Se guardando la quinta stagione di Mare Fuori vi sembrerà di cogliere citazioni a film come Inland Empire di David Lynch, o alla saga di Harry Potter, non siete pazzi: il regista Ludovico Di Martino ha inserito intenzionalmente questi riferimenti nei nuovi episodi della serie Rai.

Di Martino ha raccolto il testimone di Ivan Silvestrini, che ha diretto Mare Fuori dalla seconda alla quarta stagione. La sua reinterpretazione della storia è più intima, quasi onirica. Su Rai2 dal 26 marzo, Mare Fuori 5 si concentra soprattutto su Rosa Ricci (Maria Esposito): dopo aver lasciato Carmine (Massimiliano Caiazzo) all'altare, la ragazza è pronta a vendicare la sua famiglia.
Mentre cerca nuovi alleati, all'IPM arrivano tanti nuovi personaggi. Nella nostra intervista Di Martino ci spiega come ha lavorato sulla fotografia, sulle scene oniriche e soprattutto ci racconta quanto si è divertito a sperimentare con la macchina da presa.
Mare Fuori 5: intervista a Ludovico Di Martino
Quando gli diciamo che i primi episodi di Mare fuori 5 ci hanno ricordato i film di Lynch Di Martino ride: "Da una parte mi viene la pelle d'oca, dall'altra mi sento minuscolo! Quello che accade è sempre inconscio. L'importante è lavorare in libertà, perché così escono fuori le cose che uno vede e con cui è cresciuto".
Sulla componente onirica della stagione aggiunge: "Sicuramente c'è, forte: ho cercato di rendere visivamente questo desiderio di evadere dal carcere. Mi è sembrato un modo, quasi scontato, di portare fuori e da qualche altra parte questi personaggi rinchiusi tra quattro mura. Ciò che accade durante una reclusione è quello".
La regia giocosa

La regia di Ludovico Di Martino in Mare Fuori 5 ricorda un po' quando in Boris - La serie dicono a René Ferretti che si deve divertire. Il regista effettivamente sperimenta: fa uso di carrelli, slow motion, gioca tanto con i chiaroscuro e le silhouette degli attori. È stato bello? A quanto pare sì: "Come me l'abbiano permesso è una domanda a cui non ho una risposta, ma che sicuramente mi porto dietro. Credo fosse necessario: questa è una serie arrivata in un punto così alto, sia di pubblico che di tutto il resto, che aveva bisogno di un cambiamento. Quando me l'hanno proposto mi sono chiesto perché proprio a me".

"Avevano bisogno di un cambio e io gliel'ho dato. Spero di esserci riuscito. E poi la storia di questa stagione permetteva un lavoro sicuramente più introiettato verso l'intimità dei personaggi. Volevo enfatizzare, più che le loro reazioni, il loro dialogo con loro stessi. E poi ci siamo proprio divertiti: è un set talmente complesso, fatto di tempi folli, in cui si corre talmente tanto, che è necessaria una pancia, un istinto che producono poi, a tutti gli effetti, delle cose che possono rasentare la sperimentazione".
L'influenza di Harry Potter
In una scena c'è uno specchio che ricorda molto lo specchio delle Brame di Harry Potter. Non è un caso: "Quando cercavo di spiegare la direzione che volevo prendere, raccontavo Il prigioniero di Azkaban! Sempre prendendo le dovute distanze, ho cercato di fare con la serie quello che ha fatto Cuarón con Harry Potter. Perché corrisponde alla fase di crescita di questi ragazzi: nel caso di Harry Potter il terzo film cambia il tono del racconto. E lo cambia perché i personaggi cambiano. E cambiano perché iniziano a crescere. Non sono più dei bambini, o dei ragazzi, ma iniziano a essere degli adulti. Hanno delle responsabilità e sono costretti a relazionarsi con loro stessi".

Rimanendo in tema, com'è lavorare a una storia in cui sono tutti Serpeverde? Di Martino: "È sicuramente affascinante. Perché, secondo me, nella vita siamo tutti Serpeverde. Vorremmo essere Grifondoro, come lo stesso Harry Potter, ma siamo tutti Serpeverde".