Da quando i servizi streaming come Netflix e Amazon hanno iniziato a proporre al pubblico le proprie produzioni, tanto è cambiato nel mondo della serialità, sia in termini di varietà e coraggio dei contenuti, con l'abbattimento dei generi tradizionali rigiri e definiti, sia per quanto riguarda tempi e modalità della diffusione di nuove produzioni, con l'affermazione di un'abitudine come il binge-watching. Aspetti di cui abbiamo avuto modo di parlare con Michael Chernus e Kurtwood Smith in quel di Berlino, in occasione della presentazione della serie Amazon Patriot al festival tedesco.
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Argomenti che sono venuti fuori spontaneamente nella nostra chiacchierata, perché Patriot è una serie in cui questa spinta verso la nuova televisione e la totale immersione nella cosiddetta Golden Age of Television è quantomai evidente: l'autore Steve Conrad è stato infatti abilissimo a definire un tono unico per il suo show, perfettamente bilanciato tra spionaggio e commedia, con una costruzione narrativa intrigante che la rende una delle migliori produzioni degli ultimi tempi nel seguire le (dis)avventure del suo protagonista, l'agente sotto copertura John Tavner interpretato da Michael Domantay.
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Costruire Patriot
È stato difficile bilanciare l'elemento da commedia in Patriot? Come sapevate fin dove vi sareste potuti spingere?
Kurtwood Smith: Ci siamo affidati allo script e l'abbiamo interpretato com'era. Il tono era già lì, è nel testo di Steve.
Michael Chernus: È una domanda interessante perché il tono di Patriot è tutto, così specifico e così difficile da inquadrare, perché va contro i generi e le categorizzazioni. Ma è del tutto dipendente da Steve Conrad in quanto scrittore, regista e showrunner, da come aveva in mente questa serie fin dall'inizio. Non lo dico in senso dittatoriale, ma nella sua consapevolezza profonda di come sarebbe dovuta essere che gli ha permesso di guidarci nel modo migliore.
Avete avuto libertà nel costruire i vostri personaggi?
Kurtwood Smith: Credo che fosse tutto definito sin dalla sceneggiatura, ma la sensazione è stata di avere libertà. Nessuno ci ha mai detto "deve essere così", per esempio, ma se ci si limitava ad interpretare il tutto così come era, che è quello che Steve desiderava, tutto veniva fuori alla perfezione e in modo naturale. Perché solo in un modo avrebbe potuto funzionare.
Michael Chernus: Esattamente, sono d'accordo! Credo molto nella libertà all'interno dei binari definiti dallo script. Steve ha definito dei confini molto ben delineati all'interno dei quali ci saremmo potuti muovere, a tra essi avevamo una gran libertà d'espressione, sulla sfumatura da dare a una battuta, sul come reagire a qualcosa. È liberatorio affidarsi alle mani sicure di chi sa cosa vuole.
È passato del tempo da quando avete girato il pilot rispetto a quando siete tornati sul set per gli episodi successivi. È stato difficile immergervi nuovamente nel mondo di Patriot?
Michael Chernus: È stato sorprendentemente facile e credo che sia un ulteriore merito di Steve Conrad e del modo in cui la serie è scritta.
Kurtwood Smith: Non è stato difficile, inoltre il materiale del mio personaggio era più interessante quando siamo tornati sul set, per quanto la serie sia tutta interessante, nel suo complesso.
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Il tono e la musica di Patriot
Patriot è una serie molto peculiare. Come vi è stata descritta da Conrad quando vi è stato proposto il ruolo?
Kurtwood Smith: Avevo letto lo script del pilot prima di parlare con Steve, quindi avevo un'idea piuttosto chiara di quello che stava cercando di realizzare, anche in termini di stile narrativo. Era tutto molto chiaro fin dall'inizio. Quando si è abituati a leggere così tante sceneggiature, come capita a me e Michael, ci si abitua a capire fin da subito questi elementi, ed in questo caso specifico era un aspetto che emergeva in modo evidente.
Un elemento molto interessante della serie è quello musicale, in termini di score oltre che nelle canzoni interpretate da Michael. È un aspetto che vi era chiaro già durante le riprese?
Kurtwood Smith: Penso che io e Michael abbiamo punti di vista diversi su questo aspetto. Non ho molto a che fare con la musica della serie, il mio personaggio non è nemmeno coinvolto in sequenze in cui questa è predominante, quindi per me è stato un bonus quando ho visto il pilot completato.
Michael Chernus: Non sono coinvolto in prima persona nelle canzoni della serie, ma è un aspetto che mi ha colpito fin da subito. Quando ho accettato il ruolo, per esempio, Steve mi ha mostrato la sequenza dei titoli di testa, con i ragazzini che giocano, che vanno in bici, la pecora, il tutto con quella fantastica canzone di Jennifer Vashti Bunyan che ho amato subito. Vedere quelle immagini con l'accompagnamento di quella canzone che già conoscevo, mi ha fatto capire subito il tono che avrebbe avuto Patriot e come Steve aveva in mente di presentarla. E non ci è riuscito solo con le canzoni che canta John nel contesto della serie, ma con l'uso della musica e delle canzoni che sono in sottofondo, che sono usate in modo molto cinematografico. Ha il sapore della colonna sonora di un grande film.
Kurtwood Smith: A questo proposito, trovo che sia proprio la musica di sottofondo ad essere incredibile, ti mette nelle condizioni di pensare che la situazione può virare verso la commedia da un momento all'altro. Mi ha fatto venire in mente il tipo di musica che usa Alexander Payne nei suoi film.
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Patriot e il futuro, della serie e della TV
Che ci potete dire dell'evoluzione dei vostri personaggi e della trama nel corso di tutta la prima stagione?
Michael Chernus: Per quanto riguarda John, quello che gli accade continua a crescere di intensità, finendo sempre più fuori controllo. Il mio personaggio, invece, si ritroverà sempre più coinvolto negli aspetti spionistici della serie. E vedremo molto di più del personaggio di Dennis McClaren, conosceremo qualcosa del passato del Leslie Claret di Kurtwood e capiteranno un po' di cose interessanti alla detective del Lussemburgo, che cercherà di risolvere il crimine.
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Kurtwood Smith: Attraverso di lei vedremo molto più del mondo della polizia in cui è coinvolta.
Che ne pensate della crescita di servizi streaming come quello di Amazon? Che rappresenta in termini di libertà per voi artisti e nel definire le abitudini degli spettatori?
Michael Chernus: Lo trovo estremamente stimolante, ho fatto una serie di lavori in questo settore, un paio per Netflix, e lo trovo incredibile. Ti permette anche di essere più libero, non sei costretto a lavorare dieci mesi ad una serie perché hanno una programmazione delle riprese molto più compatta che permette di lavorare anche ad altri progetti per cinema e teatro. E credo anche che ci sia più coraggio, più volontà di rischiare, un po' come ha fatto HBO per anni, con materiale più ricco ed il tentativo di espandere il concetto di televisione. Per esempio ho lavorato ad Easy per Netflix ed ogni episodio è autonomo, quasi una serie antologica, ed è qualcosa di molto diverso da quanto avrebbero fatto NBC, ABC o gli altri network tradizionali.
Kurtwood Smith: In più c'è il binge-watching, lo sfruttamento di questa tendenza ad immergersi nella visione da parte degli spettatori, un'abitudine che in tanti già avevano registrando e guardando più episodi insieme. Ed ha perfettamente senso permettere alla gente di guardare una serie tutta insieme, io stesso mi sento frustrato quando mi capita di dover aspettare tra un episodio e l'altro, come quando arriva una nuova stagione de Il trono di spade.