Physical, la recensione della serie Apple: allenare la rabbia

La recensione di Physical, serie di AppleTV+ con protagonista Rose Byrne, strepitosa nel ruolo di una casalinga degli anni '80 che scopre il potere dell'aerobica.

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Physical: Rose Byrne in una scena della serie

Se ve lo state domandando, sì, il titolo della nuova serie AppleTV+ fa riferimento proprio a "Let's get physical", brano di Olivia Newton-John, protagonista di Grease, uscito nel 1981. Ognuno dei dieci episodi si intitola (in originale) "let's" qualcosa e l'anno di pubblicazione della canzone è lo stesso in cui è ambientata la storia. Almeno per la sua maggior parte: nella prima scena siamo nel 1986, una donna in un body colorato, Sheila Rubin, sorride davanti alle telecamere. Stacco: la ritroviamo a inizio anni '80 davanti allo specchio, molto meno sorridente e decisamente più arrabbiata. Iniziamo la recensione di Physical con una premessa: questa non è semplicemente una serie sull'aerobica. Così come non è una vera e propria dramedy: sotto i colori fluo e i sorrisi il tono è molto più dark.

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Physical: Rose Byrne in una scena

Creata da Annie Weisman (produttrice di Desperate Housewives - I segreti di Wisteria Lane), Physical poggia tutto sulle spalle toniche di Rose Byrne, che interpreta Sheila. Ex ballerina e attivista politica nei mitici anni '60, la donna ha abbandonato le punte per sposarsi e avere una figlia. Il marito, Danny (lo stand-up comedian Rory Scovel), è un ex hippie che ha frequentato l'università di Berkeley e che ora insegna al college. Gli anni '80 sono tempi duri per i democratici e, nonostante le condizioni economiche non particolarmente floride, Danny lancia una campagna elettorale per fare in modo che, almeno nella sua città (siamo a San Diego, in California), non vinca il reaganismo.

Peccato che il professore sia molto più impegnato a provarci con la sua assistente e affidi tutti i compiti più sfiancanti a Sheila, che deve occuparsi non solo della casa e della figlia Maya, ma anche di raccogliere firme, trovare fondi, ingaggiare una troupe per uno spot. Schiacciata dalla rabbia, dalla frustrazione e da disturbi alimentari (ha la fissa per la magrezza che sfoga con la bulimia), la donna è una bomba pronta a esplodere. Fuori è bellissima, sfoggia un sorriso abbagliante e capelli voluminosi che sembrano avere vita propria. Dentro è un buco nero di cattiveria e autodistruzione: ha pensieri orribili, odia tutti, se stessa in primis, ha una evidente grassofobia con cui misura i mali del mondo. E noi spettatori possiamo sentire ogni suo terribile (e ingegnoso, va detto) insulto, perché Physical fa dell'abbattimento della quarta parete il suo tratto distintivo.

Cosa resterà degli anni '80?

Ormai lo diciamo da tanto tempo: non riusciamo a liberarci degli anni '80. La moda, la televisione, il cinema e la musica non riescono a non tornare sempre lì, come se, dopo tanto girovagare, fosse il salotto di casa in cui ci aspettano parenti e una tavola imbandita. C'è qualcosa di quel decennio che continua a ossessionarci: il culto del corpo, la cultura del divertimento, la sensazione che tutto fosse più bello, ricco e vaporoso. Almeno in America. Questo immaginario continua a sedurci. Eppure è anche il decennio in cui è esploso il consumismo più sfrenato, in cui l'immagine è diventata sostanza, la libertà sessuale ha dovuto fare i conti con l'AIDS ed è caduto il Muro di Berlino. Un decennio pieno di contraddizioni. Ma non importa: basta sentire le note di Let's get physical per farci fregare immediatamente dalla nostalgia.

