A parte il Marvel Cinematic Universe, il solo progetto di universo condiviso transmediale che è riuscito a farcela è quello del MonsterVerse. Non particolarmente ricco di titoli, a dire il vero, ma forte di un riscontro di pubblico (non sempre di critica) invidiabile. Dal 2014, il MonsterVerse conta quattro film all'attivo, una serie animata, cinque fumetti tie-in e ben otto libri complessivi, senza contare l'arrivo il prossimo anno, in tempo per i festeggiamenti del decimo anniversario del primo Godzilla di Gareth Edwards, di Godzilla x Kong: The New Empire di Adam Wingard, sequel diretto del roboante Godzilla vs Kong e next installment del franchise.
In attesa del lungometraggio che porterà la saga nel futuro, Legendary ha sviluppato per Apple TV+ Monarch: Legacy of Monsters, prima serie live-action del MonsterVerse dedicata invece alle radici dello stesso, soprattutto a quelle dell'agenzia governativa titolare votata alla ricerca e al contenimento dei cosiddetti Titani. Uno show che dimostra ancora una volta il grande capitale della Mela di Cupertino e la "missione qualità" a prescindere dal genere, rivelandosi un progetto vivo ed entusiasmante, forte di una scrittura efficace e di uno spettacolo visivo di caratura cinematografica.
Il trauma della formica
Monarch: Legacy of Monsters è principalmente ambientata nel 2015, appena un anno dopo l'attacco di Godzilla e dei M.U.T.O. a San Francisco. Il giorno passa alla cronaca come G-Day, uno degli eventi più spaventosi e devastanti dell'intera storia umana. Cambia radicalmente anche la percezione dell'Uomo come razza dominante - più formica che Alpha - e tutti i paesi del mondo cominciano ad attrezzarsi per eventuali nuovi attacchi. Godzilla non è più un segreto ma resta appena la punta dell'iceberg, pure se blog e podcast complottisti le etichettano come bufala governativa. Soprattutto nel Pacifico domina la paura, mentre San Francisco si prodiga in una veloce ricostruzione. Nel G-Day, Cate (Anna Sawai) si ritrova faccia a faccia con Godzilla mentre tutto intorno a lei muore o esplode. Questo lascia segni tangibili sulla sua psiche, causandole un disturbo post-traumatico da stress che viene peggiorato dalla scomparsa del padre, ingegnere spaziale dato per morto dopo un tragico incidente aereo in Alaska avvenuto proprio durante l'attacco di Godzilla.
Per radunare le sue cose, Cate viaggia fino a Tokyo, dove risiedeva il padre per lavoro, scoprendo la verità sconcertante della doppia vita del genitore, un'altra moglie, un secondo figlio, Kentaro (Ren Watabe). Poco inclini a conoscersi, i due fratellastri si trovano costretti a collaborare per portare a galla dei misteriosi segreti del padre, a quanto pare legato alla Monarch, agenzia governativa ancora tenuta nell'ombra e a conoscenza d'importanti informazioni su Godzilla, la sua natura, i suoi attacchi. Aiutati dal Tenente Lee Shaw (Kurt Russell) e dall'amica ed esperta di comunicazioni audio May (Kiersey Clemons), i due si imbarcano in un viaggio che cambia per sempre la loro percezione del mondo, andando a scavare nei meandri della storia fino al 1952, nel passato di un giovane Shaw (Wyatt Russell), e nelle radici stesse della loro famiglia.
Dramma, azione e mistero
Nel vero cognome dei protagonisti (che non riveleremo per questioni di spoiler) c'è quell'eredità fondamentale che dà titolo al progetto, quel destino che li spinge a risalire le impervie correnti del mistero per arrivare alla verità. Matt Fraction e Chris Black confezionano una serie appassionante, ben concepita e sceneggiata, forse il prodotto dedicato a Godzilla e kaiju più equilibrato e di caratura drammatica e introspettiva non irrilevante mai apparso finora. Lo diciamo con cognizione, osservando la complessità della struttura narrativa, le diverse line temporali intersecate tra loro e lo scopo del prodotto, che è quello di riempire delle mancanza esplicative correlate alla Monarch e alle sue origini. Il prologo ci riporta a Skull Island nel 1973, durante gli eventi del film di Jordan Vogt-Roberts, si viaggia poi nel 2013 e ci si sofferma nel 2015, fino a tornare al 1952. Un'intelaiatura temporale che mira alla ricostruzione metodica della missione della Monarch, dei suoi fondatori, della sua crescita e della sua corruzione.
