Nel panorama della televisione americana, pochissimi nomi oggi possono vantare un'influenza e una notorietà paragonabili a quelle di Ryan Murphy; se poi spostassimo il discorso all'ambito della prolificità e del numero di progetti in cantiere, neppure Shonda Rhimes sarebbe in grado di reggere il confronto. Perché Ryan Murphy, cinquantadue anni, ex giornalista convertitosi alla serialità televisiva nel 1999, è considerato da circa un decennio il Re Mida del piccolo schermo: un autore/produttore che ha trasformato la propria creatività e il proprio intuito in un'autentica fucina di film e serie TV.
Per averne un'idea, basterebbe dare un'occhiata alle programmazioni di questo mese. Il 3 gennaio ha debuttato negli Stati Uniti il pilot della nuova serie di cui Murphy è co-creatore, 9-1-1, mentre domenica 7 gennaio sono andati in onda su Studio Universal, dopo l'enorme successo dell'anno scorso negli USA, i primi due episodi della serie antologica Feud. Il 17 gennaio, invece, negli Stati Uniti ha esordito American Crime Story: L'assassinio di Gianni Versace, approdata subito dopo anche in Italia, sul canale FoxCrime. E per conoscere meglio questa figura poliedrica e apparentemente instancabile, i segreti del suo "tocco magico" ma pure i suoi talloni d'Achille, ripercorriamone la carriera attraverso i titoli che, pur appartenendo a generi diversissimi, hanno contribuito a definire uno stile narrativo diventato ormai un marchio di fabbrica...
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La gaia adolescenza: da Popular a Glee
Il primo frutto del lavoro di Ryan Murphy per la TV si materializza negli Stati Uniti il 29 settembre 1999: si tratta di Popular, in cui il filone canonico dei teen drama di ambientazione scolastica viene riletto in una chiave decisamente innovativa, quanto mai lontana dal modello del contemporaneo e più noto Dawson's Creek. Attorno ai personaggi di Brooke McQueen (Leslie Bibb) e Sam McPherson (Carly Pope), compagne di liceo che si ritrovano a essere sorellastre, Murphy sviluppa un affresco bizzarro e sopra le righe della vita in una tipica high school statunitense e dell'ossessione per la popolarità, vista come l'unico metro di affermazione sociale nel microcosmo degli adolescenti. Le conseguenze nefaste di tale ossessione, l'empatia verso gli outsider e le varie forme di 'diversità', la natura burrascosa e volatile dei sentimenti dei teenager sono elementi affrontati in un azzardato amalgama, con repentini passaggi dal dramma alla farsa e addirittura un certo gusto postmoderno, specialmente nella sovrabbondanza di riferimenti alla cultura popolare.
L'originalità di Popular, elemento di rottura rispetto all'intera tradizione dei teen drama degli anni Novanta, di sicuro anticipa i tempi, ma costituisce un limite alla popolarità della serie stessa, interrotta bruscamente dopo due stagioni e vari cliffhanger irrisolti. Una fortuna assai più ampia la riscuoterà invece sulla Fox, a partire dal 2009, Glee, il massimo campione d'ascolti nella carriera di Ryan Murphy e uno dei fenomeni televisivi più amati dal pubblico dei teenager. Temi e ambientazione, rispetto a Popular, sono pressoché invariati, ma la carta vincente di Glee è costituita dalla sua natura di musical: gli studenti più solitari ed emarginati di un liceo dell'Ohio otterranno infatti il loro riscatto formando un coro, sotto la supervisione del professor Will Schuester (Matthew Morrison), e troveranno il coraggio per affrontare pregiudizi, atti di bullismo e crisi personali.
Glee va in onda per sei stagioni, fa schizzare in classifica i dischi con i brani cantati dai suoi giovani interpeti e fa incetta di premi, fra cui il primo Emmy Award per Murphy in qualità di regista del pilot e due Golden Globe come miglior serie comica. Ma il rapido declino nella qualità della serie, nonché il drastico calo di ascolti delle ultime stagioni, evidenziano anche il principale punto debole del suo creatore: una certa dispersività che, inducendolo a concentrarsi su tanti progetti contemporaneamente, sulla distanza rischia di far deragliare le sue serie più longeve.
