Ragazzaccio, la recensione: Il Covid è come un bullo, un po’ d’amore e se ne va

La recensione di Ragazzaccio: il film, in uscita al cinema il 3 novembre, parla dei ragazzi del liceo e di quel lockdown che ha sconvolto le loro vite: a farlo è Paolo Ruffini, un attore e un regista che un ragazzo non lo è più, ma che un po' lo è rimasto dentro.

Ragazzaccio, la recensione: Il Covid è come un bullo, un po’ d’amore e se ne va

"Ci rivedremo da grandi quando saremo stanchi, ci rivedremo da grandi se ci rivedremo". La recensione di Ragazzaccio, il film di Paolo Ruffini in uscita al cinema il 3 novembre, inizia con le parole e la musica di Ariete, e della sua canzone 18 anni. Sì, si parla di diciottenni, o giù di lì, di ragazzi del liceo, e di Covid 19, e di quel lockdown che ha sconvolto le loro vite. A farlo è Paolo Ruffini, un attore e un regista che un ragazzo non lo è più, ma che un po' lo è rimasto dentro. In tanti film passati a fare bischerate quel restare sempre un ragazzaccio lo si percepiva. E però era un po' come Mattia, il protagonista di questo film, uno che fa ridere gli amici in modo un po' volgare, da risata facile. E come Mattia è cresciuto, ci ha fatto vedere un altro lato di sé, una maturità che non ci aspettavamo. Il ragazzaccio è cresciuto. Ragazzaccio è un film che mescola dramma e commedia, sentimentale e generazionale, e fissa bene un momento ben preciso della nostra storia recente. Al netto di qualche forzatura, è un film carico di sensibilità.

Le relazioni virtuali e le didattiche a distanza

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Ragazzaccio: un'immagine

"Bro, non si va a scuola, ci sono i cinesi che mangiano i pipistrelli e hanno fatto nascere un virus. Si muore, ma solo se sei vecchio. Ma intanto non si va a scuola, viva il Coronavirus". È così, da una videochiamata con un compagno di scuola, che Mattia (Alessandro Bisegna) apprende che è arrivato il Covid 19, che le scuole saranno chiuse e che sarà costretto a rimanere a casa con la madre (Sabrina Impacciatore) e il padre (Massimo Ghini). Iniziano così le relazioni virtuali, le didattiche a distanza e, tra assemblee di istituto su Zoom e le storie sui social media, Mattia comincia a interessarsi a una bella coetanea. Si chiama Lucia (Jenny De Nucci), come la protagonista de I promessi sposi, e come la Lucy In The Sky With Diamonds dei Beatles, che infatti è il suo nickname.

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Ragazzaccio: una scena del film

Ragazzaccio affronta, ultimo di una buona serie, il tema del lockdown, uno dei nervi scoperti della nostra storia recente. Arriva dopo che è stato raccontato in forma di farsa (Lockdown all'italiana, di Enrico Vanzina), e di noir (State a casa, di Roan Johnson). Ma, soprattutto, sotto forma di storie viste dal punto di vista degli adulti o di giovani universitari. Ragazzaccio va invece a scandagliare il mondo che è stato meno raccontato, e allo stesso tempo quello che ha subito di più l'isolamento. È quello degli adolescenti, dei teenager, dei ragazzi delle scuole superiori. Quelli che più degli altri hanno bisogno di contatto, di relazione, di vita sociale, di conoscere l'altro sesso. Già a sentir parlare di lockdown, che sia a distanza di mesi, o di anni, a tutti noi arriva un sussulto. Tornare a quei giorni, con il punto di vista degli adolescenti, è interessante, oltre che emozionante.

L'amore ai tempi del Coronavirus

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Ragazzaccio: un'immagine dal set

È un Paolo Ruffini sorprendente, quello che esce da Ragazzaccio. Un autore, e attore, che finora avevamo visto legato, tra tv e cinema, alla comicità più facile, immediata, ci stupisce con un film malincomico, una commedia agrodolce. Ragazzaccio è una commedia sentimentale e generazionale, è l'amore ai tempi del Coronavirus. È uno spaccato di vita, un salto indietro nel tempo, in un passato prossimo che è rimasto ancora ben piantato dentro di noi. Ruffini, a livello di regia, utilizza i codici di comunicazione di quei mesi, che sono rimasti ancora tra noi: le didattiche a distanza, con gli schermi divisi in dieci finestre, gli schermi verticali delle storie Instagram, le scritte delle chat, e così via. In una famiglia di tre persone riesce a racchiudere uno spaccato di quello che era il mondo in quei giorni: chi si rompeva la schiena per salvare qualcuno (Massimo Ghini) e chi gridava al complotto, alla finta, e attaccava le misure di sicurezza (Sabrina Impacciatore). E poi chi sta in mezzo, chi trova la sua vita cambiata, ma non sa perché. Come Mattia.

