Il clan dei camorristi: Quando i criminali diventarono imprenditori

Violenza, corruzione, soprusi: Il clan dei camorristi racconta uno dei capitoli più neri della storia italiana. Ma non solo: accende anche i riflettori sulla lotta alla mafia condotta dalla magistratura, che nella fiction ha il volto di Stefano Accorsi.

I delitti "d'onore" non esistono. Non in Campania, almeno, o nella fiction Il clan dei camorristi, in onda in prima serata da venerdì 25 gennaio su Canale 5 per 8 puntate. Sembrano una realtà d'altri luoghi e d'altri tempi, anche se pur sempre italiana.
Il panorama criminale dopo il terremoto dell'Irpinia del 1980, in effetti, sembra piuttosto animato da una totale anarchia. Senza codice alcuno, la malavita locale si prende quello che vuole e spazza via il resto.
Ecco come si può uccidere un vicesindaco in pieno giorno, nei locali del municipio e davanti a decine di testimoni. Con una certezza scolpita nella roccia: nessuno parlerà.
Agire impunemente contro la legge, anzi sfidarla nel luogo stesso che dovrebbe proteggere la sacralità di un'istituzione rappresenta l'estremo atto di ribellione verso un sistema non riconosciuto.
Parte da questa premessa la fiction di TaoDue diretta da Alessandro Angelini (al debutto in tv) e Alexis Sweet (R.I.S. - Delitti imperfetti, Il Capo dei Capi, Intelligence - Servizi & segreti). Vuole raccontare una pagina della nostra storia ancora in corso senza la pretesa di emettere verdetti né di riportare fedelmente i fatti nella loro sequenza cronologica originale.

Il clan da cui prende il nome la serie TV gestisce le attività illecite di Castello di Aversa espandendo il proprio raggio d'azione a tutto il territorio regionale attraverso il settore edilizio. Il boss si chiama Antonio Vescia (Massimiliano Gallo) e regna senza scrupoli estirpando dalla zona ogni nemico, sovvertendo ogni regola e corrompendo o minacciando funzionari e politici. La carriera criminale subisce un'impennata con l'ingresso di un nuovo elemento, Francesco Russo detto 'O Malese (Giuseppe Zeno), che, complice l'irruenza della giovinezza, gestisce gli affari con cieca violenza. "Quando si spara ad un cristiano - cerca di spiegargli il capo - bisogna sapere perché". Come a dire, insomma, che l'omicidio è uno strumento del mestiere, ma deve pur essere in qualche modo giustificato.
Di questa spirale di brutalità si ritrova ad essere testimone il giudice Andrea Esposito (Stefano Accorsi), idealista e integerrimo che chiede volontariamente il trasferimento da Torino per tornare alle origini campane nel tentativo di estirpare il "marcio" dalla sua terra. Sa che non troverà ad attenderlo la gloria, né può sperare in un avanzamento di carriera: quando decidi di combattere il male in prima linea, devi mettere in conto solo i danni collaterali. A pagare le conseguenze del suo zelo, infatti, sono la moglie Anna (Francesca Beggio), pediatra, e il fratello minore Marco (Glen Blackhall), carabiniere di leva.
Priva di qualsiasi buonismo e spoglia di ogni retorica, Il clan dei camorristi sembra quasi un'istantanea: cattura lucidamente l'essenza della piaga della Camorra pur senza innalzare sull'altare del martirio chi tenta di combatterla.
Il crescendo di violenza e ingiustizia non si ferma davanti ad alcun ostacolo: la sete di potere di 'O Malese spezza i nemici, elimina i testimoni, sostituisce le pedine politiche fino a vendere la sua stessa terra al miglior offerente. La speculazione edilizia e il commercio dei rifiuti tossici gli permettono di raggiungere un grado di controllo inimmaginabile. L'arroganza, però, ha conseguenze inaspettate e l'abnegazione quotidiana di personaggi dalla caratura morale di Esposito riesce a minarla, seppure a piccoli e dolorosi passi.
Brutale ma mai estrema, toccante eppure non sdolcinata: questa fiction ha raggiunto un equilibrio perfetto nei toni. Il merito va attribuito ad un sapiente lavoro registico e ad una solida sceneggiatura. Gli interpreti non risultano mai sopra le righe e lo stile sobrio di Stefano Accorsi si riflette nella compostezza dei colleghi con una grazia quasi commovente.