Recensione La volpe e la bambina (2007)

Jacquet parla di un'amicizia "possibile", ma poi si lascia andare all'atmosfera incantata e ai principi della favola, evita di dar voce all'animale, fornendogli però espressioni, sentimenti e reazioni quasi umane che lo avvicinano a noi.

Zuccherose amicizie

Avremmo potuto scomodare Antoine de Saint-Exupéry, il suo piccolo principe e l'illuminante episodio dell'incontro con la volpe per parlare del nuovo film dell'imperatore dei pinguini, Luc Jacquet, che col documentario sugli abitanti dell'Antartide si era portato a casa l'Oscar nel 2006. Soggetto e realizzazione del suo nuovo La volpe e la bambina sembrerebbero d'altronde quasi obbligare ad un riferimento al libro dello scrittore e aviatore francese scomparso nei cieli della Corsica durante la Seconda guerra mondiale, ma la nuova opera di Jacquet è così vuota di spontaneità e sentimenti genuini che non ce la sentiamo di citare passaggi d'inchiostro indimenticabili su riti e addomesticamenti vari. La storia dell'amicizia tra una volpe e una bambina alla base del film nasce da un ricordo del regista che da piccolo non riuscì a fermare la sua di volpe, e la vide scappare imperturbabile nella foresta una volta incontrati i suoi occhi. Jacquet parla di un'amicizia "possibile", ma poi si lascia andare all'atmosfera incantata e ai principi della favola, evita di dar voce all'animale, fornendogli però espressioni, sentimenti e reazioni quasi umane che lo avvicinano a noi, allontanandolo dalla realtà.

Girato tra le montagne dell'Ain in Francia e il Parco Nazionale d'Abruzzo, La volpe e la bambina si proclama film ecologicamente corretto, ma si scontra con le sue contraddizioni. Una serie infinita di animaletti obbligatoriamente adorabili si rincorrono ad arte in paesaggi incontaminati lontanissimi dal cemento delle nostre città, ma manipolati e incastrati ad arte per stupire, e le intenzioni documentaristiche di Jacquet si afflosciano di fronte alle esigenze fiction che manovrano ostinatamente il racconto. Protagonista umana della storia è una bambina lentigginosa dai capelli rossi, immediatamente detestabile nei primi piani insistiti, nonostante il tentativo del regista di renderla figura simbolo dell'infanzia che ancora sa meravigliarsi di fronte allo spettacolo della natura. A segnarle la vita è l'incontro con una volpe a caccia che pretende prima di fare amica e poi di ammaestrare, introducendola alle severe regole del mondo degli esseri umani. Segue quindi un periodo di studio e di piccoli passi di avvicinamento che durano stagioni, così che il regista può approfittarne per immergere lo spettatore in una natura ancora intatta che resiste all'abbrutimento del mondo civile, ma pare confinata in una bolla di sapone.

Imbambolato di fronte alla bellezza ipnotica dei territori che riprende, Jacquet si lascia andare ad un lungo e sterile elenco della fauna che abita un bosco. Tutto certamente adorabile per bambini poco più che lattanti, ma uno spettatore un minimo più smaliziato faticherà e non poco a sopportare lo zucchero dietro i bagni di luna dei cervi, le scorribande sotterranee dei topolini o il magico svolazzare delle lucciole pronte a suicidarsi sul palmo della mano della protagonista. Il messaggio che sa di lezioncina è evidente e si presta ad una serie di slogan da urlo: Uomo e natura tornate a incontrarvi! Contro il logorio della vita metropolitana concedetevi un giro per boschi! Proteggete gli animali perché hanno ancora tanto da insegnare ai vostri bambini! Come dar torto a Jacquet che suggerisce implicitamente come la compagnia di un animale possa essere spesso più gradevole di quella di un proprio simile. Solo che questo racconto verde di formazione di una bambina in costante divenire (che in un attimo di delirio alla Von Trier s'inventa una scenetta in stile Dogville per indicare alla volpe le norme di comportamento per essere accettata nel proprio mondo) è cinematograficamente poco esaltante e non ha alla base una storia che possa appassionare, anche perché ad un certo punto deve scontrarsi per forza con la meschinità tipica dei bambini giunti all'età critica. Per fortuna Ambra Angiolini, che si limita a prestare la voce fuori campo, non fa particolari danni, ma le perplessità di un finale che non sa decidersi tra la mazzata educativa e il delizioso happy ending deluderanno anche chi fino a quel momento aveva saputo accontentarsi.