Donato Carrisi l'ha fatto di nuovo: dopo il fortunato esordio con La ragazza nella nebbia, per cui ha vinto il David di Donatello per la migliore opera prima, consegnato da Steven Spielberg, ha adattato per il grande schermo un altro suo romanzo, L'uomo del labirinto, nelle sale dal 30 ottobre.
Lo scrittore e regista ha voluto di nuovo con sé Toni Servillo, che questa volta interpreta il detective Bruno Genko: malato e agli ultimi mesi di vita, l'uomo ha la possibilità di tornare a investigare su un caso di 15 anni prima rimasto irrisolto. Un uomo, che indossa una maschera da coniglio, rinchiude le sue vittime in un labirinto, costringendole a giochi terribili.
Donato Carrisi e La ragazza nella nebbia: "Tutti possiamo diventare dei mostri"
Il labirinto è uno de temi centrali del film, come ha confermato il protagonista Toni Servillo, arrivato a Roma con il regista per presentare alla stampa L'uomo del labirinto: "Ho trovato affascinante i vari livelli di labirinto del film: in superficie c'è la città, con il caldo, l'afa, il sudore dei personaggi. Poi c'è quello mentale, in cui non si capisce come ci si è finiti. Poi per il mio personaggio ci sono dei veri e propri gironi dell'Inferno. Dopo il primo bellissimo film di Donato non ero sicuro di fare questo: ero già stato un detective. Mi ha convinto perché Genko non è un detective ufficiale, ma uno che recupera crediti. È fragile, umano nonostante sia circondato da personaggi inquietanti. Un caso irrisolto di quindici anni prima diventa la sua occasione di riscatto prima di morire."
Donato Carrisi racconta così il suo labirinto: "Il labirinto sono le mie paure: la paura atavica del buio, in cui ho messo delle porte, dietro cui ci sono altre paure. Da adulti pensiamo di aver superato le paure, invece sono ancora lì: sono umanissime. Genko rappresenta la discesa nell'Inferno di un uomo che ste morendo. Un uomo del genere può permettersi di sfidare la propria morte e fare e vedere cose che gli altri non possono fare e vedere. Il montatore a un certo punto mi ha detto: Servillo si inclina, gliel'hai chiesto tu? Toni ha affrontato così la morte del personaggio: una sentenza. Gli ho anche fatto fare una dieta durissima. Un uomo che muore è arrivato alla fine del labirinto: ma oltre il labirinto cosa c'è?"
Dustin Hoffman è il dottor Green
Il premio Oscar Dustin Hoffman ha il ruolo del dottor Green, un analista che cerca di scoprire l'identità del coniglio Bunny interrogando una delle sue vittime, Samantha (Valentina Bellé). Carrisi ha spiegato come ha convinto Dustin Hoffman a partecipare al progetto: "Ho convinto Hoffman raccontandogli questa storia e dicendogli che nel film c'era Toni. Non è venuto qui a fare un cameo: è un ruolo da protagonista, era tanto che non ne faceva uno. Gli ho detto che sarebbe stato faticoso e che si sarebbe diviso la scena al 50% con Toni. Sono anche entrambi produttori esecutivi."
Per Toni Servillo condividere il set con Hoffman è stata un'emozione: "Per la mia generazione è un mito: ha spostato il divo dall'empireo delle stelle portandolo nella strada. Per me è stata una fortuna: non l'ho mai chiamato Dustin, ma sempre mister Hoffman."
Dustin Hoffman ha chiesto a Carrisi di chiamarlo 'Dustino'
Avere sul set Dustin Hoffman è stata un'emozione per tutti, ma anche l'attore americano ha molto amato il soggiorno romano: "Tutti quelli che hanno lavorato su questo set lo hanno fatto con gioia: anche Hoffman, che non voleva più andare via" ha raccontato Carrisi.
Il regista ha raccontato che per Dustin Hoffman il suo film è stato anche un modo per rimediare a una mancata collaborazione con Federico Fellini: "Il film è tutto girato a Cinecittà. Il primo giorno di riprese la convocazione era alle 7 al teatro 18 di Cinecittà: Hoffman era commosso, come se fosse entrato in Chiesa. Aveva un cruccio: aveva rifiutato un ruolo in un film di Fellini. Gli avevamo allestito un camerino straordinario, pieno di memorabilia, anche se poi ci ha passato pochissimo tempo, perché ha vissuto in mezzo a noi. Lui era nel mio destino: nel '99 scrissi una sceneggiatura per cui mi dissero che non si poteva fare perché ci sarebbe voluto Hoffman. Quando gleil'ho detto, mi ha suggerito di chiamarlo "Dustino", che suona come destino. All'ultimo ciak abbiamo tutti assistito all'abbraccio tra Toni e lui: Hoffman si è commosso, ci credeva. C'era una grande energia tra loro. Anche se, per me, tra loro due vince Valentina Bellè: lei è la protagonista nascosta di questo film. Non si possono scrivere storie senza donne: a lei ho chiesto di fare un esercizio unico, ha dovuto interpretare due personaggi in uno. Non so come non sia impazzita."