Coppie che nascono, si perdono per poi ritrovarsi senza lasciarsi più; bambini che diventano grandi e grandi che rimangono bambini, cullati dalle note di una canzone rock. Uomini che hanno bisogno di ritrovare pezzi del proprio passato per superare catarticamente la perdita del presente e affrontare il futuro: agenti che si nascondono tra le mura di casa infiltrandosi tra droghe e tossicodipendenza, e giovani che in altre case vivono alimentati da momenti di sballo. Peter Pan imprigionati in corpi di adulti, e adulti rinchiusi in corpi di bambini. È la filmografia di Richard Linklater, una galleria umana giocata sullo scorrere inesorabile del tempo. Uno specchio riverberante l'eterogeneità della nostra società che prende vita con le sperimentazioni più disparate. Dal seguire la crescita del proprio protagonista riprendendolo per un paio di settimane nel corso di dodici anni, alla realizzazione dei propri progetti in interoplated rotoscoping (tecnica che consiste nel girare prima in live-action, per poi ritoccare con animazione grafica digitale e acquerelli ogni fotogramma) il cinema di Linklater è un viaggio all'interno dell'essere umano. lo stesso tipo di viaggio che molti dei suoi protagonisti affrontano per dare una svolta alla propria vita, rivoluzionando il proprio modo di pensare, agire, vedere il mondo, eliminando la patina del ricordo per virare verso l'infinito orizzonte del futuro.
A sessant'anni Richard Linklater non c'è genere che non abbia affrontato, storia umana che non abbia indagato, tecnica cinematografica o narrativa che non abbia sperimentato. Una carriera lunga trentadue anni la sua, che ha portato questo regista nato a Houston il 30 luglio del 1960 a passare con agilità da esordi in Super 8 (It's impossible to Learn to Plow by Reading Books) a grandi progetti indipendenti, fino alle grandi produzioni commerciali, non sempre però riuscite (si pensi al suo ultimo, deludente, film, Che fine ha fatto Bernadette?, come affermiamo anche nella nostra recensione).
Selezionare i cinque migliori film di una produzione così eterogenea e versatile non è impresa facile. Noi ci abbiamo comunque provato. E allora ecco per voi i cinque migliori film di Richard Linklater.
1. BEFORE TRILOGY (PRIMA DELL'ALBA, PRIMA DEL TRAMONTO, BEFORE MIDNIGHT)
Potevamo selezionare uno a uno i tre episodi che formano la famosa Before Trilogy di Richard Linklater per analizzarli singolarmente. Già, potevamo, ma così non è stato, perché slegare un capitolo dai due restanti era come togliere una tessera da un puzzle altrimenti incompleto. O, ancor meglio, un cuore che batte dal resto del corpo. Perché Prima dell'Alba, Prima del Tramonto e Before Midnight, sono tre parti di un unico grande sguardo sull'amore, e sulla sua evoluzione nel corso dei tempi. Il suo nascere, rompersi, ritrovarsi, appassire per poi fiorire di nuovo. E così, l'alba che rischiara i primi veri battiti del cuore (Prima dell'alba), viene sostituita da un tramonto che sa di rinuncia e rimpianti (Prima del tramonto) per poi lasciare spazio a sua volta alla luce lunare della sera, che con gentilezza raffredda i sentimenti di una coppia ormai collaudata (Before Midnight). Quello tra Celine (Julie Delpy) e Jesse (Ethan Hawke) è un giorno d'amore che dura 18 anni. È un rapporto maggiorenne, che ha trovato la propria maturità superando i limiti della distanza, e di altri cuori che battono all'unisono. Tre film in tre decadi diverse, portati sullo schermo a egual distanza l'uno dall'altro (9 anni): in questo iato decennale Linklater riscopre i propri personaggi cambiati, nel volto e nel cuore, perché cambiati sono anche gli attori che prestano loro corpo e anima.
2 BOYHOOD (2014)
12 anni di vita riassunti in 12 anni di film. Unendo perfettamente vita diegetica con quella reale, Richard Linklater con Boyhood condensa in 2 ore e 46 minuti non solo la crescita di Mason Evans, ma anche quella del suo interprete Ellar Coltrane. I rapporti con la madre (Patricia Arquette, premio Oscar nel 2015) le lotte con la sorella e i confronti con il padre (Ethan Hawke) per dodici anni Linklater dirige i propri attori per due settimane, dando vita a momenti critici, quanto pieni di sorrisi e speranza. Collage famigliare, e allo stesso tempo ambizioso esperimento cinematografico, Boyhood si erge anche a testimone silenzioso di un'America che cambia al ritmo del cambiamento del piccolo Mason. È un affresco su cosa voglia dire essere prima bambino, poi adolescente e infine giovane uomo americano: un dipinto filmico fatto della stessa sostanza di cui è fatta la realtà.