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Physical: Rose Byrne in un'immagine della serie

Sheila Rubin incarna perfettamente lo spirito di quel tempo: ha studiato all'università, ha assaporato la libertà degli anni '60, ma non è riuscita a emanciparsi dall'idea che una donna debba prima di tutto essere moglie e madre. Dentro di lei però c'è un'energia incessante, che, se non incanalata, la porta a fare del male a se stessa e a immaginare morti atroci (per fortuna solo nella sua testa) di tutte le persone che conosce. È forse per questo che si sente irresistibilmente attratta dal centro commerciale della città: per il marito è una cattedrale del capitalismo, per lei contiene tutti piaceri proibiti. Cibi pieni di calorie e soprattutto le lezioni di aerobica di Bunny (Della Saba). In quella stanza con gli specchi alle pareti, zuppa di sudore, Sheila è finalmente padrona di sé, del proprio corpo e soprattutto della propria mente. Ed è qui che le viene l'idea: perché non diventare lei stessa un'insegnante di aerobica? E perché, visto che è la sua ossessione, non trasformare questa professione in una miniera d'oro, girando un video da mettere su VHS?

Rose Byrne è strepitosa

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Physical: una scena con Rose Byrne

Physical ci porta nella testa di Sheila e non è un'esperienza piacevole. Vivere con tutto quel disagio in corpo è terribile. Eppure, guardando chi le sta intorno, la situazione non migliora: anche la vicina di casa Greta (Deirdre Friel) si sente inadeguata e, al contrario della protagonista, mangia per due . Il marito è un bambino insicuro. Perfino il suo rivale politico, il repubblicano John Breem (Paul Sparks), tutto casa, chiesa, famiglia e valori tradizionali è infelice. Tutti combattono tra la percezione che hanno di se stessi e quello che vedono gli altri. E questa frattura li fa letteralmente impazzire. Se però in un uomo essere aggressivo e arrabbiato è quasi un valore, per una donna è disdicevole, brutto, volgare. Ogni poro della pelle di Sheila trasuda rabbia. Per non implodere fa la cosa più sensata per una casalinga degli anni '80: capitalizzarla. Il suo corpo, unica cosa per cui viene valutata, diventa quindi una fonte di potere. Non è tanto un viaggio di liberazione il suo, quanto di consapevolezza: se la sua natura la porta a essere un buco nero di rabbia e frustrazione, almeno che questa oscurità diventi un successo.

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Physical: una foto di scena

Il personaggio creato da Annie Weisman non è facile: è una donna ipocrita, meschina, spesso inutilmente cattiva. Una volta ascoltati i suoi pensieri è difficile affezionarsi a lei e volerle bene. In una parola: è umana. Se potessimo sentire i pensieri di tutti (e anche i nostri) ad alta voce, sarebbe davvero difficile continuare a frequentare la maggior parte delle persone che conosciamo. A farsi carico di questo ruolo così difficile è una Rose Byrne bravissima: il suo volto è una maschera a volte tragica a volte patinata, così come il suo corpo, che sembra instancabile, pieno di energia e allo stesso tempo costretto, ingabbiato dal cattivo gusto nel vestire e dalle insicurezze. È grazie a lei che la serie funziona, continuando a incuriosirci, anche se questa donna probabilmente non la vorremmo come amica. Alla regia del primo episodio c'è Craig Gillespie che dopo Lars e una ragazza tutta sua, Tonya e Crudelia continua a esplorare il disagio di donne e uomini che si percepiscono in un modo ma si vedono diversi. Un viaggio difficile e faticoso, ma che prima o poi bisogna fare se non si vuole impazzire.

Conclusioni

Come scritto nella recensione di Physical, la serie Apple creata da Annie Weisman è un viaggio all’interno della mente di una casalinga disperata anni ’80, che decide di capitalizzare la propria rabbia diventando una guru dell’aerobica. Spiazzante e dall’umorismo nero, tutto si poggia sulle spalle toniche e versatili di Rose Byrne, a una delle sue prove migliori, che si misura con un personaggio sgradevole e non facile da interpretare.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
5.0/5

Perché ci piace

  • Rose Byrne dà una delle sue prove migliori.
  • Se amate gli anni ’80 Physical ne è un concentrato.
  • L’umorismo cattivissimo.

Cosa non va

  • La sgradevolezza della protagonista potrebbe mettere in difficoltà qualche spettatore.