Scrubs: 10 motivi per cui NON è la miglior serie medical di sempre… ma quasi

A quindici anni dalla prima messa in onda, ricordiamo la serie comica creata da Bill Lawrence attraverso dieci elementi fondamentali del suo successo.

Il 2 ottobre 2001 debuttò su NBC Scrubs, parto creativo di Bill Lawrence (già autore di Spin City e Clone High) che combinò surrealismo e workplace comedy in ambiente ospedaliero. Sorretto da un'ottima scrittura e un cast in stato di grazia, lo show fu una fonte inesauribile di risate fino al 6 maggio 2009, quando andò in onda il finale dell'ottava stagione (la nona e ultima, meno riuscita, è sostanzialmente uno spin-off sotto mentite spoglie).

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Scrubs: Zach Braff e Donald Faison in una scena dell'episodio Our Mysteries
Scrubs: Zach Braff e Donald Faison in una scena dell'episodio Our Mysteries

Ancora oggi rimane più o meno ineguagliabile (la serie successiva di Lawrence, Cougar Town, non ha avuto lo stesso impatto culturale) e in occasione del quindicesimo anniversario abbiamo voluto ricordare il viaggio lungo 182 episodi di John Dorian e i suoi amici, con dieci motivi per cui Scrubs è una grande serie da (ri)vedere.

Attenzione, l'articolo contiene spoiler

1. Fa ridere e piangere in ugual misura

Wallpaper del serial tv Scrubs
Wallpaper del serial tv Scrubs

Trattandosi di una serie comica avente per protagonisti dei medici, il modello ovvio a cui accostare Scrubs è M.A.S.H., lo spin-off televisivo del film di Robert Altman. Certo, non siamo in un ospedale militare durante la guerra in Corea (usata per simboleggiare il conflitto in Vietnam, all'epoca ancora in corso), ma lo spirito delle due serie è molto simile: entrambe sono molto, molto divertenti, grazie a personaggi e situazioni esilaranti, ma sono anche delle rappresentazioni realistiche di ciò che accade in campo medico. Basti pensare già solo al quarto episodio di Scrubs, La mia vecchia signora, incentrato sulla morte di tre pazienti, o alla famosa puntata Il mio sconvolgimento, dove il dottor Cox, traumatizzato dalla scomparsa di un amico, immagina che questi sia ancora vivo. Questo equilibrio tra commedia e tragedia rimane una costante per tutta la durata dello show, e ha contribuito non poco al suo statuto di programma imprescindibile nel nuovo millennio.

2. J.D. e Turk

Scrubs: Donald Faison e Zach Braff nell'episodio Our Role Models
Scrubs: Donald Faison e Zach Braff nell'episodio Our Role Models

Negli ultimi anni è divenuto ufficiale il concetto di bromance, l'amicizia virile talmente forte da sembrare quasi una storia d'amore. E nulla esemplifica questa idea meglio del rapporto tra il protagonista di Scrubs, il dottor John "J.D." Dorian, e il suo migliore amico Christopher Turk. Talmente affiatati da far venire dei dubbi occasionali alle rispettive compagne sulla vera natura della loro relazione, i due si sono anche espressi al riguardo con una canzone, nel mitico episodio musical (sul quale ritorneremo), definendo il loro rapporto fraterno "Guy Love". Sono due personalità opposte - J.D. è un sognatore, Turk più pratico - che si completano a vicenda, facendo nascere siparietti irresistibili uniti a momenti di grande sincerità. E a loro è legata anche la dichiarazione d'amore più bella dello show, con J.D. che riesce a fare definitivamente breccia nel cuore dell'amata Elliot con una frase ingannevole nella sua banalità: "Ti amo più di Turk." E a proposito della nevrotica dottoressa...

3. Elliot e Carla

Carla ed Elliot (Judy Reyes e Sarah Chalke) in un'immagine del serial Scrubs
Carla ed Elliot (Judy Reyes e Sarah Chalke) in un'immagine del serial Scrubs

Anche sul versante femminile c'è un duo di tutto rispetto, sebbene l'amicizia tra Elliot Reid e Carla Espinosa sia più un'imposizione per via dei rispettivi compagni e non sempre una cosa positiva. E proprio per questo funzionano benissimo insieme, soprattutto quando le idiosincrasie di Elliot - che in momenti di stress può anche iniziare a parlare in tedesco - collidono con l'atteggiamento più razionale di Carla, che effettivamente funge da madre per molti dipendenti dell'ospedale (il fatto che lei chiami J.D. "Bambi" la dice lunga). Riesce persino a tenere testa all'individuo più temuto di tutto l'edificio di Sacred Heart, il che non è un risultato da poco.

4. Perry Cox

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La descrizione migliore dell'irascibile Cox la fornisce il collega Bob Kelso, basandosi su un altro show medico in onda nello stesso periodo: "Sei il dottor House senza il bastone." Arrogante, irritabile, eccessivamente convinto delle proprie capacità, Cox lascia trasparire solo in pochissime occasioni la sua umanità, anche con parenti ed amici. Esemplare, da questo punto di vista, il suo rapporto con J.D.: per otto stagioni continua a rivolgersi al pupillo quasi esclusivamente con nomi da donna (un'usanza che Cox ha ereditato dal suo interprete, John C. McGinley, che nella vita di tutti i giorni fa la stessa cosa - scherzosamente - con l'amico John Cusack), ma nel finale dell'ottava stagione, convinto che J.D. abbia già lasciato l'ospedale, ammette di considerarlo un buon medico e un amico. Notevole anche il suo astio inspiegato nei confronti dell'attore australiano Hugh Jackman, menzionato in più di un'occasione.

