Recensione Chronicle (2012)

La coppia di autori formata dal regista Josh Trank e dallo sceneggiatore Max Landis ha avuto l'idea di fondere due mode cinematografiche del momento - i film di supereroi e i mockumentary realizzati con la macchina a mano stile 'Blair Witch Project' - rielaborando entrambi i generi in maniera più che convincente.

Reality Comics

I fumetti della Marvel ci hanno insegnato un sacco di cose: ad esempio che anche un giovane sfigato (vedi alla voce Peter Parker) può improvvisamente trasformarsi in un beniamino delle folle, anche se bisogna sempre fare attenzione, perché "da grandi poteri derivano grandi responsabilità". Grazie a Stan Lee, infatti, i supereroi senza macchia e senza paura stile Superman lasciano il posto a individui discriminati perché diversi, come gli X-men. E in questi casi è facile farsi prendere da derive nietzschiane autoproclamandosi esseri superiori: Magneto e i suoi seguaci ne sanno qualcosa. È proprio a partire dalle pagine della casa delle Meraviglie che è iniziata la rivoluzione dei "supereroi con superproblemi", iniettando nel genere fumettistico un'inedita dose di realismo e di riferimenti alla quotidianità, poi proseguita con le visioni ancora più critiche di altri autori quali Alan Moore. Queste istanze sono ormai state raccolte anche dal grande schermo che, accanto ad adattamenti più tradizionalisti e convenzionali del mondo dei graphic novel, ha visto proliferare anche letture dal taglio più anticonformista, caratterizzate da un'impronta decisamente più cinica e veristica, come hanno dimostrato anche gli esempi più recenti di Super e di Kick-Ass.


Il germe della Marvel si rintraccia decisamente anche in Chronicle (sarà un caso che a un certo punto il protagonista del film si mette a giocare sadicamente con un ragno?), brillante esperimento di storia supereroistica raccontata appunto con uno stile "cronachistico", prendendo in prestito soprattutto il linguaggio dei reality, del documentario e dei film footage. La coppia di giovani autori formata dal regista Josh Trank e dallo sceneggiatore figlio d'arte Max Landis ha avuto l'azzeccata idea di fondere due mode cinematografiche del momento, ottenendo in patria un sorprendente riscontro di pubblico: da una parte i cine-comic, e dall'altra i mockumentary realizzati con la macchina a mano sulla falsariga del capostipite The Blair Witch project, che ultimamente hanno spopolato soprattutto in ambito sci-fi (Cloverfield e District 9) e horror (la serie di Rec e di Paranormal Activity, nonché i "diabolici" L'ultimo esorcismo e L'altra faccia del Diavolo). L'obiettivo, riuscito, è quello di affrontare alcuni temi cari al racconto fumettistico - come il concetto di responsabilità dell'individuo nei confronti della società, ma anche la consapevolezza e la maturazione nel controllo dei superpoteri come metafora dell'adolescenza - attraverso un'impostazione in grado di garantire una forte immedesimazione e partecipazione da parte del pubblico, smitizzando gli archetipi dell'immaginario supereroistico.

La trama di Chronicle presenta dunque alcune caratteristiche ricorrenti del genere. Protagonisti sono tre adolescenti: l'introverso e fragile Andrew (Dane DeHaan) - che è tormentato da una situazione familiare estremamente disfunzionale e che decide di rapportarsi con il mondo esterno usando come barriera la propria videocamera - suo cugino Matt (Alex Russell) e il popolare quarterback del liceo Steve (Michael B. Jordan). Tutti e tre acquisiscono delle strane capacità entrando in contatto con uno strano oggetto (probabilmente di origine aliena) trovato casualmente in un bosco. Se all'inizio la progressiva scoperta dei superpoteri (in particolare quelli della telecinesi e della capacità di volare), si sviluppa come un gioco, all'insegna di scherzi goliardici messi a segno dal gruppo di ragazzi ai danni dei propri coetanei (non rinunciando a un gusto ironico e grottesco che a tratti rimanda allo stile di papà John Landis); le cose cominciano a prendere una piega più drammatica quando Andrew, sentendosi respinto dal padre e isolato dai compagni di scuola, cede al "lato oscuro", cadendo vittima di delirio di onnipotenza e seminando il panico per la città. A ostacolare la sete di distruzione del ragazzo, ormai sopraffatto dalla follia, si ergerà Matt in uno spettacolare scontro catastrofico che coinvolge persino il celebre Space Needle di Seattle.

A differenza di numerosi film horror di serie B epigoni di The Blair Witch Project che hanno sfruttato l'impostazione da mockumentary in maniera stanca e ripetitiva, Chronicle rielabora invece questo sottogenere in maniera più che convincente, pur nei limiti connaturati nel filone (in particolare la necessità di giustificare la presenza continua della videocamera e di rendere credibili alcuni movimenti di macchina), risultando nel complesso un efficace esemplare di questo tipo di cinema. Contribuiscono alla riuscita del film anche gli sbalorditivi effetti speciali realizzati da Simon Hansen (che si è occupato anche di District 9) e le interpretazioni estremamente naturali dei tre esordienti protagonisti, in particolare l'intenso e tormentato Dane DeHaan.