Respect, la recensione: Libertà e rispetto, il messaggio di Aretha Franklin è più attuale che mai

La recensione di Respect: il film che racconta la vita e la carriera di Aretha Franklin, al cinema dal 30 settembre, è denso di musica e significati, attuale nel suo messaggio di autodeterminazione femminile, ma anche compassato e prevedibile.

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Respect: Jennifer Hudson nel ruolo di Aretha Franklin

Quando da ragazzi andavamo a ballare in discoteca, a un certo punto i deejay la smettevano con l'house music e andavano indietro nel tempo, verso disco, soul e funky. E a un certo punto arrivavano delle canzoni con una voce pazzesca. E noi cantavamo quel ar-i-es-pi-si-ti, senza neanche capire che era lo spelling della parola Respect. Nella recensione di Respect, il film che ripercorre la vita e la carriera di Aretha Franklin, in uscita al cinema il 30 settembre, vi racconteremo questo, ma anche l'importanza che la regina del soul ha avuto, nel cinema e nelle nostre vite. Nelle sue due canzoni più famose, Respect e Think!, ripete come un mantra due parole chiave: rispetto e libertà (freedom). Sono parole fondamentali nella vita di una donna che, fin da giovanissima, ha dovuto affrancarsi da un mondo maschile e perbenista, e trovare se stessa, come donna prima ancora che come artista. A interpretare Aretha è Jennifer Hudson, eccezionale in un ruolo che le calza a pennello. Respect è un film denso. Denso di musica, di canzoni, di fatti, significati, Forse troppi. È un film iperattivo, come era diventa la stessa Aretha a un certo punto della carriera. È anche un biopic classico, che segue uno schema ormai collaudato quando parliamo di biografie musicali al cinema.

Aretha, il padre, il marito e i demoni

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Respect: Jennifer Hudson e Forest Whitaker in una scena del film

"Sveglia. Vogliono sentirti cantare". Aretha è ancora una bambina, ed è già a letto, quando il padre, un pastore battista (Forest Whitaker) la sveglia per farla esibire nel suo salotto di casa, dove è in corso una festa con tanti ospiti. Vedremo Aretha (Jennifer Hudson), ormai cresciuta, cantare in chiesa, nelle messe gospel, e poi andare a New York, alla sede della Columbia Records, per firmare il suo primo contatto. I primi quattro album, però, non hanno alcuna hit tra le sue canzoni. Dopo nove album, Aretha cambia etichetta e va a incidere in Alabama, dove un gruppo di musicisti "bianchi", riesce a dare alla sua musica un suono diverso dai dischi registrati a New York, troppo prodotti. Nel frattempo, una volta affrancatasi dal controllo del padre, Aretha finisce succube del marito Ted (Marlon Wayans), prevaricatore e violento. Si libererà anche di lui, arriverà al successo, ma ci saranno anche altri demoni contro cui combattere.

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L'attualità di Respect

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Respect: un'immagine del film

"Papà non è il padrone della tua voce. Nessuno lo è tranne Dio. E tu non devi avere paura di nessun uomo". è questo che si sente dire dalla madre Aretha, e questo è uno dei temi di un film che è pieno di testi e sottotesti. Al grido di quelle parole chiave "freedom" e "respect", "libertà" e "rispetto", Respect è prima di tutto, o almeno per tutta la prima parte, la storia di una liberazione di una donna, vessata e controllata dagli uomini - il padre, il marito, i discografici - fin da piccola. È qualcosa che ha a che fare con la sua vita privata, ma anche con quella artistica. Quando i discografici le chiedono che cosa vuole cantare, lei ancora non lo sa. Perché non è abituata ad ascoltare se stessa, ad essere ascoltata dagli altri, a decidere, a scegliere. Perché c'è sempre chi ha scelto per lei. Questo sottotesto, che parla di autodeterminazione femminile, è l'aspetto più attuale del film.

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Respect: una sequenza del film

Dopo un'ora è il momento della magia

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Respect: Jennifer Hudson in una sequenza

Ed è proprio per questo che Aretha Franklin ha dovuto attendere per trovare prima il suo suono, e la sua anima, e quindi il successo. Quando accade ha già in curriculum 9 album, ma non ha avuto nessuna hit. La chiave è nella nuova casa discografica, e in quello studio in Alabama dove dei musicisti bianchi (su cui il marito Ted ha infatti molti dubbi) riescono a dare alla musica di Aretha un suono più veloce, più funky, ma anche più grezzo, duro, essenziale. Dopo un'ora di film, è il momento della magia, della creazione, quello in cui un suono prende vita per restare fissato nella storia. Ma è anche una riflessione sul mercato. Perché allora, pur tra mille soprusi, in qualche modo era possibile che un artista facesse nove album senza un successo e potesse ancora provarci, provare a fare la sua musica. Oggi sarebbe ancora possibile? La risposta la sappiamo tutti.