5. L'inserviente

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Sicuramente il personaggio più particolare di tutta la serie, il misterioso "Inserviente" (il suo vero nome viene svelato solo alla fine dello show) è una presenza costante e peculiare nei corridoi di Sacred Heart, dove ama punzecchiare chiunque gli capiti a tiro. Il successo del personaggio è legato prevalentemente alla performance dell'attore Neil Flynn, il quale improvvisava talmente spesso che, secondo Bill Lawrence, nessuna scena contenente il personaggio è mai stata girata seguendo il copione. Tra le sue varie caratteristiche spassose possiamo menzionare l'aver recitato ne Il fuggitivo (cosa che Flynn ha fatto nella vita reale) e l'abitudine di fingersi un medico, usando lo pseudonimo Ján Itor (dall'inglese janitor, "inserviente"). Da notare che, in caso la serie fosse stata cancellata al termine della prima stagione, sarebbe stato svelato che il personaggio era un'allucinazione di J.D. (l'unico con cui aveva interagito nel corso della prima annata).

6. Le guest star

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Bill Lawrence ha in più di un'occasione parlato della sua ambizione di rendere Scrubs la versione in carne ed ossa de I Simpson, sia a livello di comicità che per la presenza di un cast dalle dimensioni considerevoli, inclusi gli ospiti speciali. E questi ultimi non hanno mai deluso, regalandoci sempre una sana dose di risate e, talvolta, lacrime. Tra gli attori più notevoli ad aver fatto tappa a Sacred Heart possiamo menzionare Brendan Fraser, Heather Graham, un autoironico Michael J. Fox, Colin Farrell, Matthew Perry, Courteney Cox, Elizabeth Banks e John Ritter, quest'ultimo scelto personalmente da Zach Braff per interpretare il padre di J.D..

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7. I viaggi mentali di J.D.

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Ogni episodio - con poche eccezioni - delle prime otto annate è narrato da J.D. (Lawrence ha spiegato in un commento audio che quello che sentiamo è il diario del protagonista). Siamo quindi costantemente guidati dal suo punto di vista, che tende a divagare e perdersi in interludi onirici, che sulla carta possono ricordare le gag de I Griffin. La differenza principale è che le fantasie di J.D. hanno quasi sempre un vero legame con la storyline principale, e danno alla serie quel tocco di follia in più che contribuisce al suo fascino. Ci sono troppe digressioni da elencare, ma la nostra preferita è quando J.D. immagina se stesso e Turk nei panni di Batman e Robin, solo che il complesso di inferiorità da cui è affetto "Bambi" lo porta a diventare la spalla anche nella propria immaginazione.

8. Le regole della sitcom

Wallpaper con i protagonisti di Scrubs
Wallpaper con i protagonisti di Scrubs

Come molte serie comiche da network dal 2001 in poi, Scrubs è perfettamente consapevole del suo ruolo all'interno del genere e nella "famiglia" delle grandi sitcom americane. Questo è evidente non solo nell'uso di guest star provenienti da programmi come Friends e Will & Grace, ma anche e soprattutto nel rapporto che i protagonisti stessi hanno con la cultura popolare statunitense. Questo raggiunge l'apice nell'episodio intitolato proprio La mia vita come una sit-com, dove J.D. comincia ad immaginare come sarebbe la sua vita ripresa con quattro telecamere (Scrubs, come quasi tutte le serie comiche odierne, usava una macchina da presa sola) e il pubblico in sala, con le risate ad accompagnare ogni singola battuta. Una puntata esemplare in quanto omaggio sincero alla tradizione della sitcom e conferma del fatto che Scrubs non funzionerebbe con la struttura classica, ma il vero episodio speciale da ricordare è un altro...

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9. Il mio musical

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Grazie a Buffy - L'ammazzavampiri molte serie hanno deciso di provare a realizzare una puntata musical, spesso con risultati discutibili. Tra le felici eccezioni c'è Scrubs, che nella sesta stagione, dopo occasionali omaggi al genere in episodi precedenti, ha confezionato un episodio ancorato al 100% nella tradizione di Broadway (uno dei motivi per cui fu realizzato è il fatto che la sesta annata rischiava di essere l'ultima). Con la partecipazione di tutto il cast, e canzoni che corrispondono perfettamente sia all'atmosfera generale dello show che alle personalità dei personaggi, Il mio musical è un concentrato di gioia pura, con un piccolo sottofondo di malinconia. Ma il vero momento musicale da antologia doveva ancora arrivare...

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10. Il finale

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Precisazione: sappiamo bene che la serie è andata avanti ancora per un anno, ma nel contesto di questo articolo, nonché per la natura stessa della nona stagione, preferiamo considerare l'ottava annata quella conclusiva, e il resto uno spin-off sotto falso nome. Questo anche perché nelle intenzioni di Lawrence l'ottava stagione doveva essere l'ultima, un'idea rafforzata dalla decisione di Zach Braff di abbandonare lo show. Per rendere giustizia alla fine del viaggio di J.D., Lawrence riuscì a far tornare moltissimi ospiti storici e catturò al meglio lo spirito tragicomico della serie, con un pre-finale spassoso e strappalacrime accompagnato dalla voce canora di Peter Gabriel. Un epilogo perfetto, che rende ancora più frustrante la decisione di mantenere in vita lo show con un'impostazione diversa, seppure solo per un anno.