premiere), contenti di ritrovare l’atmosfera claustrofobica della prima stagione con un ulteriore approfondimento delle tematiche affrontate, prima fra tutte la religione. Lo schema narrativo potrebbe risultare ripetitivo ma offre comunque spunti interessanti di riflessione. Insomma buona la seconda e siamo curiosi per la terza, già in programma.
Perché ci piace
- La sceneggiatura che ben oscilla fra reale e soprannaturale com’è tipico dello stile di Shyamalan, in questi nuovi episodi solo produttore.
- L’atmosfera claustrofobica mantenuta dal primo ciclo così come le interpretazioni convincenti del cast, soprattutto l’alchimia fra Lauren Ambrose e Toby Kebbell.
- L’ulteriore approfondimento delle tematiche affrontate, prima fra tutte la religione.
- La durata breve degli episodi, che si conferma una carta vincente per non annoiare lo spettatore con questo tipo di storia…
Cosa non va
- …ma il reiteramento di alcuni schemi narrativi può risultare ridondante e ripetitivo, anche se in realtà serve a rappresentare questo “limbo” da cui i protagonisti non riescono a uscire.
- Forse Leanne è lasciata un po’ troppo in disparte in questo incipit di stagione.