Pupi Avati su Lei mi parla ancora: “Quando si è giovani la ragionevolezza è tossica”

La video intervista a Pupi Avati, che in Lei mi parla ancora racconta un amore durato 65 anni, con protagonisti Renato Pozzetto e Fabrizio Gifuni.

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Lei mi parla ancora: un momento del film

Pupi Avati adatta per il cinema il romanzo di Giuseppe Sgarbi Lei mi parla ancora - Memorie edite e inedite di un farmacista, pubblicato nel 2016. È la storia autobiografica di Sgarbi, detto Nino, sposato per 65 anni con Rina, con cui continua a parlare anche dopo la sua morte. A interpretare i longevi sposi da giovani sono rispettivamente Lino Musella e Isabella Ragonese, mentre Renato Pozzetto e Stefania Sandrelli sono i coniugi da anziani. Su Sky Cinema dall'otto febbraio, Lei mi parla ancora è un film che racconta con tenerezza il passare del tempo.

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Lei mi parla ancora: Fabrizio Gifuni e Renato Pozzetto in una foto del film

A fare da perno al racconto di Nino è Amicangelo (Fabrizio Gifuni), giornalista e aspirante scrittore che accetta la richiesta della figlia di raccogliere in un libro i ricordi del padre, sperando che lei possa poi leggere e pubblicare un romanzo che tutti hanno rifiutato. Nell'accostarsi a Nino però lo scrittore scoprirà un mondo completamente distante dal suo, che gli permetterà finalmente di uscire da se stesso e guardare la vita con occhi nuovi.

Abbiamo parlato di Lei mi parla ancora proprio con il regista Pupi Avati, raggiunto virtualmente. Siamo partiti da una delle ultime frasi dette nel film, ovvero "quando si è vecchi non ci si abbraccia più". Una frase mai attuale come oggi: in un momento in cui il contatto fisico è stato impedito per tanto tempo, quanto è importante riconoscere il potere degli abbracci? Nel chiederlo abbiamo fatto una scoperta sorprendente.

La video intervista a Pupi Avati

Lei mi parla ancora, la recensione: Fenomenologia del "per sempre"

Lei mi parla ancora e il potere degli abbracci

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Lei mi parla ancora: Chiara Caselli in una foto del film

Quindi, quanto potere ha il contatto fisico? Per Pupi Avati: "Quella battuta è di mia moglie: è una considerazione che ha fatto lei un paio di anni fa. Nel film ci sono molte cose nostre e in quella frase si è riconosciuta subito. A me fa piacere che lei l'abbia ricordata perché è una delle cose più belle del film: la dice Fabrizio Gifuni e Renato Pozzetto, che chiede se è una frase sua. Il personaggio di Gifuni chiede quindi se debba toglierla dal libro ma l'altro invece gli dice di lasciarla. Tra i due personaggi è nata una sintonia, una misteriosa affinità, mentre all'inizio le cose non stavano esattamente così. Quando si è molto anziani e si sta insieme da tanti anni insorge una sorta di misterioso pudore. È strano: l'affetto aumenta, il bene che ci si vuole, la dipendenza l'uno dall'altro sicuramente aumenta, ma tutta la parte più fisica viene in qualche modo a sottrarsi. Succede questo: è una cosa che io sperimento nella mia vita e quindi l'ho tradotta nel film."

Lei mi parla ancora e gli anziani come depositari di saggezza

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Lei mi parla ancora: Haber, Sandrelli e Pozzetto sul set del film

Gli anziani in questo ultimo anno sono stati trattati malissimo: da molti bollati come sacrificabili perché non più produttivi. Invece in Lei mi parla ancora il personaggio ottantenne interpretato da Renato Pozzetto ha ancora molto da offrire e da raccontare. Per il regista questo è un tema centrale del film: "In tutte le culture classiche le persone anziane sono depositarie di una verità, di una saggezza. Sanno bene cosa sono gli errori e potrebbero suggerire soluzioni per non farne, perché li hanno già fatti loro. O magari degli errori diversi, non gli stessi. Invece in questi ultimi decenni gli anziani sono diventati quasi un problema più che una risorsa. Ha provveduto il Covid a ridurne il numero, in un modo molto doloroso. Quando la sera vedo quei numeri, che sono ancora così elevati, penso alle famiglie, ai vissuti delle persone che improvvisamente non ci sono. Molto doloroso. Penso che in questo film ci sia qualche cosa che mi sfugge, che forse ha a che fare con l'idea del per sempre, con l'idea dell'immortalità, con l'idea del ricordo. C'è qualche cosa in questo film che fa sì che io abbia dei ritorni da parte di chi lo vede che sono molto molto diversi da quelle che sono le reazioni alle quali io ero abituato con gli ultimi miei film. Succede con questo film qualcosa per cui c'è un'appropriazione di quello che racconta da parte delle persone. Lo fanno proprio. E questo non è frutto di una mia premeditazione o particolare abilità: perché non so da cosa derivi. Io stesso mi interrogo. Ne sono molto felice e molto lusingato. Però resta il mistero."

Lei mi parla ancora e la ragionevolezza come follia

Oggi due persone sposate per 65 anni sono qualcosa di incredibile, un'anomalia: abbiamo quindi chiesto a Pupi Avati come mai si rimanga così stupiti da un matrimonio tanto longevo come quello dei protagonisti di Lei mi parla ancora. Per il regista: "Perché non esiste più l'idea del per sempre, non ci si crede più. Non ci mentiamo più. Quando faccio i miei corsi di recitazione, ne faccio tanti ai ragazzi, vedo questi ventenni, venticinquenni e trentenni di oggi che non sanno illudersi più di tanto. Sono molto pragmatici, molto concreti, molto ragionevoli. E se c'è qualcosa che può diventate tossico quando si è giovani è la ragionevolezza. La ragionevolezza è peggio del Covid, è qualcosa che inquina la tua vita, la mortifica, la rimpicciolisce, la riduce, la priva di ali. Io mi sono sempre mentito: alla mia età continuo a raccontarmi un sacco di balle su quello che mi accadrà. Se non si fa così che senso ha la vita?"