Uno degli obiettivi che la critica cinematografica deve porsi (oggi più di ieri) è quello di cercare di aiutare lo spettatore ad avere uno sguardo più analitico rispetto al testo audiovisivo. Qualcosa oltre il sistema d'opinione bipartisan sempre più in voga, in modo da potergli consentire non solo la comprensione, ma anche un godimento più rotondo rispetto a ciò che vede su qualsivoglia schermo.
Ci sono, per provare ad avventurarsi in un'operazione così ambiziosa, dei film che lo consentono più di altri per importanza dei contenuti, peso del lavoro e impatto sul contemporaneo. È straordinario poter dire che, oggi, nel 2024, uno di questi sia Megalopolis, una pellicola che da tempo immemore è nella testa di un gigante come Francis Ford Coppola.
Per cercare di leggere un titolo del genere bisogna guardare al suo lungo concepimento, alla sua vicenda produttiva e distribuiva, alla vita del genio che l'ha corteggiato per così tanto e all'idea che questo ci presenta del cinema, totale nella misura in cui è espressione di se stesso e, allo stesso tempo, visione del mondo e delle potenzialità del mezzo in quanto tale. Raramente accade che un lavoro possa concentrare dentro di sé una varietà di spunti di riflessione così ampia e preziosa.
La storia dietro Megalopolis
Il primo germe nella mente di Francis Ford Coppola per la concezione di Megalopolis è affiorato - per sua stessa ammissione - da La vita futura di H. G. Welles del 1936, un progetto che aveva l'ambizione di immaginare un mondo alternativo a quello in grande decadimento di quegli anni, riprendendo l'immaginario dell'antica Grecia. Un film bistrattato e soprattutto maltrattato dai vari distributori, che lo hanno messo nel mondo pieno di rimaneggiamenti e cesure. Oggi uno di quei cult eterni.
Il cinema per progettare un'utopia, qualcosa che possa scongiurare un futuro drammatico, significa l'elevazione totale del mezzo, renderlo più grande della realtà stessa. Per Coppola, che ha sempre cercato di amplificare la sua vita attraverso il cinema, un'ovvia folgorazione che va oltre l'evenienza di cimentarsi con il solito "film impossibile". L'inizio del lavoro sulla sceneggiatura è arrivato però solo diversi anni dopo, nel 1978, quando il regista stava girando Apocalypse Now, un altro dei suoi titoli mitici, ed era già uno dei nomi più importanti del panorama cinematografico.
Da lì solo ritardi, storture e impedimenti. Il tempo continuava a passare e Coppola non riusciva a trovare il modo di prendere il toro per le corna e cominciare ad avviare una produzione seria. Questo fino al 2019, quando il cineasta decise di autofinanziarsi completamente Megalopolis, anche se nessuno ormai credeva più all'idea di poter finalmente assistere a questo titolo enorme e misterioso. Una volta portato in anteprima mondiale a Cannes del 2024 il film è stato subito etichettato con un'enorme e ampiamente preannunciabile flop, tanto da avere difficoltà a trovare un distributore che decidesse di crederci, con l'aggiunta di alcuni articoli diffamatori sul cui giudizio soprassediamo in queste sede perché uno spazio di commento neanche lo meritano.
Megalopolis di Francis Ford Coppola è una favola illuminista, contemporanea e potente
L'immagine filmica per ispirare il futuro
Eppure, Megalopolis alla fine è arrivato nelle sale ed è tutto quello che Coppola si era ripromesso dovesse essere: un progetto destinato a lasciare il segno nella Storia del cinema. Una pellicola romantica, visionaria e disperatamente sincera, che ha dentro la vita del suo regista, trasfigurata in una dimensione favolistica che prende dal classico e parla al presente, mischiando mythos e Storia, e sfida il rapporto tra cinema e realtà. Lo fa creando una dimensione in cui il ribaltamento e la conseguente traduzione in chiave filmica del De Catilinae coniuratione serve per esaltare la capacità tutta cinematografica di fermare il tempo, sospenderlo e riavviarlo. Questo è ciò che può renderlo in grado di operare sul reale, fronteggiando il potere economico e politico con quello artistico.
In risposta alla moneta, alla propaganda, al ricatto sociale Coppola ci offre il megalon, materia archetipo del cinema, dal valore straordinario perché nelle mani dell'architetto che lo ha scoperto per salvare l'amore della sua vita e ora lo vuole utilizzare per riscattare il futuro. In questa dimensione, Coppola crea un alter ego più grande di se stesso e, attraverso di lui, amplifica il suo operato e i confini della sua poetica. Nel film c'è la missione per coniugare la dualità commerciale e creativa alla base del cinema attraverso la fondazione dell'American Zoetrope, il dolore e i sensi di colpa per la perdita della moglie (scomparsa un mese prima della presentazione del film dopo una lunghissima malattia) e l'ambizione di poter rappresentare una nuova umanità.
Megalopolis è l'apice di uno studio sul linguaggio audiovisivo lungo un'era, che va da Abel Gance fino al post moderno, passando per i kolossal statunitensi, per Fellini, Fritz Lang e la New Hollywood. Un film-vascello dalle dimensioni titaniche che osa sfidare i confini canonici dell'audiovisivo, uscendo dallo schermo, facendosi uno e trino per poi tornare alla potenza sintetica dell'immagine filmica. Un'immagine in fasce, un'immagine infantile per dirci che il futuro è dentro ognuno di noi, che tutti noi ne siamo portatori e tutto quello a cui siamo destinati è la sua produzione. Solo nostra è la volontà. Questo è ciò che Coppola pensa possa fare il cinema.