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Tra bisturi e forbici, nel segno della trasgressione: da Nip/Tuck al cinema
Torniamo però al 2003, due anni dopo la chiusura di Popular, quando Ryan Murphy trova spazio sulla FX per sviluppare una serie ancora più particolare e fuori dagli schermi: Nip/Tuck, cronaca delle vicende private e professionali di una coppia di chirurghi plastici di Miami, Sean McNamara (Dylan Walsh) e Christian Troy (Julian McMahon). All'ossessione per la celebrità si sostituisce dunque quella per l'aspetto fisico, mentre il cuore pulsante della serie diventa l'egocentrismo e l'edonismo (spesso sfrenato) di questa borghesia privilegiata. I toni moralmente ambigui del racconto e la fascinazione per gli elementi più 'spinti' e macabri sono i tratti distintivi di una serie che mescola la satira e il thriller e che attirerà la partecipazione di nomi del calibro di Vanessa Redgrave, madre della protagonista Joely Richardson anche nella realtà, e Jacqueline Bisset. Nip/Tuck va avanti per sei stagioni, di qualità non sempre costante, e nel 2004 farà vincere a Murphy il Golden Globe per la miglior serie drammatica (battendo a sorpresa la prima stagione di Lost).
Nel frattempo, Ryan Murphy approfitta del successo di Nip/Tuck per tentare, nel 2006, il 'salto' dal piccolo al grande schermo. Il debutto avviene con il film Correndo con le forbici in mano, trasposizione dell'autobiografia dello scrittore Augusten Burroughs: uno stravagante racconto di formazione per il quale Murphy riadatta il proprio stile, con una miscela di dramma e umorismo nero, e si focalizza sul senso di inadeguatezza di Augusten, adolescente gay alle prese con una galleria di comprimari più o meno assurdi. Correndo con le forbici in mano, però, non convince né la critica né il pubblico, e a riscuotere giudizi positivi sono soltanto il giovane protagonista Joseph Cross e Annette Bening, ottima nel ruolo di sua madre Deirdre. Il secondo - e a oggi ultimo - cimento cinematografico di Murphy arriverà nel 2010 con Mangia, prega, ama, commedia romantica incentrata sulla 'rinascita' del personaggio della scrittrice, Elizabeth Gilbert: la notorietà della fonte letteraria, e ancor di più quella della protagonista Julia Roberts, permettono al film di incassare ben duecento milioni di dollari, ma il responso della critica è pessimo e Mangia, prega, ama verrà dimenticato in gran fretta.
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Brividi sul piccolo schermo: American Horror Story e Scream Queens
Nel 2011, sull'onda del successo mainstream di Glee, Ryan Murphy torna alla FX per realizzare una serie TV completamente diversa, ma destinata ad imporsi come un altro cult immediato: American Horror Story. Concepito insieme al fido Brad Falchuk (già co-autore di Glee) come una serie antologica, American Horror Story si rivela fin dalla prima stagione, Murder House, un'opera profondamente disturbante e carica di inquietudine: un eccellente meccanismo di suspense, ma anche un veicolo per riflettere sull'umanità tormentata dei suoi personaggi. La seconda stagione, Asylum, alza ulteriormente l'asticella e si impone come un sorprendente capolavoro: sia in virtù della solidità drammaturgica e delle suggestioni della messa in scena, sia per il contributo sempre più essenziale alla serie di una strepitosa Jessica Lange, superstar delle prime quattro stagioni, e di attori di talento che diventeranno i volti simbolo di American Horror Story, primi fra tutti Sarah Paulson ed Evan Peters, oltre all'esordio da attrice, nella quinta stagione, della popstar Lady Gaga.
