Come ogni prodotto tratto da fumetti degno di questo nome, anche Luke Cage, la nuova serie Marvel prodotta da Netflix, è realizzata rispettando quell'equilibrio delicato tra accessibilità per chi non conosce minimamente la fonte letteraria e appetibilità nerd per chi ha divorato le avventure del personaggio su carta, che sia dall'esordio nel 1972 (1973 per il mercato italiano) o nelle sue incarnazioni più recenti (attualmente è un membro degli Avengers). In parte a causa della natura più socialmente impegnata dell'intreccio, a prima vista Luke Cage si presterebbe di meno a questo simpatico gioco di ammiccamento nei confronti dei lettori esperti, ma riesce comunque a regalare diverse perle. Ecco quelle più significative.
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1. Nome in codice
Già nel primo episodio c'è un inside joke di alta qualità, quando Pop chiama scherzosamente il protagonista "Power Man". Questo è il nome con cui Cage ha iniziato la sua attività da supereroe nei fumetti, indossando un costume che, per forza di cose, non sarebbe molto credibile nel mondo realistico concepito dallo showrunner Cheo Hodari Coker (ma vi sono delle allusioni visive, principalmente sul piano cromatico, al look cartaceo del personaggio). Nella stessa puntata, quando degli abitanti di Harlem propongono a Luke di pagarlo per proteggerli, lui ribatte: "Non sono in vendita." Ebbene, il Cage fumettistico è ben noto in quanto membro della squadra Heroes for Hire, supereroi che, a pagamento, fungono sostanzialmente da investigatori privati e/o guardie del corpo. L'altro membro di punta del team? Un certo Iron Fist, che arriverà su Netflix il 17 marzo 2017 (il finale di stagione di Luke Cage allude furtivamente al nuovo arrivato tramite una pubblicità di arti marziali).
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2. Niente parolacce (anche se siamo su Netflix)
Nel corso della serie, Luke ribadisce più di una volta che lui, per principio, non fa uso di un linguaggio scurrile, quasi una frecciatina nei confronti della Marvel che, stando a Melissa Rosenberg (la showrunner di Jessica Jones), vieta l'uso di certe parole anche nei suoi prodotti più adulti (per l'esattezza, è assolutamente proibito dire fuck, perlomeno in maniera chiaramente udibile). Ma è anche una strizzatina d'occhio relativa al Cage cartaceo, talmente noto per il suo turpiloquio - seppure edulcorato per questioni di censura fumettistica - che nelle sue avventure più recenti al fianco di Iron Fist gli sceneggiatori hanno trasformato in una vera e propria running gag i vari eufemismi necessari per non rendere il personaggio "vietato ai minori" (salvo incursioni nelle testate dell'etichetta MAX Comics, destinate a un pubblico più maturo). Nel passaggio al piccolo schermo rimane solo la frase più conosciuta di Cage, "Sweet Christmas!", che in realtà non è un'allusione al Natale bensì una imprecazione attenuata (togliete le ultime tre lettere dalla seconda parola).
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3. Ci siamo già visti?
La presenza più notevole nello show, per chi segue in modo religioso tutto il Marvel Cinematic Universe, è quella di Alfre Woodard, che in questa sede interpreta Mariah Dillard. L'attrice è già apparsa qualche mese fa in Captain America: Civil War, con un ruolo ben diverso: era la madre di un giovane morto a Sokovia e la sua rabbia nei confronti degli Avengers è uno dei motivi per cui Tony Stark decide di stare dalla parte del governo. Non è la prima volta che lo stesso attore interpreta due personaggi diversi nel franchise, ma nei casi precedenti erano storie ambientate in epoche diverse (Enver Gjokaj è apparso prima in The Avengers e poi in Agent Carter), mentre qui ci troviamo rigorosamente nel 2016 sia sul grande schermo che su Netflix. Un doppione dovuto, a quanto pare, alla comunicazione non sempre apertissima tra i due reparti, cinematografico e televisivo, della Marvel (il secondo sa tutto quello che accade nel primo, ma non viceversa).
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4. Questione di iniziali
Tornando al personaggio di Pop, questi non è propriamente ispirato a nessun corrispettivo sulla pagina, ma per certi versi è la figura più apertamente fumettistica di tutto lo show. Questo perché, come si scopre in occasione del suo funerale, il suo vero nome è Henry Hunter, come da buona tradizione Marvel dove diversi eroi - e cattivi - hanno le iniziali identiche (così Stan Lee riusciva a ricordare i nomi più facilmente): Peter Parker, Matt Murdock, Stephen Strange, Jessica Jones, Bruce Banner, J. Jonah Jameson...
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5. "Io ho ucciso tua moglie"
Questa è forse l'allusione più subdola presente in tutta la serie, farina del sacco del temibile Diamondback, il quale sostiene di essere responsabile della morte di Reva Connors, la moglie di Luke. Nel fumetto ciò è vero (come nella serie, la rivalità tra Cage e il suo antagonista ha radici profonde), ma nell'universo Netflix sappiamo benissimo che è una menzogna, poiché il mandante dell'omicidio di Reva era Killgrave, visto in Jessica Jones. E a proposito di Killgrave, gira una voce secondo la quale gli esperimenti che gli hanno dato i suoi poteri di persuasione potrebbero essere legati all'iniziativa che ha reso Cage invulnerabile, mentre nei fumetti la trasformazione di Luke è stata il frutto di un tentativo di replicare il siero che ha tramutato Steve Rogers in Captain America (ma non è escluso che venga esplorata anche questa via, dato che i flashback sul passato di Luke potrebbero coincidere con il momento in cui l'esercito ha trasformato Bruce Banner in Hulk).