Recensione The Ghostmaker (2012)

Mauro Borrelli, regista italiano trapiantato negli USA, dirige con un budget bassissimo un interessante thriller, in cui si ritrovano echi del fantastico hollywoodiano mainstream e del miglior cinema di genere italiano.

L'aldilà temporaneo

Kyle, studente universitario con la passione per le antichità, condivide l'appartamento con l'amico Sutton, disabile, e sbarca il lunario svuotando cantine. Quando, in uno di questi lavoretti, il giovane si imbatte in un'antica bara, la sua attenzione viene immediatamente catturata; ma l'anziana proprietaria di casa, con fare enigmatico, gli intima di distruggere l'artefatto, lasciando intendere una sua qualche pericolosità. Kyle, tuttavia, intuisce subito il valore della bara e intravede la possibilità di guadagnare un bel gruzzolo da una sua vendita; ancor più, dopo aver scoperto un doppio fondo con uno strano meccanismo a orologeria, e una chiave che attiva un carillon. Attraverso ricerche condotte insieme al suo collega Marcus, il giovane scopre che la bara è stata costruita nel XV secolo da Wolfgang Von Tristen, detto "l'artigiano del Diavolo"; questi, specializzato in strumenti di tortura, era un costruttore particolarmente attratto dalla morte e dal tema dell'oltretomba. Nelle intenzioni dell'artigiano, il carillon doveva attivare un meccanismo in grado di far provare, per qualche minuto, l'esperienza della morte, separando l'anima dal corpo. Kyle, Marcus e Sutton, irresistibilmente attratti dall'esperienza, decidono uno dopo l'altro di verificare l'effettivo funzionamento della bara. L'esperienza da loro provata sarà straordinaria, ma, com'è facile immaginare, non priva di conseguenze...


Fantastico hollywoodiano mainstream, cinema di genere italiano. E' tra queste due polarità che si muove, con esiti interessanti, The Ghostmaker, nuovo thriller sovrannaturale del regista italiano (trapiantato a Hollywood) Mauro Borrelli. Un percorso insolito, quello di Borrelli, stabilitosi ormai da decenni negli USA, conceptual artist per moltissimi blockbuster (ricordiamo gli effetti da lui progettati per i film di Tim Burton, la nave della serie I pirati dei caraibi, le collaborazioni con Francis Ford Coppola e Bernardo Bertolucci) e poi regista di piccoli film indipendenti, realizzati con budget bassissimi. Tra questi, possiamo vedere ora (in alcune, selezionate sale legate al circuito Distribuzione Indipendente) questa sua nuova opera, che denuncia chiaramente la contaminazione (per una volte felice) tra due mondi apparentemente lontani: il modo di fare cinema statunitense, il gusto per i temi del sovrannaturale e una certa attitudine narrativa mainstream (senza dare al termine alcuna connotazione negativa) e l'artigianalità, con la fantasia visiva, proprie del nostro miglior cinema di genere. In questa pellicola, in effetti, ci sono Linea mortale (omaggiato fin dai nomi dei personaggi) e Final Destination, l'iconografia di Ghost - Fantasma e una spruzzata del John Carpenter più metafisico; ma c'è anche il gusto per le creazioni manuali, povere ma visivamente potenti, del grande Mario Bava, una messa in scena fantasiosa e d'effetto, un gusto scenografico che ben coniuga modernità e iconografia gotica.

Non vanno cercate idee particolarmente innovative, in The Ghostmaker: la classicità dell'impianto narrativo è dichiarata, così come la sempiterna attrattiva esercitata dai temi. Il regista tuttavia riesce (e in questo è davvero affine a Bava e a molti suoi contemporanei) a mascherare le ristrettezze di budget con una notevole abilità immaginifica e "artigianale", riscoprendo un gusto dimenticato per le creazioni manuali (la bara, stando a quanto da lui stesso confessato, è costruita con una porta, mentre gli ingranaggi vengono da un vecchio giocattolo) e dirigendo con sicurezza, e buona costruzione dell'atmosfera, una storia ad alto rischio di cadere nel tedio. Va sottolineata comunque una buona cura dello script e un'attenta definizione dei personaggi che, pur ricavati da "tipi" noti e codificati, reagiscono in modo credibile e diversificato all'influenza del congegno; inoltre, la sceneggiatura è abile nel non prendere la direzione che, a un certo punto della storia, ci si aspetterebbe, sviluppando la parte finale della pellicola (e costruendone la conclusione) su un assunto non banale. L'aver portato un tema così noto su binari diversi da quelli attesi è un altro titolo di merito della pellicola, che controbilancia alcune (forse inevitabili) sbavature narrative, e qualche piccola ingenuità nella progressione della vicenda. Anche alla luce di ciò, il termine horror (genere pur abbracciato e adottato nelle sue modalità estetiche) appare un po' riduttivo per il film di Borrelli: sono piuttosto i temi del fantastico, cinematografico e letterario, intesi nel loro senso più ampio, a costituirne l'ossatura. Sarà sempre un piacere vederli (ri)portati sullo schermo, specie quando lo si fa con gusto e intelligenza.

Movieplayer.it

3.0/5