Dopo il passaggio in concorso a Cannes nel 2017, La stanza delle meraviglie ha impiegato più di un anno a uscire nelle sale italiane. Colpa dell'accoglienza tiepida avuta dal film negli USA, forse, o dalla scelta di Todd Haynes di deviare dal suo percorso autoriale regalandoci un'opera diversa da tutto ciò che aveva fatto in precedenza. La stanza delle meraviglie è un puzzle che oscilla tra presente e passato, è una fiaba sofisticata in cui si intrecciano le storie di due bambini separati da decenni, ma uniti da una disabilità, la sordità, e da una location "magica", New York. Nel 1927 Rose fugge da casa per incontrare il suo idolo, l'attrice Lillian Mayhew. Nel 1977 Ben, rimasto orfano, si mette alla ricerca del padre. Nonostante i cinquant'anni che li separano, i due ragazzini condividono un legame misterioso.
Dopo aver sfidato le convenzioni sociali in drammi sontuosi come Carol o Lontano dal paradiso, per la prima volta Todd Haynes si avvicina al genere avventuroso/fiabesco filtrandolo attraverso il suo personale sguardo. Ecco come il regista, che abbia incontrato a Locarno, ci ha spiegato questo cambio di rotta: "La stanza delle meraviglie è nato grazie a Sandy Powell, la mia costumista. È stata lei a farmi leggere la sceneggiatura di Brian Selznick, che si è cimentato nel realizzare il primo adattamento da uno dei suoi romanzi. Stavo lavorando alla post-produzione di Carol e ho aspettato di avere la mente sgombra per concentrarmi sul nuovo materiale. Le due storie che si intrecciano sono nella pagina. In più vi è un'enorme attenzione ai dettagli, una fluidità nel linguaggio cinematografico ereditata dal libro, ma a colpirmi è stata soprattutto la passione. Ho deciso di fare un film che mi avrebbe permesso di rivolgermi a un pubblico diverso dal solito. Sentivo di poter portare sullo schermo la stessa eleganza e attenzione ai dettagli del libro".
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Senza parole, il cinema come pura essenza
La stanza delle meraviglie si sviluppa su due piani temporali, il 1927, filmato in un elegante bianco e nero, e il 1977, a colori. Al centro della storia troviamo due adolescenti: Rose (l'esordiente Millicent Simmonds) e Ben (Oakes Fegley). I due ragazzini, entrambi scappati di casa, compiono a distanza di cinquant'anni un percorso comune che sfocerà nello stesso luogo, il Museo di Storia Naturale. "La storia mi ha fatto pensare ai film che vedevo da bambino, che mi hanno commosso, emozionato e influenzato" confessa Todd Haynes. "Film che non sono necessariamente deviazioni dal percorso dei registi. Penso a Sounder, per esempio, un film meraviglioso del 1972 di Martin Ritt, Anna dei miracoli, e soprattutto Sadismo, uno dei miei film preferiti, in cui il regista gioca col tempo e usa con sapienza montaggio e sonoro. Tutte opere sofisticare e complesse. La creazione di La stanza delle meraviglie, per me, è stato un viaggio nel passato, nelle opere che mi hanno formato e mi hanno spinto a diventare regista".
L'incontro tra Todd Haynes e La stanza delle meraviglie non è casuale. Il regista noto per l'eleganza della messa in scena e per la fascinazione per il passato ha scelto di dar vita a un duplice period movie la cui peculiare natura rappresenta una notevole sfida, come ammette lo stesso cineasta: "La stanza delle meraviglie nasce dalle pagine di un libro, ma non è collegato al linguaggio parlato. Di fatto stimola tutte le componenti puramente cinematografiche. È un film di montaggio, perché crea un dialogo tra due diverse epoche. Questa scelta non è imposta, ma è richiesta dalla narrazione. Senza dialoghi il pubblico diventa consapevole del montaggio, della musica, del sound design, della fotografia". Paradossalmente in un film con protagonisti due ragazzini sordi, il suono ha un ruolo preponderante. Come sottolinea il regista: "Le persone sorde percepiscono frequenze diverse, Ben ha ancora la memoria del suono e ha l'aspettativa di suoni che non sono più lì. Ho usato il sonoro per spingere lo spettatori a chiedersi come noi sentiamo. Per capirlo occorre eliminare il suono. Ho lavorato molto coi tecnici per decidere il mix da adottare".
È lo stesso Todd Haynes a confermare che i film rivolti ai ragazzi hanno una score più estesa dei film per adulti. Grazie alla sua peculiarità, nel caso di La stanza delle meraviglie si arriva all'80% di colonna sonora. "Abbiamo pianificato la score e il sound design in fase di pre-produzione, cosa che non accade spesso, e abbiamo registrato tutto, solo per averlo lì. Non sapevamo cosa avremmo usato. Abbiamo provato a inserire dei dialoghi nella parte di Rose, ma poi li abbiamo eliminati e ci siamo concentrati sul sound design. In alcuni casi siamo riusciti addirittura a far sì che il suono a mimasse il dialogo".
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Le regole del perfetto casting
Per un autore come Todd Haynes, abituato a lavorare con dive come Julianne Moore o Cate Blanchett, dirigere un gruppo di giovanissimi esordienti ha rappresentato un'ulteriore sfida. Il regista ammette di applicare una regola nella direzione degli attori, professionisti o non, che non ammette deroghe. "Per me è importante trattare gli esordienti come professionisti. Anche loro hanno una loro integrità e capacità di comprensione, hanno bisogno di incoraggiamento e fiducia. Non si ottiene una performance da una scelta sbagliata, nel casting bisogna trovare la persona giusta prima di partire col lavoro. Ne La stanza delle meraviglie abbiamo avuto fortuna a trovare Millicent Simmonds, che era la persona adatta. L'abbiamo trovata dopo aver visitato le comunità dei sordi e dopo aver deciso di estendere la ricerca alle scuole normali, dove infatti l'abbiamo trovata. Il talento non si può insegnare. La madre di Milly non poteva sapere che avesse così fiducia in se stessa, si è rivelata un'attrice naturale, quando la si guarda sullo schermo non si riesce a distogliere lo sguardo. Come una ragazzina sorda di 12 anni fosse in grado di trovare la misura davanti alla macchina da presa superando tutti gli altri provinati, più esperti di lei, è uno dei meravigliosi misteri del cinema".