La volpe e la bambina: dopo i pinguini, le volpi secondo Luc Jacquet

Il regista premio Oscar presenta all'Ambasciata di Francia il suo nuovo lavoro, un delicato film che fa salva la lezione del documentario, ma si apre al territorio della fiction per raccontare la storia di una grande amicizia.

Nel 2005 aveva raccontato, con La marcia dei pinguini, i pinguini imperatori dell'Antartide, portandosi a casa l'Oscar per il miglior documentario. A distanza di tre anni, Luc Jacquet torna nelle nostre sale con La volpe e la bambina, film che fa salva la lezione del documentario, ma si apre al territorio della fiction per raccontare la storia di una grande amicizia tra una volpe e una bambina nel territorio incontaminato delle montagne dell'Ain, anche se buona parte del film però è girata nel Parco Nazionale d'Abruzzo. Raccontato da Ambra Angiolini, La volpe e la bambina uscirà venerdì 21 marzo, a ridosso di Pasqua, in 300 copie distribuite da Lucky Red.

Luc Jacquet, nel suo film si afferma che l'uomo non può possedere la natura. Non è allora un paradosso aver utilizzato per le riprese tutti animali addestrati?

Luc Jacquet: Ha sicuramente ragione nel principio, ma ho cercato di utilizzare i mezzi a mia disposizione rispettando la natura e gli animali, preservando quindi l'etica. Sicuramente ci sono dei limiti in ciò che ho fatto, ma non avrei potuto raccontare altrimenti una storia così appassionante che si pone dalla parte della natura.

E' vero che il suo film nasce da un suo ricordo di bambino?

Ho avuto la fortuna di vivere un'infanzia libera perché la mia famiglia mi ha dato la possibilità di vivere la natura. Una mattina ho visto una volpe che era a caccia e che quindi non si è accorta di me, dandomi così la possibilità di seguirla e osservarla. Poi abbiamo incrociato lo sguardo ed è scappata. Mi sono chiesto subito perché la volpe è scappata? Ho provato una grande emozione e uno sconvolgimento totale di fronte a questo evento che mi è rimasto dentro e volevo raccontare un ricordo così bello che ha segnato tutta la mia vita.

Perché ha scelto una bambina come protagonista della sua storia?

Il titolo in francese è Le renard et l'enfant dove l'enfant rappresenta una parola neutra. Volevo utilizzare l'infanzia, i bambini nella loro essenza per raccontare una favola. Il mio è un racconto che utilizza cose semplici per arrivare al cuore delle persone. La favola dà l'occasione di liberarsi delle cose reali per raccontare l'irreale, il magico.

Dove ha trovato dei luoghi così incontaminati come quelli dove ha girato il film?

Gran parte del film è girata nel Parco Nazionale d'Abruzzo, mentre l'altra parte sulle montagne dell'Ain, nei dintorni dell'altopiano del Retord, dove sono cresciuto. Non volevo un paesaggio esclusivamente selvaggio, ma uno dove è possibile trovare la presenza dell'uomo. Nel film si vede un bosco tagliato, quindi gli uomini sono intervenuti, poi c'è la casa della famiglia della bambina. Sono convinto che si possa realizzare l'utopia di uomini e natura in perfetta comunione.

Nel costruire il personaggio della volpe del suo film si è ispirato a quella descritta da Antoine De Saint Exupery ne Il piccolo principe?

Non c'è nulla di casuale in quello facciamo. Quando ho scritto questa sceneggiatura mi sono venuti in mente tanti racconti per bambini sulla natura, perché spesso riescono a cogliere qualcosa di sconosciuto a noi adulti. Adoro Il piccolo principe, ma mentre scrivevo il film non ci ho pensato perché nel libro c'è una volpe simbolica, che parla al protagonista, mentre qui è realistica, un animale selvaggio ma che è possibile incontrare se ci si reca in posti simili.

E' stato difficile girare con tutti questi animali?

Non abbiamo lavorato solo con animali addomesticati. Nel Parco Nazionale d'Abruzzo le volpi non vengono cacciate da più di cento anni, quindi si fidano degli uomini, venivano a mangiare dalle nostre mani, e l'intensità di un animale non addomesticato è diversa dallo sguardo di un animale che è stato addestrato a fare certe cose. Mentre giravamo è successo un episodio incredibile relativo alla scena in cui la protagonista cerca di avvicinare la volpe con una coscia di pollo. Stavamo per girare ed è arrivata una volpe selvatica che ha addentato il pollo e sia l'animale che la bambina si sono trovati non a recitare, ma a comportarsi con spontaneità. Poi quando la volpe se n'è andata, la bambina è scoppiata a piangere e ho dovuto spiegarle che in natura è così. Tutta la troupe si è commossa per un episodio così casuale. Io volevo far vedere agli spettatori cose che non vedremo mai dal vero e me ne assumo tutte le responsabilità, perciò non me la sento di dire quali e quanti animali sono stati addestrati per certe scene. Voglio lasciare al pubblico la magia di credere che tutto sia vero. Abbiamo sicuramente usato dei piccoli trucchi, ma non voglio svelarli. Il fatto più importante comunque è che non si riesce a far recitare una volpe se non ha voglia di farlo, quindi quelle del film erano particolarmente ben predisposte. Siamo stati noi ad adattarci ai ritmi di una volpe e abbiamo mess ogli animali in condizioni di poter recitare.

Come ha trovato la bambina protagonista del suo film?

All'inizio volevo una bambina cresciuta in campagna e che non avesse i capelli rossi, quindi tutto il contrario di Bertille Noel-Bruneau, ma lei era così diversa da tutti coloro che si sono presentati ai provini. Gli altri bambini esageravano nella recitazione, mentre in lei c'era una magia particolare, era dotata di istinto e curiosità e si è adattata subito alla natura e agli animali. Durante la preparazione del film poi Bertille ha fatto amicizia sul serio con una volpe chiamata Titus e tuttora va a trovarla regolarmente.

Quanto il successo de La marcia dei pinguini l'ha aiutata a girare La volpe e la bambina?

Ci ha aiutato molto nella produzione e nel reperimento dei capitali. Ho la fortuna di lavorare con un produttore con cui sono in grande sintonia, quindi c'è una fiducia reciproca enorme. Siamo riusciti a vendere questo film ancor prima di cominciare a girare. Il film è costato undici milioni e mezzo di euro, mentre La marcia dei pinguini era costato solo due milioni e seicento. Alla base di questo film c'è un'idea quasi artigianale di cinema, perché abbiamo lavorato con coloro i quali avevamo lavorato prima, quindi con la Lucky Red, con quale si è sviluppato un rapporto di reciproca fiducia che ci ha aiutati molto.

Quanto ci è voluto per girare il film?

Ho lavorato con due troupe distinte. Una si è occupata degli aspetti documentaristici e ha girato per sei mesi in Abruzzo, mentre l'altra era quella relativa agli aspetti di fiction e ha effettuato cento giorni di riprese con la bambina, quindi ci è voluta anche grande preparazione prima.

Dopo i pinguini e le volpi, cosa ci dobbiamo aspettare per il prossimo film?

Ho già pensato a qualche altro animale da portare sullo schermo, ma ora voglio prendermi un po' più di tempo prima di girare, perché non voglio fare film in maniera meccanica, uno dietro l'altro. Ho sempre trovato nella natura e negli animali la mia ispirazione. Nel giro di poche generazioni siamo diventati tutti metropolitani e abbiamo perso il gusto di guardare le stelle e toccare la terra. Il legame uomo-natura è fondamentale, ma ora è in pericolo ed è giunto il momento di rinsaldarlo.