Oppenheimer vs. Napoleon: l’ossessione per l’immagine in due biopic a confronto

Napoleon di Ridley Scott e Oppenheimer di Christopher Nolan sono due film che dimostrano come sia necessario guardare al cinema per svelare il meccanismo di un mondo che ci ha imprigionati nel culto dell'immagine.

Oppenheimer vs. Napoleon: l’ossessione per l’immagine in due biopic a confronto

Due dei titoli più importanti provenienti da oltreoceano (seppur frutto della mente di due registi europei), e arrivati qui da noi nel 2023, ci hanno dimostrato ancora una volta le potenzialità del biopic, in quanto genere cinematografico in grado di prestarsi a molteplici usi. Soprattutto, quando si vuole riflettere sul contemporaneo. Anche nel momento in cui al centro delle pellicole ci sono storie di personalità che hanno occupato dei posti, seppur di rilievo, ormai passati e superati. Insomma, appartenenti alla Storia. Con le dovute distinzioni dei casi specifici, ovvio.

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Oppenheimer: un'immagine

Parliamo di Napoleon di Ridley Scott (qui la nostra recensione), un kolossal che ha confermato la capacità del cineasta di South Shields di manovrare affreschi storici per parlare del presente, e di Oppenheimer (qui la nostra recensione), una prima volta estremamente efficace per Christopher Nolan in materia di analisi narrativa di vite, diciamo, illustri. Ciò è stato reso possibile, in Napoleon, dalla classicità del personaggio, che evoca tematiche sempiterne come quelle legate alla figura del condottiero, e nel secondo dal racconto dell'eredità di un mondo che in un certo senso si è venuto a creare proprio per le azioni del protagonista, e che ne ha quindi assunto il volto, nel bene e nel male. Un mondo con cui facciamo i conti ancora oggi.

Il culto dell'immagine: Napoleone vs. Oppenheimer

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Napoleon: Joaquin Phoenix in una scena del film

Entrambi i personaggi ed entrambi i film vedono però la loro comune capacità di parlare del contemporaneo legata ad un comune fil rouge che si chiama "ossessione per la propria immagine". Sia Napoleone che Oppenheimer in queste pellicole riflettono, infatti, da prospettive differenti, un culto dell'immagine che rispecchia l'Occidente contemporaneo, quella parte giusta del mondo dove le democrazie capitaliste prosperano. Ridley Scott e Christopher Nolan si fanno testimoni e a loro modo ci redarguiscono sulle criticità più tossiche di questo aspetto che ormai riguarda (in piccolo) tutti noi. Come? Presentandoci due personalità in grado di proporre le suddette tossicità sul grande schermo, centomila volte amplificato.

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Napoleon: il Napoleone di Joaquin Phoenix lancia l'assalto sul campo di battaglia

Il Napoleone con il volto di Joaquin Phoenix, grazie anche ad una enorme manipolazione (cosa per cui Ridley Scott è stato notevolmente criticato, i quali hanno evidentemente dimenticato il suo modo di approcciarsi al cinema storico), assume la forma di un dittatore che si preoccupa di apparire al popolo al pari di Cesare, dopo aver preso a cannonate le immagini dei Faraoni. Non solo, un'immagine che riflette il gioco machista con i suoi avversarsi, ma che nel suo privato è invece un uomo piccolo, tronfio e sgradevole, che si eccita solo quando è dominato dalle sue donne. Per dirla in breve: un Bonaparte in versione rockstar con una spada di Damocle sulla testa: dalle aspettative materne alla smania di dimostrare il suo valore, nonostante le umili origini.

Ridley Scott e Christopher Nolan: biopic in lotta

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Oppenheimer: Cillian Muprhy in un primo piano

Se è vero che questo meccanismo sia piuttosto rodato quando si tratta di pellicole che parlano di imperatori, generali o monarchi, è invece più fine il lavoro che fa Christopher Nolan. Il Robert Oppenheimer con il volto di Cillian Murphy viene esaltato grazie al solito cinema teorico nolaniano in cui si percorrono più strade concettuali per un ritratto complesso. 'Egli' è un essere straordinario che, dopo aver compiuto il suo atto terribile indossando i suoi "abiti supereroistici", si fa uomo e lotta per la propria percezione futura.

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Oppenheimer: Cillian Murphy in una foto del film

Da questo punto di vista, un titolo che gli si avvicina notevolmente è lo splendido Amadeus di Miloš Forman, anche se Nolan va oltre, utilizzando il 'suo' Salieri come fosse il Lewis Strauss interpretato in modo magistrale da Robert Downey Jr., sviluppandolo nel contraltare perfetto, ossessionato anch'esso dalla percezione della propria immagine futura. Egli diventa quindi metafora della parte offesa del mondo creato da Oppenheimer, ma non per questo meno restio a rivendicare una sua dignità, cercando anzi di prevaricare il suo corrispettivo antitetico. Dunque, due personaggi in lotta per un posto di prestigio, per lasciare un ricordo di sé all'altezza delle loro ambizioni, avendo capito forse prima di tutti, che l'immagine sarebbe diventato tutto ciò che conta.

Una funzione fondamentale? Il cinema

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Napoleon: Joaquin Phoenix durante l'iconica incoronazione dell'Imperatore

La critica cinematografica, checché ne se dica, ha un ruolo necessario nel mondo di oggi perché ha il difficile compito di educare alla lettura delle immagini, in questo periodo storico decisamente pregnanti. Ed è senza dubbio interessante, quanto inevitabile, che sia il cinema ad occuparsi delle tematiche fondamentali, anche per il suo status pop, democratico e trasversale.

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Napoleon: Joaquin Phoenix di fronte alla Sfinge

Lo sa bene Ridley Scott che con un film totalmente improntato allo svuotamento del fascino del male, demolisce Napoleone per demolire allora l'immagine del dittatore e del politico populista. L'immagine del one man show accentratore, quello dai discorsi emotivi, parlando allo spettatore del XXI Secolo per metterlo in guardia, seguendo un presente che sta vedendo sempre più personaggi che utilizzano la propaganda invece del buonsenso. Esimi fautori di una dialettica polarizzante, che tende alla creazione continua di simboli, sigle e bandiere senza contenuto perché senza complessità.

La realtà moderna frutto dell'apparenza

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Oppenheimer: Matt Damon e Cillian Murphy in una scena

E lo sa anche Christopher Nolan, che invece ci mostra l'origine della realtà moderna, in cui tutti siamo messi sotto processo per essere condannati. Come? Non per le nostre azioni, ma per aver distrutto la nostra immagine, diventata improvvisamente il bene più prezioso. Oppenheimer accetta di essere interrogato non per riacquistare un diritto, ma per ritagliarsi la figura del martire e poi andare incontro a quella reintegrazione postuma che invece sua moglie Katherine respinge categoricamente quando si rifiuta di stringere la mano a coloro che li hanno traditi.

E Strauss? Dal canto suo non vuole tanto scendere in politica quanto occupare un posto nella nuova Era per motivi simili a quelli che muovono Napoleone contro il giovane Re di Russia. Del resto, come appariamo e come verremo ricordati diventa la sola cosa che conta. E nessuno più di coloro che operano nell'industria cinematografica, conosce meglio il culto dell'immagine; per questo bisogna passare al cinema quando si vuole svelare il meccanismo di un mondo basato sull'apparenza. Un'apparenza che ci ha imprigionati.