Dopo un lungo tour che lo ha portato a Los Angeles, San Francisco e New York per presentare Il traditore, Pierfrancesco Favino è stato protagonista di uno degli incontri con il pubblico che si è tenuto durante la seconda edizione del Vanity Fair Stories. In quel di Milano, l'attore ha raccontato delle sue avventure recitative in film di produzione americana, della differenza di mentalità, dei suoi primi passi attoriali e dei suoi progetti futuri.
Ma non solo, perchè Favino ha parlato anche di che cosa significhi per lui essere un bravo attore e quanto sia importante la nostra cultura e la raffinatezza dei nostri prodotti audiovisivi. E, tutto questo, è avvenuto nella speranza che Il traditore di Marco Bellocchio, selezionato per rappresentare l'Italia agli Oscar 2020, possa essere selezionato per la categoria di miglior film in lingua straniera.
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Un attore conoscitore del mercato d'oltreoceano
Pierfrancesco Favino è uno di quegli attori italiani che, oltre che nel nostro Paese, è molto apprezzato anche all'estero: infatti, Favino ha lavorato in diverse produzioni di spessore, con film che vanno da Una notte al museo e Le cronache di Narnia: il Principe Caspian a Miracolo a Sant'Anna e Angeli e Demoni, da World War Z e Rush a Rachel e The Catcher Was a Spy. Il fatto che Favino sia così benvoluto anche negli Stati Uniti dimostra che "Non dobbiamo aver paura di pensare di essere meno interessanti o meno capaci di quanto non siamo. Abbiamo la possibilità di portare ciò che loro non hanno e dobbiamo crederci".
Eppure, nonostante il nostro mercato audiovisivo sia minore rispetto a quello americano, riusciamo ad imporci con i nostri prodotti: "Loro sono un'industria privata, fondamentalmente, per quanto riguarda gli investimenti, e può dare meno continuità alle carriere. Da noi ci si può permettere ogni tanto di incappare in quella che è una naturale e umana imperfezione, mentre l'ambiente o una società quotata in borsa te lo perdona un po' di meno. Dal punto di vista delle storie, penso che siamo in grado di creare dei prodotti molto interessanti. Certo è che quello è un mercato mondiale e il nostro è un mercato più ridotto". Nonostante il fatto che sia complicato allacciare rapporti profondi e duraturi in un'industria come quella americana così diversa dalla nostra, Favino è riuscito ad inserirsi molto bene: "È complicato avere rapporti, tra le differenze c'è anche l'idea del lavoro che è una cosa un po' diversa. Noi abbiamo queste belle famiglie che si creano sui set. Tuttavia, ho avuto la fortuna di incontrare persone con cui sono riuscito a mantenere dei rapporti nel tempo: per esempio, Ron Howard e Tom Hanks sono persone con cui ho un buon rapporto".
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Il provino per Bellocchio
Tornando a Il traditore, l'attore ha dimostrato di tenere molto al film di Marco Bellocchio e di aver voluto interpretare il personaggio di Tommaso Buscetta fin da subito: "Stavo lavorando con Gabriele Muccino, stavamo girando A casa tutti bene e di notte mi preparavo per il provino, perché volevo assolutamente essere in questo film. Il 26 settembre del 2017 mi presento, grazie al permesso da parte della produzione per fare questo provino, e mi ero preparato con i controfiocchi. Vado lì, faccio le mie scene, con Bellocchio che mi dice che va bene e scompare.
Dopo di che ho saputo che stava vedendo altri attori e, quindi, faccio una cosa che non ho mai fatto: dopo aver finito il film di Gabriele, prendo il coraggio a quattro mani e vado a bussare alla sua porta, entro, tentando di mettere su una faccia convinta e, con una grandissima insicurezza, gli dico 'Sono io quello che stai cercando'. Gli ho detto anche un'altra cosa (che spero non porti sfiga): 'Io devo vincere l'Oscar e devo farlo con te'. Mi preparo per un altro provino, a novembre, e nel marzo successivo mi dice che mi aveva preso. Io ero convinto di aver fatto meravigliosamente questo provino e durante un'intervista lui ha detto che il primo provino era bello. Insomma, diciamo che per otto mesi mi ha fatto stillare sangue".
