Il film più importante della Storia del cinema, Quarto potere di Orson Welles, compie ottant'anni: veniva infatti presentato il 1 maggio del 1941 a New York (sarebbe poi uscito successivamente) e i suoi 80 anni se li porta ancora benissimo. La storia di Charles Foster Kane, ispirata alla biografia del magnate dell'industria, del legno e dell'editoria William Randolph Hearst, non ha mai perso, nel corso degli anni, la sua capacità di lettura della società, del mondo dell'informazione, del rapporto tra media e politica. È stato un film profetico o, se volete, universale. Vederlo oggi significa leggere un trattato di sociologia delle comunicazioni che è valido per ogni epoca e ogni latitudine. Anzi, ad ogni aggiornamento dello scenario mediatico, a ogni entrata in scena di un nuovo media, il film di Orson Welles si conferma un manuale che è valido per ogni situazione.
Quel rompicapo e quell'indizio di nome "Rosebud".
Quarto potere (Citizen Kane in originale) racconta la storia del magnate della stampa Charles Foster Kane (interpretato dallo stesso Orson Welles), un uomo capace di costruire un impero industriale e mediatico, ma incapace di amare, se non alle sue condizioni. Quando Kane muore, da solo, nella reggia che si è fatto costruite, Xanadu (Candalù nella versione italiana), attraverso una serie di flashback viene ricostruita la sua storia, come un puzzle (un elemento che ricorre più volte nel film) da ricomporre. All'inizio vediamo la sua storia introdotta da un cinegiornale, poi seguiamo un giornalista indagare e provare a ricostruire il suo passato, partendo dall'ultima parola pronunciata prima di morire, "Rosebud" (Rosabella, in italiano), ma senza trovare la risposta al mistero. La vedremo solo noi spettatori, nell'ultima inquadratura del film.
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Kane è egli stesso notizia
"Gli americani leggono le sue notizie. E Kane è egli stesso notizia". È accaduto da sempre. Perché chi ha il controllo dei media, di tanti media, ha spesso dalla propria parte un impero, e quindi, a sua volta, non può che essere al centro dell'attenzione. Accadeva già nell'America degli anni Quaranta, ma la cosa è diventata evidente sempre di più man mano che il mondo dei media si è evoluto. Se l'impero di Kane era fatto di giornali e di radio, la televisione, mezzo di comunicazione di massa per eccellenza, ha reso tutto ancora più grande. Tycoon come Rupert Murdoch, o Silvio Berlusconi, sono sempre stati sotto i riflettori: creavano notizie, e facevano essi stessi notizia, a ogni movimento. Oggi sono i leader della new economy a farlo. Pensiamo prima a Steve Jobs, e poi a Mark Zuckerberg, che hanno creato nuove tecnologie e nuovi mondi mediatici, e hanno sempre attirato a sé a loro volta l'attenzione dei media. "Non basta dire ciò che un uomo ha fatto: bisogna dire anche quello che è", sentiamo dire in un dialogo tra Kane e i suoi collaboratori. Già allora usciva un tema fondamentale, che ai tempi di internet e dei social media è diventato la chiave di tutto: la reputazione.
Se il titolo è grande la notizia diventa importante
"Non esistono le prove delle armate al largo. Nessuno le ha viste" fa notare un collaboratore a Charles Foster Kane, secondo il quale la notizia di una probabile guerra doveva uscire. Già allora si parlava di notizie non verificate, o, se preferite, di quelle che adesso chiamiamo Fake News. La notizia viene data non in base alla sua verità, ma in base a un fine che è stato prestabilito: far scoppiare una guerra, far eleggere o non eleggere un politico, semplicemente aumentare la tiratura di un giornale. "Se il titolo è grande la notizia diventa importante" dice Kane ai suoi giornalisti. Al suo arrivo al New York Inquirer, Kane spinge per pubblicare, a grandi caratteri, la notizia di una donna scomparsa a Brooklyn. Non era una notizia importante secondo i giornalisti dell'Inquirer, ma Kane spinge per un giornale fatto di notizie più "popolari", che abbiano presa sul pubblico. Sembra davvero di essere ai giorni nostri, con i pixel dei siti web al posto delle rotative e dalla carta stampata. Pensiamo a come oggi vengano sempre più spesso confezionati ad arte titoli acchiappaclick, il cosiddetto "clickbaiting".