Aiutano le ottime e credibili interpretazioni del cast, su tutti un esuberante Kurt Russell come Lee Shaw del presente e un composto ma energico Wyatt Russell come Shaw del passato, entrambi con i dialoghi e le battute migliori della serie. Convince anche la Clemons, in uno dei ruoli commerciali più calzanti per la sua cifra attoriale. Collante essenziale è però il tono di Monarch: Legacy of Monsters, che non deraglia mai fuori dai binari concettuali e dona equilibrio e coerenza al progetto, un drama-thriller amabilmente pop che ha il grande merito di usare con parsimonia e intelligenza gli assi più spettacolari rappresentati dai mostri giganti.
La potenza dei Titani
Sono tanti, sono inediti e sono gestiti terribilmente bene all'interno del tessuto narrativo della serie. E ovviamente c'è anche Godzilla. I Titani sono davvero il fiore all'occhiello della produzione, l'elemento che è piacevole attendere e ancora più appagante ammirare in azione sul piccolo schermo. Il respiro è quello della devastazione cinematografica, dalla Thailandia alle vette innevate dell'Alaska e chissà dove altro ancora, ma è indubbia la dimensione seriale del progetto: lo si vede nella scrittura, nei tempi, nell'utilizzo dei kaiju. Lo scarto mediale è insomma presente, anche se lo show fa di tutto - e quasi sempre bene - per non renderlo evidente. A suo modo rappresenta un unicum nel MonsterVerse, perché al netto di possibili ispirazioni registiche provenienti da Edwards, Dougherty, Roberts o Wingard, in realtà Monarch ha un'estetica e una sensibilità che insieme mischiano e rileggono con carattere diverso tutto il passato del franchise.
Merito della visione di Matt Shakman, qui persino più convincente che in WandaVision e tra le firme più promettenti del futuro commerciale cinematografico, pensando ad esempio che sarà lui a dirigere i Fantastic 4 per i Marvel Studios. Non è soltanto questione d'immagine ma di realizzazione della stessa, perché Shankman sa unire splendidamente tensione, poesia e spettacolo nelle sue inquadrature, lavorando spesso di fino. C'è una sequenza in particolare con Godzilla che è davvero affascinante, per la precisione nel terzo episodio. Ma Monarch è pensata interamente in questo modo, dall'inizio alla fine, dai momenti di controllo narrativo e di approfondimento psicologico a quelli di esplosione e messinscena dell'azione. Fondamentale per il tessuto del MonsterVerse, esteticamente impressionante, concettualmente riuscito. Il ruggito di Godzilla è roboante anche sul piccolo schermo.
Conclusioni
Monarch: Legacy of Monsters è in definitiva una bellissima sorpresa, forte di una scrittura efficace, di una struttura narrativa ben elaborata e di un fattore spettacolarità non indifferente. Matt Fraction e Chris Black confezionano uno dei migliori e più equilibrati titoli del MonsterVerse finora, coadiuvati dalla visione registica di Matt Shakman e dalla credibilità di una cast dove la Russell Family domina comunque incontrastata.
Perché ci piace
- Il tessuto del racconto che scandaglia le origini della Monarch.
- Russell padre e Russell figlio, caratteristi fantastici.
- La regia di Matt Shakman, specie quando "dirige" i Titani.
- È un ottimo modo di riempire i vuoti narrativi lasciati dai titoli cinematografici.
Cosa non va
- Se vi aspettate un Godzilla sempre presente, ricredetevi.