Un attore passionale
Durante l'incontro con il pubblico, Favino ha avuto modo di raccontare cosa per lui significhi svolgere il lavoro di attore: "Io penso che uno strumento molto importante che abbiamo è la parola, parlare è quello che facciamo. Se un attore volesse fare solo il suo mestiere penso che ci sia uno spazio, dopo di che però, io penso che chi debba veramente giudicare quel lavoro sono le persone che vanno al cinema pagando il biglietto. Critici e giornalisti hanno sicuramente un loro sguardo, però, per me è molto importante quel rapporto di fedeltà che ho costruito con il pubblico, perché al pubblico - credo che lo abbia capito - mi riesce molto difficile dargli delle sole."
"Ho una grande passione per quello che faccio, era quello che sognavo da bambino, sono riuscito a farlo, ci campo, ci campo una famiglia ed è già molto importante: però, ho un estremo rispetto per chi prende la macchina, magari ha la babysitter, esce, va al cinema, mangia una pizza, tira fuori dalla tasca qualche cosa di importante, e farlo andare a casa scontento la trovo una vera bestemmia. Certo, non sempre si è sicuri del risultato finale, però sono certo dell'impegno che ci posso mettere, è l'unica cosa che dipende da me. E risparmiarmi non fa parte né del mio lavoro, né del rispetto che ho verso le persone".
L'amore per il proprio lavoro
Nel corso della sua vita, Favino ha lavorato sempre sodo per raggiungere il suo sogno, diventare un bravo attore. Tuttavia, per poterlo fare ha dovuto confrontarsi con un padre che aveva un po' timore di vedere suo figlio realizzare una carriera non molto certa: "Da genitore lo capisco, ma faceva delle cose da classico film americano: nel buio veniva a vedere i saggi in accademia e nel buio se ne andava. Più tardi ho scoperto la collezione di articoli che si teneva. La prima cosa che mi aveva detto è che una persona con poco sale in zucca avrebbe fatto questo mestiere e gli ho detto 'Da qualcuno devo aver preso'. Però, in realtà, lui aveva una grande espressione artistica: ma aveva quattro figli e la sua paura di intraprendere una carriera così incerta, l'ha proiettata su di me. Però è stata una grandissima benzina per me. Per tanto tempo mi sono trovato da solo davanti a questa scelta, dovevo dimostrare anche a loro cosa facevo e non lo facevo per schiribizzo o perché non mi andava di studiare legge".
Tra i vari meriti che si possono dare a questo attore, rientra anche il fatto di dispensare i suoi saperi e di prodigarsi per le nuove generazioni "Dirigo una scuola a Firenze che si chiama L'Oltrarno, che è finanziata dalla città di Firenze - ma molto anche da un comune della Valdera, che si chiama Peccioli, che ringrazio enormemente - ed è una scuola a cui io tengo molto. Molto spesso, quando mi si chiedeva 'dove vado a studiare?', avevo la tentazione di dire vai all'estero. In questa scuola, che per i ragazzi è totalmente gratuita, ci sono insegnanti che vengono da tutto il mondo e siamo già al secondo corso. Spero di riuscire ad andare avanti perché penso che sia un'esperienza meravigliosa. Dopo di che, io vengo da una generazione che, forse, non ha avuto il beneficio di avere la generosità delle generazioni precedenti e penso che noi, come generazione, siamo un po' diversi: quindi, mi piacerebbe anche molto riuscire a dare quello che ho imparato a fare".
Tra i vari progetti che lo vedranno prossimamente sul grande schermo, oltre a Padre Nostro di Claudio Noce( che vedrà Favino anche in vesti di produttore) e Gli anni più belli di Gabriele Muccino, c'è anche Hammamet di Gianni Amelio, film in cui darà vita alla figura di Bettino Craxi. In merito alla questione del cambio di fisionomia per interpretare un personaggio, secondo l'attore "Noi abbiamo comprato dall'America un'idea di trasformazione e abbiamo pensato che quella trasformazione fosse più valida di quello che invece a noi appartiene culturalmente di più, cioè il travestimento. La finalità di entrambe è di arrivare all'anima dei personaggi e non è detto che partire da una dinamica interpretativa come quella suggerita dagli americani o dalla cultura americana sia per forza più efficace. Di quanto siamo capaci, invece, lo dimostra la nostra storia del travestimento e dei grandi attori che ne hanno fatto parte. In questo caso c'è un lavoro non dissimile a quello che c'è stato, ad esempio, per L'ora più buia. Ma Craxi è un personaggio che so essere molto presente nella memoria di tutti e che spero possa piacere".
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