Masters of the Universe: Revelation, una miniserie che “tradisce” lo spirito del franchise?

Analizziamo i primi cinque episodi di Masters of the Universe: Revelation, miniserie presa di mira da parte del fandom per alcune scelte narrative.

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Masters of the Universe: Revelation, un'immagine della serie Netflix

In teoria era l'unione perfetta tra franchise e autore: da un lato, Masters of the Universe, linea di giocattoli della Mattel che ha ispirato vari adattamenti audiovisivi, tra cui la celebre serie animata del 1983 e il lungometraggio cinematografico del 1987 (senza dimenticare un documentario sull'intero fenomeno, disponibile su Netflix); dall'altro, Kevin Smith, il fanboy divenuto cineasta che ha costruito gran parte della propria filmografia attorno alla sua passione per la fantascienza e i supereroi (quasi tutti i suoi film contengono almeno una gag su Star Wars, Marvel o DC). E difatti i primi annunci su Masters of the Universe: Revelation sono stati accolti positivamente, anche grazie all'estetica accattivante del progetto e alla presenza di nomi di un certo peso nel cast vocale (uno su tutti, Mark Hamill nei panni del villain Skeletor). Poi, insieme al primo teaser sono arrivati i primi malumori, dettati da una sinossi ufficiale che suggeriva un ruolo ridotto per He-Man, storico protagonista del franchise, e col passare del tempo sono aumentate le critiche nei confronti di Smith e dei suoi collaboratori, rei di aver "rovinato" la saga in nome della correttezza politica. Proviamo a fare il punto su questa nozione, analizzando i primi cinque episodi della miniserie (gli altri cinque arriveranno sulla piattaforma tra qualche mese). N.B. L'articolo contiene spoiler!

Non avere (più) il potere

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Masters of the Universe: Revelation, un'immagine della serie Netflix

C'è da dire che entrambi i trailer di Masters of the Universe: Revelation sono stati un po' ingannevoli, al fine di preservare la sorpresa al termine del primo episodio, che si conclude con la doppia morte di He-Man e Skeletor. Da lì in poi il ruolo principale è affidato a Teela che, aiutata dagli altri alleati del defunto principe di Eternia, deve cercare di salvaguardare ciò che rimane della magia che ha dato vita all'universo, pena la distruzione dello stesso. Una scelta narrativa che è stata accolta in modo negativo da una piccola ma rumorosa percentuale del fandom, per lo più maschile e anagraficamente accostabile a chi era bambino ai tempi della prima serie animata, con diverse lamentele su come Kevin Smith abbia ceduto al politicamente corretto e trasformato il franchise in "She-Man".

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Commenti che, al di là del per nulla velato sessismo che da alcuni anni caratterizza le parti più tossiche di vari fandom (basti pensare a quanto accaduto con Captain Marvel o la trilogia sequel di Star Wars), dimostrano una mancata comprensione del testo originale, altro elemento ricorrente nelle proteste delle cerchie di appassionati "storici" (vedi chi si è lamentato perché c'erano elementi socio-politici in The Falcon and the Winter Soldier, miniserie legata all'universo di Captain America, personaggio nato come propaganda antinazista).

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Masters of the Universe: Revelation, un'immagine della serie Netflix

Teela non è infatti un personaggio casualmente promosso al rango di protagonista, ma già nel 1983 era una delle figure fondamentali del franchise, parte della stretta cerchia di alleati di He-Man insieme a Battle Cat, Man-At-Arms, Orko e Sorceress (quest'ultima la madre biologica di Teela, elemento che dovrebbe entrare in gioco nei prossimi episodi), e guardia del corpo del principe Adam, di cui ignorava la doppia identità. Quest'ultimo aspetto è la base drammaturgica logica su cui costruire la nuova storia dove il gruppo è frantumato e il mondo di Eternia a rischio di distruzione totale. Ed è proprio il gruppo a ritrovare una posizione importante in questo revival, ricordandoci che il nome originale del franchise è Masters of the Universe, mentre solo l'adattamento animato del 1983 dava maggiore importanza a He-Man per quanto concerneva la titolazione. In questa sede si sottolinea quindi l'importanza dell'aspetto corale, dando a ognuno degli altri membri il giusto spazio (e nel caso di Orko, spesso ridotto a macchietta umoristica in altre incarnazioni, un vero e proprio arco narrativo carico di pathos). E per farlo era necessario rimuovere - temporaneamente, in attesa che tornasse dal regno dei morti - Adam/He-Man, presenza a tratti un po' ingombrante.

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Il nuovo maestro

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Masters of the Universe: Revelation, un'immagine della serie Netflix

La nuova miniserie non è solo un sequel spirituale della versione del 1983, di cui riprende fedelmente l'estetica ma adattandola in ottica più adulta insieme al tono generale, più serializzato rispetto alle storie autoconclusive di allora, è anche un connubio di altre proprietà a cui Smith è legato, soprattutto a livello di casting nella versione originale: non è un caso che Teela e Sorceress siano rispettivamente Sarah Michelle Gellar, alias Buffy Summers, e Susan Eisenberg, storica voce di Wonder Woman in varie produzioni animate della DC Comics. Così come non è un caso che alcuni ruoli minori siano stati affidati a volti ricorrenti del cinema del regista, o a pesi massimi del doppiaggio come Kevin Conroy, voce di Batman dal 1992. Le loro presenze sono sintomatiche di una voglia di andare oltre la semplicità della prima serie animata, di esplorare nuovi angoli dell'universo, con uno sguardo più complesso e maturo, evidente nella scelta di cercare di dare un senso alla natura di Castle Grayskull, luogo che gli stessi creatori del franchise riconoscono di aver maneggiato un po' a caso nel corso degli anni (nelle loro intenzioni il look del castello doveva riflettere chi ne detenesse il potere, ma per questioni pratiche rimase fissa l'estetica associata a Skeletor, nonostante lui non riuscisse mai a prenderne il controllo).

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Masters of the Universe: Revelation, un'immagine della serie Netflix

Il che ci porta a quello che, per logiche commerciali di Netflix, è tecnicamente il finale midseason, quello con la vera svolta che cambia radicalmente le carte in tavola: Adam è di nuovo tra noi, ma prima che possa rimettere a posto le cose trasformandosi in He-Man viene trafitto da Skeletor, il quale si impossessa della Spada del Potere e diventa il nuovo maestro dell'universo (una sequenza da brivido, grazie anche al talento vocale di Mark Hamill). Il male vince dopo quasi quarant'anni (e nel primo episodio Skeletor segna il passaggio di consegne uccidendo Moss-Man, doppiato da Alan Oppenheimer che nel 1983 prestava la voce proprio al villain principale), e non ci resta che aspettare i prossimi cinque episodi per sapere se i nostri saranno in grado di riportare il tutto allo status quo iniziale. Ebbene, mentre scriviamo queste righe praticamente nessuno si è lamentato di questo colpo di scena, nonostante comporti una possibile seconda morte di Adam (e forse l'impossibilità che torni a essere He-Man in futuro). Forse perché sotto sotto va bene tifare per il cattivo, soprattutto se ha la voce, per quanto deformata, di Luke Skywalker? Fatto sta che ha poco senso contestare il ruolo di Teela e non quello di Skeletor, perché entrambi fanno parte del medesimo concetto narrativo: restituire la giusta dignità a tutti i personaggi principali di Masters of the Universe, un titolo la cui pluralità sembrava essere finita nel dimenticatoio.