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Una voce che non sa tirare fuori

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Ragazzaccio: una foto del cast sul set

In generale, Ragazzaccio viaggia ai tempi del Coronavirus per raccontarci l'acuirsi di una situazione in atto comunque. Quella di un mondo degli adulti che fatica a comprendere quello degli adolescenti, a entrarci dentro, a comunicare. Dall'altro lato c'è l'universo degli adolescenti che non si sente assolutamente capito, che ha una voce che non sa tirare fuori. Che ha delle cose da dire, ma non sa come. Mattia è un esempio di tutto questo: nelle lezioni a distanza rutta e viene buttato fuori, ma è in grado di scrivere poesie per una ragazza, o dei versi per un rap.

Freddie Mercury non è solo "quello del film"

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Locandina di Ragazzaccio

Paolo Ruffini sembra aver appreso la lezione di Francesco Bruni e del suo Scialla! (Stai sereno). Certo, non con quella scrittura brillante e leggera e quella direzione perfetta di attori. Ma c'è il cuore di quel racconto, il rapporto tra un ragazzo un po' sperduto, solo, di cui nessuno si cura, e un mentore che decide di prendersi la sua storia a cuore. La morale è semplice: i ragazzi non sono cattivi, è che li lasciamo da soli. Non conoscono David Bowie o Bob Dylan, e credono che Freddie Mercury sia "quello del film" non per colpa loro. Ma perché non glieli abbiamo fatti conoscere. Il rapporto tra il giovane e quell'insegnante che tutti vorremmo avere è davvero molto intenso. Merito anche degli attori: Mattia è interpretato da Alessandro Bisegna, un ragazzo che per una volta non è il solito belloccio ma un ragazzo vero, che potrebbe essere stato davvero un nostro amico del liceo, e il professore da Beppe Fiorello, umano e pacato. L'interessa amoroso di Mattia, Lucia, è interpretata da Jenny De Nucci, che avevamo visto in Sempre più bello, e che qui è molto più a fuoco, più matura, più sfaccettata, in un ruolo molto particolare. Massimo Ghini è disarmante, e dolcissimo, nel ruolo di un padre che non riesce a connettersi con il figlio. Ascoltate il suo monologo finale, che è la cosa più bella del film. Al solito, Sabrina Impacciatore è, come diceva quella canzone, dolcemente complicata, nevrotica e sexy.

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Il Cyberbullismo, tema importante

Certo, Ragazzaccio (il titolo del film si riferisce a quello che diceva a Mattia la nonna, "non fare il ragazzaccio") non è esente da difetti. Per far fare al protagonista il suo percorso, passa per scelte a volte troppo drammatiche, troppo enfatizzate: le sue azioni da bullo sono sempre troppo estreme, e stridono con quello che era il tono generale del film. E lo sono anche certe svolte narrative, come il tradimento. Così anche il gergo con cui parlano i ragazzi, sembra un po' troppo insistito. È importante che si tocchino temi come il cyberbullismo, ma si potevano raccontare le stesse cose con una leggerezza maggiore, perché a volte, in un certo tipo di racconti e per raggiungere un certo tipo di pubblico dire le cose con leggerezza aiuta.

Qualcuno che ti faccia sentire meno difettoso

Mentre seguiamo la storia vediamo le immagini che ci sono rimaste impresse in quei momenti: i camion che da Bergamo portavano via i morti, il Papa che fa la messa in una piazza San Pietro vuota. E, tra un'immagine e l'altra cominciamo a sentire il punto di vista dei ragazzi che, chiusi in casa, per mesi hanno sentito solo parlare di morte. E capiamo, se ancora non ci fosse stato chiaro, che per loro è stata dura, molto dura. Alla fine ce l'hanno fatta a modo loro, pensando "il Covid è come un bullo, basta un po' d'amore e se ne va". E, alle volte, per non essere un ragazzaccio basta "qualcuno che ti faccia sentire meno difettoso".

Conclusioni

Nella recensione di Ragazzaccio vi abbiamo parlato di un film che mescola dramma e commedia, sentimentale e generazionale, e fissa bene un momento ben preciso della nostra storia recente. Al netto di qualche forzatura, è un film carico di sensibilità.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
3.8/5

Perché ci piace

  • La scelta di parlare del lockdown dal punto di vista degli adolescenti.
  • Il cast, che, sia nei protagonisti giovani che negli adulti funziona.
  • La sceneggiatura, carica di sensibilità e di realtà....

Cosa non va

  • ... che a volte però pecca di qualche forzatura, di momenti eccessivamente drammatici.
  • Anche sul gergo dei ragazzi a volte si insiste troppo.