Anche l'orrore può essere una tradizione di famiglia e NOS4A2 ne è una conferma: la nuova serie disponibile dal 7 giugno su Amazon Prime Video è infatti tratta dall'omonimo romanzo di Joe Hill, pseudonimo dietro il quale si nasconde il figlio di Stephen King, che richiama e omaggia tematiche e atmosfere ben note ai lettori del Re dell'horror. A curare l'adattamento in una serie da, per ora, dieci episodi in onda settimanalmente in patria su AMC, è stata la showrunner Jami O'Brien, già scrittrice per altri show del canale statunitense e qui in qualità di showrunner. Abbiamo avuto modo di parlare direttamente con lei di questo complesso adattamento (potete leggere le nostre impressioni sulla serie nella nostra recensione di NOS4A2), facendoci raccontare l'approccio al romanzo e le scelte fatte per portarne su schermo storia e personaggi, dall'inquietante Charlie Manx di Zachary Quinto alla protagonista femminile Vic McQueen di Ashleigh Cummings.
NOS4A2, dalla carta allo schermo
Come hai lavorato all'adattamento?
Come prima cosa ho letto il libro! [scherza] Mi sono innamorata dei personaggi e ho iniziato a pensare a quale fosse il modo migliore per rendere quello che è un romanzo meraviglioso in una serie di lunga durata. Come primo passo, ho fatto in modo che i personaggi si incontrassero prima, che entrassero a far parte dello stesso mondo in modo da avere scene di loro insieme, perché sentivo che ne avevamo bisogno per la serie, mentre nel romanzo non si incontrano per un bel po'. Questo e altri piccoli ritocchi qua e là per ottimizzare al meglio il libro.
Adattare il libro di Joe Hill è stata una tua idea?
Stavo lavorando a un'altra serie AMC, Hell on Wheels, che era in conclusione e proprio al party di fine lavorazione una produttrice esecutiva della rete, Emma Miller, mi ha chiesto se avessi letto un libro chiamato NOS4A2 di Joe Hill. Non avevo letto quello, ma conoscevo Locke & Key di cui ero fan. Allora le ho detto di darmi il tempo di dargli un'occhiata e mi ha risposto di farle sapere che ne pensassi perché avevano i diritti per adattarlo. L'ho letto quel week-end e l'ho amato. La cosa buffa è che la protagonista Vic McQueen è di Harverhill in Massachusetts, che è una ventina di chilometri da dove sono cresciuta e mi è sembrato subito di conoscerla, di conoscere quella famiglia e quella cittadina. Mi ci sono trovata subito in sintonia e ho pensato di poterci lavorare. È da lì che siamo partiti.
Cosa ti è piaciuto di quella famiglia?
Mi piacciono le sue dinamiche complesse. Hanno tante difficoltà, hanno problemi di soldi, ci sono delle dipendenze in casa, c'è violenza, ma ciononostante si amano. In particolare mi ha attratto il rapporto padre/figlia, non ne ho mai visto uno raccontato con tale onestà. L'ho trovato vero, perché nella realtà la gente non è mai totalmente buona o totalmente cattiva, non ci sono eroi o villain, le cose sono più complesse e ci tradiamo e amiamo tutto il tempo.
Come hai sviluppato il personaggio femminile?
Va detto che è anche la protagonista del romanzo, quindi avevo la strada spianata. Come ho detto ho sentito di conoscerla e sono partita da lì, cercando di essere il più onesta possibile su come sia essere una persona creativa in un luogo che non supporta questa attitudine, come sia sentirsi un estraneo nella propria città, che credo sia qualcosa con cui molti possono entrare in sintonia. Ho cercato di entrane nell'animo di questo personaggio e raccontare la sua storia meglio che potessi.
C'è la storia familiare e c'è ovviamente la componente horror, come descriveresti la serie?
Di solito ne parlo come un horror soprannaturale con una dramma familiare al cuore della storia. È complesso e penso che Vic ne rappresenti bene l'anima, come un ponte tra un family drama e una horror soprannaturale, perché ha entrambe queste componenti dentro di sé: sta affrontando la sua maturazione come individuo, ma allo stesso tempo sta scoprendo i suoi poteri. E penso che i momenti più riusciti della serie siano gli episodi in cui riusciamo a tenere in perfetto equilibrio questi due aspetti.
Hai detto che Pinocchio è un'ispirazione per la serie...
