Recensione Tomboy (2011)

La regista Celine Sciamma racconta con semplicità e leggerezza la ricerca dell'identità di Laure/Michael, con una regia che mette la protagonista sempre al centro della narrazione.

La ricerca dell'identità

In inglese il termine Tomboy indica una ragazza dai modi maschili, un maschiaccio diremmo noi. E' il caso di Laure, ragazzina di dieci anni appena trasferitasi, per l'ennesima volta, con la famiglia in una nuova abitazione. Nuova casa, nuovo vicinato e quindi nuovi potenziali amici: l'occasione per ricominciare e presentarsi con il nome di Michael, facendosi passare per un ragazzo nell'ultimo scorcio di estate prima dell'inizio dell'anno scolastico; un gioco che poco per volta diventa qualcosa di più e che non potrà superare lo scoglio dell'inizio della scuola, che inevitabilmente rivelerà la vera identità della ragazza ai nuovi amici, con tutte le conseguenze del caso, dietro l'angolo pronte a travolgere la protagonista.


Tomboy è il secondo film di Celine Sciamma dopo Water Lilies, visto a Cannes nel 2007, e si sa che il progetto successivo al debutto rappresenta una sfida spesso difficile da superare. Ma la regista dimostra di saperla gestire al meglio, raccontando con semplicità e leggerezza la ricerca dell'identità di Laure/Michael, con una regia che mette la protagonista sempre al centro della narrazione: con una fotografia dai colori semplici ma decisi, la camera stringe spesso sui dettagli, sui lineamenti delicati ed espressivi della giovanissima attrice Zoe Heran, perfetta nell'interpretare la piccola protagonista del film e reggere il peso della narrazione sulle sue spalle. Figura centrale del film, la Heran ne detta il ritmo ed il tono ed è tramite lei che il personaggio di Laure viene presentato, in quanto Mikael, allo spettatore, per rivelare solo in seguito la verità su di lei.

Ma quello della Sciamma è un casting indovinato in ogni suo componente: adorabile e sorprendente la piccola Malonn Levana nel ruolo della sorellina Jeanna, che con la protagonista riesce ad instaurare su schermo un credibilissimo rapporto tra sorelle, fatto di complicità ed intimità; efficace Jeanne Disson nel dare il volto a Lisa, la prima amica di Laure/Michael nel nuovo vicinato, e risulta riuscita anche la scelta di usare i veri amici della Heran per impersonare i nuovi amici della ragazza, dai quali la regista riesce ad ottenere quella complicità e spontaneità necessarie a rappresentare il mondo dei giochi dei ragazzini di quell'età.

Con il punto di partenza di un casting ben composto, diventa più semplice dar vita ad una sceneggiatura scritta con altrettanta spontaneità, semplice nel suo sviluppo, che mette in scena il complesso problema della ricerca della propria identità, sessuale e non solo, senza cercare di offrire soluzioni o risposte ad un tema così delicato, ma limitandosi a mostrarlo con delicatezza. L'infanzia è infatti caratterizzata dall'innocenza, ma la Sciamma sa che si tratta anche di un periodo denso di emozioni ambigue e confuse, che segnano il percorso di crescita di ogni individuo e che meritano di essere analizzata e mostrate con la giusta delicatezza.
Inserito nella sezione Panorama della Berlinale 2011, di cui è film d'apertura, Tomboy concorre anche all'assegnazione del Teddy Award di questa edizione proprio per il tema che racconta.

Movieplayer.it

3.0/5