Dalla Trilogia a Boyhood: il ritmo della vita nel cinema di Richard Linklater
3. SCHOOL OF ROCK (2003)
Un insegnante fuori dagli schemi, rivoluzionario e antieroico. Una classe disciplinata, che cela dietro sguardi bassi e divise perfettamente stirate, una voglia di diverso e di dare respiro alla propria giovane età. No, non stiamo parlando de L'attimo fuggente, ma di School of Rock, commedia del 2003 diretta da Richard Linklater e capitanata da un irresistibile Jack Black. Svestendosi solo apparentemente di quella introspezione antropologica e sociale che rivestiva le sue pellicole precedenti (e future) il regista si abbandona al suo estro più comico, senza per questo dimenticarsi di parlare di noi stessi, della difficoltà di crescere e diventare grandi. Seguendo il canovaccio stilato negli anni dai film del genere, School of Rock non appesantisce di morale e lunghi, drammatici dialoghi, ma vive di spensieratezza, e tanta musica. Il risultato è un film guardare e ascoltare all'infinito.
La colonna sonora di School of Rock
4. LAST FLAG FLYING (2017)
Perdere un figlio in guerra e superare il tormento del lutto attraverso la vicinanza di due ex commilitoni. È la storia di Larry "Doc" Shepard (uno straordinario Steve Carell) che, rimasto vedovo, decide di salutare per l'ultima volta l'adorato figlio circondandosi di Sal Nealon (un sempre ottimo Bryan Cranston), gestore di un bar in Virginia insofferente alle regole, e Richard Mueller (Laurence Fishburne), ex alcolista, ora pastore di una chiesa. Seduti su sedili di scomodi furgoni, automobili, pullman e treni, quello che intraprendono i tre ex marine è un viaggio tra ricordi sfumati da lacrime e rimpianti. Un viaggio dell'eroe tripartitico, capace di esorcizzare i traumi del passato per superare quelli del presente. La perdita del figlio si tramuta in una tripla palingenesi, raccontata da Linklater in Last Flag Flying con rispettoso silenzio, e sempre a dovuta distanza. Intorno ai tre protagonisti, ecco ergersi un'America in piena crisi, doppio ambientale di Larry e dei suoi ritrovati amici. Non c'è spazio per i sogni. Ora c'è solo il tempo dell'incubo del reale, reso tangibile da un trauma privato pronto a farsi universale e condivisibile. Chiunque può ritrovare nello sguardo basso, colpito ma non affondato di Larry i frammenti del proprio dolore, soprattutto in un'America lacerata tra rappresaglie e guerre combattute chissà poi per chi, chissà poi per come.
5. A SCANNER DARKLY - UN OSCURO SCRUTARE (2006)
Pastiche di carne e digitale, A scanner Darkly intende riproporre in chiave ancora più onirica e oscura la sperimentazione estetica tentata da Richard Linklater nel suo precedente Waking Life. Ripreso dal vivo, e poi trasformato in disegno animato, Keanu Reeves e il resto del cast si fanno testimoni del mondo dello spaccio di stupefacenti e della perdita di se stessi, fino alla caduta nella schizofrenia. Al centro dell'opera troviamo Fred Arctor (Reeves), agente della narcotici nascosto dentro una tuta disindividuante così da infiltrarsi nelle vesti di Bob Arctor in un gruppo di consumatori abituali di Sostanza D, un acido che brucia il cervello e provoca allucinazioni. Con il passare del tempo, Fred/Bob finisce per spiare se stesso, sempre più instabile per l'assunzione della sostanza D. La tecnica qui ripresa ed esaltata nella sua sperimentazione, affine all'esperienza provocata dal consumo di sostanze psicotrope, è perfettamente funzionale alla storia, ispirata all'omonimo romanzo di Philip K. Dick. Ogni fotogramma ripreso in live-action, e ritoccato con il rotoscope, regala allo spettatore il senso di perdita e allucinazione in cui è immerso il personaggio di Keanu Reeves. Memore dell'esperienza di Matrix, anche qui l'attore vive in bilico tra realtà fittizia e al limite del "virtuale", con quella reale. Ogni singolo sguardo, o piccolo dettaglio ritoccato si fa dunque riflesso speculare dell'identità stratificata del protagonista, la cui percezione alterata lo tramutano adesso in Fred Arctor, ora in Bob Arctor e, insieme, finiscono per mescolare, in un perturbante mélange di identità, gli infiniti volti variabili della scramble suite di dickiana memoria.
5 serie tv e film d'animazione realizzati in rotoscope da non perdere