Mi è stato chiesto se Christmasland mi ricordava il paese dei balocchi di Pinocchio e ho detto di sì perché mi ha preso un po' alla sprovvista, ma l'ispirazione per la storia non è altro che NOS4A2 di Joe Hill. Ma a ripensarci c'è un parallelo, penso per esempio alla sequenza del Pinocchio animato Disney in cui i ragazzini vengono portati nel paese dei balocchi e trasformati in asini, che credo sia una delle cose più spaventose che abbia visto da ragazzina. E si può trovare un certo parallelismo con la Christmasland della serie, in cui i ragazzini vengono portati. Ma ci sono riferimenti anche ad altre fiabe, così come a storie come Sleepy Hollow o Beetlejuice.
E come avete immaginato i luoghi, come il ponte che vediamo nella serie?
È tutto nel libro. Joe Hill è cresciuto nel New England, in Maine, e ponti coperti di quel tipo erano molto comuni da quelle parti, anche se sono molto vecchi e tanti di essi sono spariti. Anche io sono cresciuta da quelle parti e ricordo un ponte a Jackson, nel New Hampshire, che mi è venuto in mente leggendo il libro ed è l'immagine a cui sono tornata mentre lavoravamo alle scenografie per la serie. Quando Joe l'ha visto ne è stato entusiasta, perché era esattamente il tipo di immagine che aveva in mente anche lui.
Quindi Joe Hill vi ha aiutati con gli script?
Ha letto tutto, è venuto sul set un paio di volte, ha visto il girato e ci ha supportati in tutti i modi possibili, dandoci dei feedback lungo la lavorazione. È stato prezioso!
La storyline della prima stagione che porzione del libro copre?
Più o meno un terzo, quindi abbiamo materiale per andare avanti in caso di rinnovo.
E quanto vi siete mantenuti fedeli al libro, avete cambiato molto a parte l'aver fatto incontrare prima i personaggi?
Ho cercato di restare fedele a quello che penso sia lo spirito del romanzo e dei personaggi. Una delle cose che amo di Joe Hill è che si tratta di uno scrittore molto sintetico. Ci sono casi in cui una frase o due riflettono un cambiamento radicale per Vic, che ti fanno capire immediatamente quello che è accaduto dentro di lei. Quando trovavo casi del genere nel libro mi veniva da pensare "oh, qui ci potrebbe essere un'intera stagione!" Quindi ci sono dei punti del romanzo che abbiamo espanso, perché sentivo che ci potesse essere spazio per farlo. D'altra parte avevamo dieci episodi a disposizione per poter fare questo tipo di approfondimento. Allo stesso modo ci sono altre porzioni di storia che abbiamo compresso.
Il metodo produttivo AMC
La serie è stata ordinata sulla base degli script, è qualcosa di insolito?
Credo stia accadendo sempre di più, mi è capitato di lavorare ad altre serie in cui invece di realizzare un pilot si è scelto di mettere insieme un team di scrittori e produrre quante più sceneggiature possibili per capire se ci fosse la base per farne una serie o meno, piuttosto che basarsi su un episodio.
Pensi che sia un modo migliore di lavorare?
Penso che abbia vantaggi e svantaggi. Hai più materiale a disposizione quando inizi le riprese, che è ottimo, ma penso che ciò che viene a mancare sia la possibilità di vedere gli attori interagire tra loro, quella consapevolezza che alcuni di loro funzionano bene insieme e che ci sia margine per dargli maggior spazio. Per fortuna nella nostra serie sono tutti fantastici e molto in sintonia gli uni con gli altri, quindi non è stato un problema per noi, ma a volte il lavoro stesso sul set può influenzare in modo positivo il processo di scrittura e con questo modello produttivo lo si può fare meno.
Quanto tempo ci è voluto per realizzare la serie, da quando è stata ordinata fino a fine lavorazione?
Credo che abbiamo iniziato a lavorare agli script due anni fa, quando ero ancora impegnata con un'altra serie AMC, Fear the Walking Dead, quindi mi ci mettevo nei fine settimana. Poi la serie è finita, io ho terminato il mio script e ci siamo ritrovati nella writers room dove abbiamo sviluppato il lavoro successivo per sedici settimane. Lì abbiamo definito quale sarebbe stato il cuore della stagione e abbiamo scritto sei dei dieci episodi previsti. Poi abbiamo aspettato di conoscere la risposta di AMC e per fortuna è stata positiva, così siamo passati alla fase successiva, abbiamo stabilito che avremmo girato in Rhode Island, dove siamo stati sul set per sei mesi, e siamo ancora in post-produzione [l'intervista è stata realizzata a inizio aprile], stiamo ancora completando gli effetti visivi degli ultimi episodi, quindi dall'inizio a quando finiremo possiamo considerare due anni e mezzo.