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Respect, la canzone perfetta

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Respect: Jennifer Hudson in un'immagine

Il momento della creazione, dell'arrivo dell'ispirazione, è il momento migliore di Respect, quello in cui al centro c'è davvero la musica. E il racconto della nascita di Respect, una notte a casa, al piano, con le sorelle a fare i cori, è emozionante. E ci mostra come Respect sia una canzone perfetta, costruita da tanti piccoli momenti. Quel "just a little bit" ripetuto e insistito dei cori, quello scandire le lettere della parola chiave, r-e-s-p-e-c-t, la linea funky di basso e batteria, e delle tastiere essenziali. Potremmo dire la stessa cosa di Think!, la canzone che poi è diventata una delle scene chiave di The Blues Brothers.

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Respect: Jennifer Hudson in una scena del film

Trascinante ma classico e compassato

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Respect: Jennifer Hudson in un'immagine del film

Fin qui tutto bene. Per gran parte della sua durata Respect riesce ad essere a suo modo trascinante. Il tutto però è raccontato con una regia e una messinscena davvero classiche e compassate. Se c'è un'idea, è quella di sorvolare su alcuni aspetti più dolorosi con delle ellissi narrative in alcune scene (le molestie subite da ragazzina, la violenza del marito nell'ascensore dell'hotel) per poi spiegarle in un secondo momento. Ma, in molte parti del racconto, i toni sono comunque un po' da soap opera, deriva che purtroppo prendono spesso i biopic musicali. Certo, lo spazio dato alla vita privata è in qualche modo funzionale al racconto dell'arte e al messaggio del film. Ma quella chiave di lettura così attuale, quella dell'autodeterminazione femminile, forse avrebbe avuto bisogno di una regia più coraggiosa, di scelte meno scontate, e una direzione che invece ne valorizzasse il messaggio e l'attualità.

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Lo stesso schema di Ray, Bohemian Rhapsody e Rocketman

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Respect: Jennifer Hudson in una foto del film

Il film, che sembrava avere il suo centro in questi temi, così sembra perdere quel suo centro di gravità permanente per voler raccontare tutto: l'attivismo di Aretha, ma anche quell'affacciarsi di demoni e dipendenze, in questo caso l'alcolismo. A parte il fatto di usare una canzone meravigliosa come I Say A Little Prayer solo per raccontare il suo crollo durante un concerto, di fatto buttandola via, in quel momento il film ha un sapore di déjà-vu, e ci sembra di vedere di nuovo Ray, il film dedicato a Ray Charles. Ma Respect finisce per indulgere ancora sullo schema ascesa-caduta-redenzione che è stato anche quello di Bohemian Rhapsody e Rocketman.

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Respect: Jennifer Hudson in una scena

Amazing Grace, il finale migliore

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Respect: una foto dal set

A proposito di redenzione, però. Che redenzione. Il film si ferma nel momento in cui, per rinascere a vita nuova, Aretha Franklin decide di incidere un disco gospel. E per farlo ritorna in chiesa, alla New Temple Missionary Baptist Church di Los Angeles. Quel concerto diventerà Amazing Grace, il suo disco più venduto e anche un film, dallo stesso titolo, che è appena uscito sui nostri schermi, girato da Sidney Pollack. È il miglior modo per chiudere un film. Anzi, il modo migliore è vedere la vera Aretha che canta (You Make Me Feel Like) A Natural Woman. A proposito, qualche tempo fa vi avevamo raccontato come una serie di oggi come The Handmaid's Tale avesse scelto questa canzone (e I Say A Little Prayer) per dare un messaggio molto forte in una delle puntate. Quando canzoni di oltre quarant'anni riescono ancora a suonare così potenti, e a veicolare messaggi così attuali, vuol dire che parliamo di grandi canzoni. E grandi artisti.

Conclusioni

Nella recensione di Respect vi abbiamo parlato di un film denso. Denso di musica, di canzoni, di fatti, significati. Forse troppi. È un film iperattivo, come era diventa la stessa Aretha a un certo punto della carriera. È anche un biopic classico, che segue uno schema ormai collaudato quando parliamo di biografie musicali al cinema.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
3.5/5

Perché ci piace

  • Il messaggio, attualissimo, di una donna in cerca di libertà e rispetto.
  • Jennifer Hudson, eccezionale in un ruolo che le calza a pennello.
  • I momenti in cui canzoni come Respect prendono vita per diventare immortali.

Cosa non va

  • Il tono è spesso quello della soap opera, difetto di molti biopic musicali.
  • La regia è molto classica e compassata, il messaggio del film meritava di più.
  • Lo schema ascesa-caduta-redenzione ormai scontato in tutti i biopic di questo tipo.