Recensione Un amore di testimone (2007)

Il film di Paul Weiland non regala all'innumerevole schiera di marriage-comedy alcuna nota innovativa, ma è un'occasione per vedere Patrick Dempsey nei panni del donnaiolo che finalmente paga le sue colpe soffrendo le pene d'amore.

Matrimonio all'americana

Lo sguardo ammaliatore e il sorriso da sbruffone in sella ad una decappottabile in piena Manhattan, un appartamento da capogiro, un fisico mozzafiato e mille donne che pendono dalle sue labbra: Patrick Dempsey, in arte Dottor Stranamore (dalla serie TV Grey's Anatomy) è l'irresistibile Tom di Un amore di testimone.
Per chi si chieda il perché di questo titolo inequivocabilmente a doppio senso, è presto detto. Tom è uno scapolo d'oro che non vuole legami seri o relazioni fisse ma finisce per innamorarsi dell'unica persona irrinunciabile della sua vita, la sua migliore amica Hannah (Michelle Monaghan). Chiuso dietro a regole di buona condotta da single di ferro, si rende conto di quanto tenga alla sua fedele patner di chiacchiere domenicali solo quando lei parte per un lungo viaggio in Scozia. Deciso a dichiararsi al suo ritorno, si troverà invece davanti allo smagliante sorriso di uno scozzese alto due metri che la sua Hannah gli presenta come fidanzato. Lo shock di Tom per la notizia delle imminenti nozze non è niente al confronto della richiesta di Hannah: "Vuoi essere la mia damigella d'onore?". La proposta della dolce e premurosa amica si abbatte sull'innamorato ed ultra maschilista Tom come un fulmine a ciel sereno. I suoi amici, compagni di basket, poker e ragazzate, lo accolgono all'inizio con spudorate prese in giro, ma poi lo sostengono nel suo piano: accettare l'incarico per stare più vicino a lei e rovinare a tutti i costi il suo matrimonio.

La presunzione e la granitica autostima dell'affascinante amico sarà messa a dura prova, per la prima volta debole di fronte a una donna, si dovrà scontrare con un avversario più duro del previsto, il perfetto fidanzato d'oltremanica Colin (Kevin McKidd, vittima della droga in Trainspotting e senatore nel telefilm Roma). Il colosso si dimostra tenero, affidabile, forte come una roccia e sfacciatamente romantico, oltre ad appartenere ad una delle famiglie più ricche di Scozia di stirpe reale. Sarà dura per Tom convincere Hannah di essere cambiato, proprio a lei che lo conosce meglio di qualsiasi altro, lei che per anni ha ascoltato i racconti delle sue avventure, lei che non riesce a prenderlo sul serio e vuole accanto a sé un uomo di cui fidarsi.

Un amore di testimone è una versione al maschile de Il matrimonio del mio migliore amico, purtroppo però con risultati assai meno lodevoli. L'alchimia tra Julia Roberts e il suo amato amico Dermot Mulroney non è paragonabile al legame della coppia Dempsey-Monaghan, un po' troppo costruito per sembrare reale, ma soprattutto elementi di pura comicità come Rupert Everett e Cameron Diaz non trovano assolutamente un corrispettivo di umorismo in questo film.
Manca una sceneggiatura ben costruita, molti passaggi focali della storia sono arrangiati in soluzioni banali e sbrigative (come il delegare l'espressione di celata sensibilità del protagonista alle sue casuali dimostrazioni d'affetto verso i cani). Il film di Paul Weiland non regala all'innumerevole schiera di marriage-comedy alcuna nota innovativa, è solo un'occasione per vedere Patrick Dempsey nei panni del donnaiolo che finalmente paga le sue colpe soffrendo le pene d'amore. È davvero un peccato che la debolezza della storia smonti irrimediabilmente il valore del film, perché tra regia, fotografia e scenografia c'erano stati molti buoni elementi. La scelta dei colori e delle location (fantastici i paesaggi della Scozia), la fisicità roccambolesca di alcune scene ben allestite e le inquadrature pulite di una romantica New York di domenica pomeriggio.
Tutto è rovinato dallo script, come se fosse entrato di corsa nella navata della chiesa e avesse mandato a monte le nozze tra lo spettatore e il racconto. Non si può sempre finire felici e contenti, di certo non se al cinema si è dal lato sbagliato dello schermo.