Da quel che sai, quando si lavora per dei servizi streaming l'impostazione è diversa?
Ho lavorato a lungo per AMC e sono piuttosto rodata sul loro sistema, ma non mi è mai capitato di lavorare per Netflix o Hulu, per esempio, quindi non sono sicura di come procedano. Ho lavorato per Starz, che ha un sistema simile ad AMC: per loro ho lavorato a due serie che avevano un processo del tutto simile a quello che abbiamo affrontato qui, ma so che molti stanno scegliendo di lavorare in questo modo ultimamente, con questa mini-writers room rispetto alla realizzazione di un pilot.
A cosa attribuisci il successo di serie come Stranger Things o Dark?
Penso che la gente sia spaventata da ciò che accade nel mondo e l'horror è un genere che è sempre stato molto popolare. I film di Stephen King sono sempre piaciuti, ma oggi il mondo è un luogo spaventoso e credo ci sia una certa soddisfazione nell'affrontare la paura in un luogo sicuro.
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La storia e i personaggi di NOS4A2, tra dramma e umorismo
Qual è la cosa principale che ti ha attirata di questa storia?
I personaggi, decisamente. Vic McQueen, Chris McQueen, Linda McQueen, Charlie Manx, Bing Partridge e Maggie Leigh.
Come hai scelto gli attori che li avrebbero interpretati?
La maggior parte di loro hanno fatto un provino, con l'eccezione di Zachary Quinto che interpreta Charlie Manx. Per Vic abbiamo visto un gran numero di giovani attrici, tra cui Ashleigh Cummings. Non conoscevo il suo lavoro, ma quando è arrivata ci ha lasciati senza parole e sono contenta che ci sia riuscita perché nella serie è fenomenale.
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Quando hai iniziato a lavorare allo script, avevi già un'idea di come sarebbe apparso Charlie Manx?
Direi di no. Avevo qualche indizio sulla base delle immagini della graphic novel, ma il look che ha nella serie è frutto della collaborazione tra me, Zachary, Kari Scogland e il nostro eccezionale esperto di effetti visivi, Joel Harlow, che è un artista incredibile. Tutti insieme abbiamo discusso molto di come sarebbe apparso Charlie Manx.
Hai dato dei riferimenti agli attori per i personaggi e le atmosfere?
Prima di tutto il romanzo, che hanno letto tutti. Poi c'è la graphic novel che è una specie di supplemento al libro, scritta sempre da Joe e intitolata The Wraith, e racconta la storia di Charlie Manx e quindi è stata una risorsa preziosa per Zachary. Con il regista ho parlato di diversi film come riferimento visivo, molte cose ambientate nella zona di Boston, The Fighter che è nella stessa area visto che è ambientato a Lowell. Cose del genere per dare un'idea delle dinamiche familiari e l'atmosfera del luogo.
La storia è molto cupa, ma non manca l'umorismo. Come sei riuscita a ottenerlo?
La situazione familiare è difficile, ma noi che veniamo da quella regione sappiamo che è gente con un gran senso dell'umorismo. Chris McQueen è una persona divertente, così come lo è Linda e in generale direi che i McQueen siano persone con un buon senso dell'umorismo: quando non urlano l'uno contro l'altro, riescono a essere divertenti, magari con una specie di umorismo nero. Sono persone di spirito. Trovo molto divertente anche il confronto tra Charlie Manx e il mondo reale. C'è un fondo di assurdità che mi soddisfa, come quando deve comprare del deodorante ed è costretto a interagire con il commesso. Anche il personaggio di Bing cresce molto nel corso della stagione ed è molto divertente vederlo insieme a Manx, spaventoso e divertente allo stesso tempo.
Anche questo l'avete ereditato dal romanzo?
Assolutamente. Il libro di Joe ha un suo senso dell'umorismo e credo fosse importante mantenerlo, proprio perché si affrontavano temi molto cupi. Era importante mantenere un modo per ridere di questa cupezza.