
Recensione The Words (2012)
Il raffinato intarsio narrativo - in cui si intrecciano, seguendo un intricato gioco di parallelismi e corrispondenze, il presente con il passato, la fiction con la realtà - rappresenta il cardine su cui ruota l'architettura filmica di The Words, costituendo paradossalmente il principale pregio del film, ma anche il suo limite.
La vita segreta delle parole
Quando leggiamo un libro, solitamente siamo portati a concepire il testo e l'autore come due unità ben distinte e, nella maggior parte dei casi, non ci curiamo troppo delle condizioni personali e delle particolari vicissitudini che hanno portato un determinano scrittore a realizzare l'opera che ci troviamo tra le mani. I semiotici direbbero, invece, che l'autore è sempre dentro al testo, e che queste due entità sono così strettamente interrelate al punto che non è possibile distinguerle in maniera netta. In un certo senso l'esordio al lungometraggio di Brian Klugman e Lee Sternthal, dall'emblematico titolo The Words, porta alle estreme conseguenze questo concetto, mettendo in scena un'elaborata - e forse un po' troppo artificiosa - rappresentazione del processo creativo e dell'ispirazione artistica, focalizzandosi su alcune questioni fondamentali che da sempre hanno fatto arrovellare studiosi e teorici, in particolare l'inestricabile rapporto che sussiste tra arte e vita, tra verità e finzione. L'espediente narrativo scelto dalla coppia di registi e sceneggiatori non è certo nuovo, anzi costituisce una modalità di racconto presente sin agli albori della letteratura (più o meno dall'Odissea in poi...), vale a dire il meccanismo definito "a scatole cinesi" in cui una storia è contenuta dentro un'altra storia, e così via.
Video-recensione The Words


Fortuna che a salvare in parte l'esito del film accorrono in aiuto le doti di un solido cast (e non potrebbe essere altrimenti, visto che la recitazione assume una valenza fondamentale in un'opera del genere). Inutile dire che, sopra tutti, svetta inarrivabile Jeremy Irons, seppure qui sacrificato in una parte limitata ma fondamentale ai fini della storia. Notevole anche Dennis Quaid nelle vesti di uno scrittore sornione e carismatico; mentre Bradley Cooper pecca ancora di eccessiva inesperienza nel gestire sfumature recitative troppo complesse. A un ruolo di contorno sono, invece, relegate le pur brave e affascinanti controparti femminili dei diversi racconti, costituite rispettivamente da Olivia Wilde, Zoe Saldana e Nora Arnezeder.