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Un giornale che darà le notizie onestamente
"Darò agli abitanti di questa città un giornale che darà le notizie onestamente". È la dichiarazione programmatica di Charles Foster Kane, il miraggio di un'oggettività che quando si tratta di dare le notizie è spesso una chimera. In ballo ci sono i punti di vista, le opinioni e, soprattutto, gli interessi, benché Kane dichiari che questi non dovranno disturbare la notizia. Ma dichiarare a priori che il giornale darà notizie onestamente, che sarà al servizio dei cittadini, darsi da solo l'etichetta dell'onestà non è altro che fare populismo. Nel corso degli anni abbiamo visto gruppi editoriali, testate giornalistiche, anche formazioni politiche ergersi a paladini della giustizia, dell'onestà, della verità, della libertà. Al populismo si accompagna spesso il giustizialismo. Ed è qui che finisce Kane, quando, per i suoi scopi politici, accusa Jim W. Gettys, il suo rivale politico nella corsa alla carica di governatore di New York, chiedendo per lui il carcere in un processo mediatico sommario, come ne avremmo visti tanti, in politica, negli anni a venire.
Ricordate Gay Hart e Bill Clinton?
La corsa a governatore di Kane si interrompe a causa di uno scandalo sentimentale. Poco prima delle elezioni, infatti, viene alla luce la sua relazione sentimentale con la cantante Susan Alexander. Gettys cavalca la situazione, e questo finisce per influire sulla reputazione di Kane e portarlo alla sconfitta. Gli scandali sessuali si sono susseguiti più volte nella vita politica americana. Pensiamo Gary Hart, candidato alle elezioni presidenziali nel 1988 per il Partito Democratico, che vide sfumare la sua corsa alla nomination per la relazione extraconiugale con Donna Rice Hughes. O allo scandalo che vide protagonista Bill Clinton, allora già presidente degli Stati Uniti, e la sua stagista Monica Lewinsky. Anche arrivando alla nostra storia recente, come non pensare agli scandali che hanno riguardato l'ex premier italiano Silvio Berlusconi.
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La campagna acquisti
E ci viene in mente ancora una volta lui, nel momento in cui vediamo Charles Foster Kane invidiare i giornalisti del Chronicle, giornale rivale e più autorevole, e immediatamente dopo (con un artificio di montaggio memorabile grazie al quale la foto diventa realtà) presentare questi giornalisti come la squadra del suo giornale. Una vera e propria campagna acquisti che, quando si parla di professionisti, è ovviamente lecita. Ci viene in mente però come, al momento di consolidare il suo impero mediatico, proprio Berlusconi abbia strappato al gruppo rivale, cioè la Rai, giornalisti (Enrico Mentana ed Emilio Fede) e anche conduttori legati all'intrattenimento (Pippo Baudo). In Quarto potere c'è chi si chiede se quei giornalisti, passando dal Chronicle all'Inquirer, sarebbero rimasti gli stessi giornalisti. "In una settimana Kane li farà diventare i giornalisti che vuole lui" riflette uno dei suoi collaboratori. È il trasformismo, un altro fattore che, quando si parla di media, non si deve trascurare.
Il conflitto di interessi
E poi c'è il conflitto di interessi. Non occorre spiegare come il conflitto tra informazione e politica abbia caratterizzato, e continui a farlo, la nostra epoca. Il discorso è ovviamente al centro di Quarto potere. Si presenta nel momento in cui Kane sceglie di entrare nell'agone politico, e si trova di fronte un avversario che non esita ad attaccare tramite il suo giornale. Ma, anche se più sottile, il conflitto di interessi si ripresenta quando si tratta di lanciare la carriera di Susan, la sua seconda moglie, come cantante lirica. Al momento della prima dell'opera in cui è protagonista, il suo giornale fa uscire vari articoli. Sono tutti positivi. Ma quello del critico drammatico, Jedediah Leland (Joseph Cotten) che si concentra sulle sue capacità recitative, è negativo. Kane, che lo legge prima che lui l'abbia finito, lo completa di suo pugno e lo pubblica. Ma poi licenzia il giornalista. Lui voleva solo dimostrare di essere onesto.