Di American Horror Story sono state trasmesse finora sette stagioni, con altre due appena approvate dalla FX, ma come per altri prodotti di Murphy il livello complessivo della serie ha iniziato, già dalla quarta stagione, una parabola discendente che purtroppo si è fatta via via più palese. Intanto, per restare in tema horror, nel 2015 Murphy e Falchuk hanno creato per la Fox Scream Queens, serie ambientata in una fittizia università della Louisiana funestata dalle imprese di un serial killer: in questo caso, l'horror è declinato però in chiave di commedia e di semi-parodia, accentuando ulteriormente quei toni eccessivi e camp già rintracciabili in American Horror Story. Arricchito da una comprimaria di lusso quale Jamie Lee Curtis, Scream Queens viene cancellato però dopo appena due stagioni a causa del netto calo di ascolti.
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La normalità dei sentimenti: The New Normal e The Normal Heart
L'omosessualità: un tema solo accennato in Popular, serie caratterizzata in compenso da una fortissima sensibilità queer; centrale invece in Glee, specialmente attraverso il personaggio di Kurt Hummel (Chris Colfer), costretto a fronteggiare il bullismo omofobico del liceo; e presente in maniera significativa anche in American Horror Story, con numerosi personaggi omosessuali e transessuali da una stagione all'altra. È paradossale che per Ryan Murphy, apertamente gay e molto coinvolto nelle cause legate alla comunità LGBT, il primo, vero passo falso della sua carriera televisiva sia arrivato proprio con una serie incentrata sui temi dell'omogenitorialità e della maternità surrogata: trasmessa a partire dal 2012 sulla NBC, la sitcom The New Normal, storia di una coppia gay decisa ad avere un bambino, non viene apprezzata dalla critica e delude sotto il profilo degli ascolti, tanto da fermarsi a un'unica stagione.
La 'rivincita' arriva a breve distanza, nel 2014, stavolta sulla HBO, grazie al film The Normal Heart, tratto dal celebre testo teatrale di Larry Kramer: una cronaca, dura e appassionata, della reazione della comunità gay di New York alla diffusione della piaga dell'AIDS nella prima metà degli anni Ottanta. Interpretato da attori di rilievo come Mark Ruffalo, Matt Bomer e Julia Roberts per la regia di Murphy, The Normal Heart raggiunge un lodevole equilibrio fra la dimensione drammatica e la ricostruzione di un preciso periodo della recente storia americana, affermandosi come uno dei suoi lavori più solidi e compatti, e viene ricompensato con l'Emmy Award come miglior TV movie.
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Le nuove "storie americane": American Crime Story e Feud
È ancora sotto l'egida di Ryan Murphy - stavolta però non in veste di autore, ma di regista di quattro episodi su dieci - che fra l'inverno e la primavera del 2016 la FX mette a segno uno dei suoi titoli più acclamati di sempre: Il caso O.J. Simpson, ricostruzione di una delle più clamorose vicende di cronaca nera degli anni Novanta e del processo per omicidio contro l'ex campione di football O.J. Simpson, impersonato da Cuba Gooding Jr. Scritto e recitato superbamente e contraddistinto da un ritmo serrato, Il caso O.J. Simpson è la prima, trionfale stagione di una nuova serie antologica intitolata American Crime Story e si avvale di un cast in cui, accanto a John Travolta, a strappare gli applausi sono in primis gli eccezionali Sarah Paulson e Sterling K. Brown. Il caso O.J. Simpson conquista ovviamente una valanga di premi, inclusi un altro paio di Emmy per Murphy in qualità di co-produttore.
