"Da vicino nessuno è normale" diceva un vecchio adagio. Ed è una frase che ci viene in mente vedendo un film molto speciale, Marilyn ha gli occhi neri, diretto da Simone Godano e interpretato da Stefano Accorsi e Miriam Leone. Il film, che esce al cinema il 14 ottobre in 300 copie, è la storia dell'incontro tra un uomo e una donna molto particolari. Clara (Miriam Leone) è una ragazza così brava a mentire che è la prima a credere alle sue bugie, Ma la sua vitalità è così coinvolgente che è capace di trascinare chiunque. Anche Diego (Stefano Accorsi), uno chef che, per i suoi attacchi d'ira e le sue insicurezze, ha perso tutti. E anche tutti gli altri membri del centro diurno che i due frequentano, convincendoli che trasformare la mensa del centro in un ristorante ai primi posti su Trip Advisor... si può fare. Non abbiamo citato a caso queste parole, perché la storia che si muove sullo sfondo ricorda molto Si può fare, il film di Giulio Manfredonia scritto da Fabio Bonifacci. Mentre quella in primo piano è una storia di sostegno e mutuo aiuto, prima ancora che una storia d'amore. Diego e Clara, nel segno di Marilyn (il fantomatico ristorante si chiama Monroe, perché, come dice Clara, è tutto finto, come la famosa attrice che da mora diventò bionda per diventare un mito) insieme riescono, in qualche modo, a superare i propri limiti, le proprie paure, le proprie manie.
Giulia Steigerwalt: Ognuno di noi si può ritrovare in questa storia
La storia di Marilyn ha gli occhi neri, che Simone Godano ha scritto con Giulia Steigerwalt nasce da due spunti apparentemente lontani e diversi fra loro. "Io e Giulia avevamo assistito a una proiezione del nostro film Croce e delizia in un centro per disabili" racconta Godano. "Era una proiezione notturna totalmente gestita da loro: proiettavano il film, facevano gli hot dog, facevano le domande". L'altra storia arriva da più lontano, sembra inventata ma è incredibilmente vera. "Avevamo letto di un ragazzo inglese che aveva perso il lavoro e aveva creato un finto locale in una capanna" racconta il regista. "Conoscendo le logiche di Trip Advisor e del meccanismo dei social media in due mesi, senza aprire, è riuscito a diventare il primo ristorante di Londra. Ha ricevuto 1500 mail di recensioni di persone che avevano mangiato la migliore anatra alla pechinese di Londra. La gente ha bisogno di partecipazione e loro hanno avuto una gratificazione con una partecipazione. Giulia ha messo tutto questo su carta. I nostri sono personaggi veri, a cui ti affezioni, non vanno mai sopra le righe". "Quando ci siamo avvicinati a tutto questo mondo ci siamo resi conto che la malattia mentale e il centro diurno erano come una cassa amplificata nella quale ognuno di noi si può ritrovare" riflette Giulia Steigerwalt. "Ognuno di noi ha le sue stranezze, le sue manie, le sue fragilità, il sentirsi non accettato. La bellezza di accettarsi e amarsi per quello che è veramente importante. Nel momento in cui ci si accetta si può tirare fuori la migliore versione di se stessi".
Simone Godano: Mi sono ispirato a Il lato positivo, Se mi lasci ti cancello e Ubriaco d'amore
Una storia che è tante cose insieme, è dramma, commedia, è forse anche un film romantico, che ha più registri non solo all'interno della storia, ma anche in una stessa scena, aveva bisogno di un tocco molto particolare a livello di regia. Simone Godano è riuscito a dare al film un tocco magico. "Era un film da più registri" ci racconta. "Bisognava trovare un equilibrio nella recitazione. Gli attori dovevano essere veri, sinceri, e sono stati fantastici. Empatizzi con loro e gli vuoi bene". "A livello mio dovevo trovare equilibrio" continua. "Il cambio di registro non è solo all'interno del film, ma anche nelle singole scene. Quegli zoom, quell'entrare nel mondo con le finestre che emanano luci bianche significano qualcosa. Sono stato in un centro diurno: quelle persone sono come bambini che hanno un'estremizzazione delle emozioni. Poi ti immergi in un film e dici: come le racconto? Non volevo far notare la regia, volevo raccontare senza una mia invasione nella storia. I film a cui mi sono ispirato sono Il lato positivo, Se mi lasci ti cancello, Ubriaco d'amore, una storia d'amore tra persone improbabili, ma anche al cinema nordico con la sua ironia nel ritrarre i disagiati: non li prende in giro, ma non ha compassione di loro, non è melodrammatico. Io mi nutro di cinema americano, ho visto tutti i film su questo tema ma non li cito..."
Stefano Accorsi: C'è qualcosa di mio in questo personaggio più che in certi personaggi normali
E poi ci sono loro, Stefano Accorsi e Miriam Leone, già insieme nella serie 1992, 1993, 1994, dove facevano faville. Le fanno anche qui. Accorsi è bravissimo nel rendere tenero un personaggio respingente, nel disegnare un ritratto di un uomo pieno di tic senza andare mai sopra le righe. Ma come ha costruito il personaggio? "Si parte sempre dal copione" risponde. "In questo caso era molto forte. Si capiva che c'era un approccio empatico con i personaggi, che li si guardava dall'interno. Il percorso di avvicinamento è leggere, documentarsi, incontrare, parlare con persone che hanno le fragilità, ma anche con le persone che li aiutano. Ci sono persone seguite da dottori e aiutate da degli chef che fanno in cucina quello che facciamo noi nel film. Documentarsi è fondamentale, altrimenti si rischia di non entrare in un mondo ma mettere in scena l'idea che ci si è fatti di questo mondo". "Mi chiedono 'che cosa c'è di tuo nel personaggio' quando faccio personaggi normali. Ha più senso chiederlo in un personaggio come questo" riflette Accorsi. "Certe manie, certi tic sono quelle che i personaggi mettono in scena con grande forza. Certe fragilità che noi nascondiamo e che invece ci sono". Come capirete guardando il film, c'è stato un grande lavoro sull' aspetto fisico sul set. "Trovarsi di fronte Miriam così cambiata è stato importante" ci spiega Accorsi. "Con Miriam si riesce sempre a giocare insieme".
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Miriam Leone: Clara è l'amica un po' matta che avrei voluto avere
E Miriam Leone è l'altro centro di gravità del film, l'altro cuore pulsante. Dopo Veronica Castello di 1992 e in attesa di Eva Kant di Diabolik, ecco un altro ruolo ancora diverso dagli altri. "È stato un percorso da persona a personaggio" spiega l'attrice. "Da persona siamo diventai personaggio per diventare persona. Clara è diventata un'amica che avrei voluto avere, un'amica un po' matta che non crede in se stessa ma cosi empatica da credere negli altri. Diego è uno chef senza cucina e Clara gliela restituisce, pur non credendo in se stessa. È un equilibrio sopra la follia come dice Vasco, ma anche sotto la follia, anche dentro". Per diventare Clara, Miriam ha dovuto rinfoderare la sua arma letale, i magnetici occhi verdi. "Ho lavorato tanto sulle lenti a contatto, temevo che mi togliessero qualcosa" ha spiegato. Ma la forza del suo look è anche in tanti piccoli dettagli, la frangetta a darle un tono diverso dal solito, le sopracciglia un po' scompigliate. E poi c'è dietro un grande lavoro. "La preparazione nei centri diurni è stata molto forte: sono stata con queste persone spacciandomi per una di loro, camuffandomi per poter stare con loro" ci racconta l'attrice. "Pranzare con queste persone mi ha reso normale l'approccio a questo personaggio. Ringrazio Giulia per aver scritto un personaggio che crede di essere attrice e non lo è, e di aver girato con registri diversi, commedia romantica e dramma".
Miriam Leone: Dovevo essere una stonata credibile
Uno dei momenti che unisce tutto, commedia, romanticismo e poco dopo un momento drammatico, è il tragicomico momento in cui Clara, vestita da Marilyn, sale sul palco del Monroe per esibirsi in I Wanna Be Loved By You, accompagnata, per così dire, da Diego. "Avevo il problema di dover stonare" racconta Miriam Leone che intonata lo è. "Ero preoccupata di cantare in una maniera stonata credibile: mandavo note vocali ad amici musicisti per chiedere se sembravo una stonata vera o una stonata finta, e ho chiesto a un'amica stonata come una campana di mandarmi un vocale con quella canzone". Ma il lavoro dietro quella scena è stato tanto. "Sono andata a studiarmi la vera Marilyn" racconta l'attrice. "È come se Clara l'avesse studiata tutta la vita e avesse l'occasione di mostrare cosa aveva imparato di Marilyn. Ho visto i filmati di Marilyn Monroe che canta quella canzone: le braccia, il tocco sul microfono sono tutti presi da quell'interpretazione di Marilyn". "Anni fa sono stato a Sanremo e ho sbagliato" racconta divertito Accorsi. "Cantare non è la mia forza. Ma come attore ti rendi conto che il tuo senso del pudore te lo devi scordare, devi vincere il senso del ridicolo. Ho detto: ci provo. Grazie al mio personaggio mi sentivo comunque protetto e ci siamo buttati, abbiamo registrato tutto in modo abbastanza facile. Quando ti senti protetto è tutto più semplice".
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Stefano Accorsi: Un elogio della follia è necessario in questo momento storico
"Viviamo in un momento di controllo assoluto e conformismo un elogio della follia è quanto mai necessario in questo momento storico" conclude Accorsi. "È naturale che ci si interroghi sull' alterità e sulla diversità in un momento di grande conformismo" fa eco Miriam Leone. "È un momento di fermento, vedo tanta novità anche nelle nuove generazioni. Mai come in questo periodo abbiamo bisogno di trovare l'unione anche nella diversità. Nel mondo finalmente questo si comincia a vedere".