Risale a un anno fa, invece, la prima stagione di un'altra serie antologica targata FX, di cui stavolta però Ryan Murphy è creatore e co-autore, oltre che regista degli episodi principali: Feud: Bette and Joan, ritratto delle star hollywoodiane Joan Crawford e Bette Davis e della loro leggendaria rivalità all'epoca delle riprese di Che fine ha fatto Baby Jane? e negli anni successivi. Questa volta, Murphy mette la sordina al proprio gusto per gli eccessi e il camp, riuscendo a far emergere gli aspetti più intimi e dolorosi delle due dive, interpretate rispettivamente da Jessica Lange e Susan Sarandon, insieme a un affresco al vetriolo del mondo dello spettacolo, dei suoi spietati meccanismi e della sua feroce misoginia; e il risultato è un altro prodotto da standing ovation.
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Il presente: 9-1-1, L'assassinio di Gianni Versace...
Come anticipato, questo inizio 2018 costituisce un altro momento importante nel percorso professionale di Ryan Murphy. Su Fox ha appena esordito la sua nuova 'creatura', 9-1-1, un procedural sul lavoro quotidiano degli agenti di polizia di Los Angeles che intervengono sulle chiamate d'emergenza; il cast corale è capitanato da Peter Krause e da due attrici provenienti da American Horror Story, Angela Bassett e Connie Britton, e il responso, per quanto non entusiastico, per ora sembra positivo. Dal 17 gennaio, invece, su FX va in onda il secondo capitolo di American Crime Story, affidato stavolta a Tom Rob Smith, con Ryan Murphy come co-produttore e regista della prima puntata: basato su un altro, famiferato episodio di cronaca degli anni Novanta, L'assassinio di Gianni Versace vede Edgar Ramirez nei panni del famoso stilista italiano, Penélope Cruz in quelli di sua sorella Donatella Versace, il giovane Darren Criss (lanciato da Glee) nella parte del suo assassino, Andrew Cunanan, e il ritorno alla recitazione della popstar Ricky Martin. Il potenziale, manco a dirlo, è altissimo, e il primo episodio si è rivelato davvero notevole, nella speranza che questa seconda stagione riesca a reggere il confronto con la precedente.
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... e il futuro: Pose, Katrina e il "nido del cuculo"
Ma non è finita qui, per Ryan Murphy: per questa estate, infatti, sempre su FX è in arrivo una nuova serie musicale di cui è creatore e showrunner, Pose. E a giudicare dalle premesse, ci si aspetta di ritrovare tanti ingredienti tipici dei prodotti di Murphy: un cast corale con alcuni volti noti (Evan Peters e Kate Mara) e molti attori emergenti, uno spaccato della società americana degli anni Ottanta, un'ampia visibilità per la comunità LGBT, con una cinquantina di personaggi omosessuali e transessuali, una descrizione ad ampio raggio del mondo dello spettacolo e della danza. Intanto, Murphy sta lavorando anche alla riscrittura della terza stagione di American Crime Story, Katrina, che racconterà le tragiche conseguenze dell'uragano Katrina nel 2005 focalizzandosi sugli eventi all'interno di un ospedale di New Orleans, con Sarah Paulson già ingaggiata nel ruolo principale.
Basta così? Non proprio, perché all'orizzonte già si profilano i futuri capitoli delle altre serie antologiche di cui Murphy tiene le redini: dall'incursione nella fantascienza per l'ottava stagione di American Horror Story al travagliato matrimonio fra Carlo d'Inghilterra e Lady Diana nella seconda stagione di Feud, mentre è stato anticipato che la quarta stagione di American Crime Story ricostruirà lo scandalo sessuale riguardante Bill Clinton e Monica Lewinsky.
Ma il progetto forse più bizzarro e rischioso, per quanto ancora lontano dal vedere la luce, è una nuova serie originale per Netflix, Ratched, ispirata al classico di Milos Forman Qualcuno volò sul nido del cuculo: una sorta di prequel dedicato a Mildred Ratched, la capo-infermiera dal pugno di ferro interpretata nel film da Louise Fletcher, e che in TV avrà invece il volto della 'solita' Sarah Paulson. L'attesa, in questo caso, si prospetta lunghissima, ma nel frattempo l'infaticabile Ryan ha un bel po' di materiale con cui tenerci impegnati...