Sognare grandi scene madri. E poi dare forma a quel sogno, o a quell'incubo, e costruirci attorno una storia e un film. Così parlò Alfred Hitchcock, così funzionava il suo cinema. E così è stato anche per La donna che visse due volte, titolo italiano di Vertigo, il suo grande classico del 1958, che torna al cinema il 18 novemenbre, grazie alla Cineteca di Bologna.
James Stewart, attore dalla classe inimitabile, la conturbante Kim Novak in versione bionda, e poi mora e poi di nuovo bionda, la famosa scena delle vertigini sulle scale di un campanile, il Golden Gate di San Francisco. E poi i titoli di testa di Vertigo, firmati da Saul Bass, la colonna sonora di Bernard Herrmann. Giallo, attrazione, ossessione, necrofilia: La donna che visse due volte è tutto questo, un film impresso a fuoco nell'immaginario collettivo, un film indelebile, iconico.
La storia: la donna perduta e ritrovata
La donna che visse due volte racconta la storia di John Scottie Ferguson (James Stewart), un ex poliziotto che soffre di vertigini. Un suo amico gli chiede di seguire la moglie, Madeleine (Kim Novak), perché si comporta in maniera strana e secondo lui potrebbe tentare il suicidio. Lui inizia a pedinarla, se ne invaghisce, e prova a salvarla quando lei si getta da un campanile, ma non ci riesce e cade in depressione. Ma poi nella sua vita compare un'altra donna: si chiama Judy (è sempre Kim Novak) e somiglia terribilmente alla sua Madeleine, che è appena scomparsa.
La storia di un'ossessione
La storia de La donna che visse due volte è tratta da un racconto di Pierre Boileau e Thomas Narcejak, ma Hitchcock ne trae solo lo spunto per farne un film personale, psicanalitico e filosofico. La trama gialla, l'incedere da thriller ci sono, ma il regista inglese ne sovverte le regole: svela infatti la soluzione del mistero a tre quarti della storia. E poi ci parla di altro. Quello che interessa a Hitchcock è cogliere l'ossessione che può accecare un uomo e minarne la razionalità. La donna che visse due volte è un viaggio nei meandri più oscuri della nostra mente.
"Quello che mi interessava erano gli sforzi che faceva James Stewart per ricreare una donna, partendo dall'immagine di una morta", raccontò Hitchcock nella famosa intervista a Francois Truffaut diventata il libro Il cinema secondo Hitchcock. "C'è un aspetto che chiamerò sesso psicologico: è l'immagine che spinge quest'uomo a ricreare un'immagine sessuale impossibile: in poche parole quest'uomo vuole andare a letto con una morta: si tratta di necrofilia". Il capolavoro di Hitchcock è un film sul doppio, sull'incapacità di amare veramente, sull'ossessione, sulla manipolazione: la parte in cui Scottie avvicina Judy e prova a cambiarla, a farla diventare bionda e a farla somigliare alla donna che aveva amato ci racconta molto di noi, della nostra incapacità di scrollarci di dosso i nostri amori, le nostre manie, le immagini a cui siamo indissolubilmente legati. E la capacità, tutta umana, di percorrere le stesse strade, di incorrere negli stessi errori, di cadere nelle stesse trappole.
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Alfred Hitchcock e il controllo
Alfred Hitchcock sembra volersi confessare, parlare di sé. In quell'ossessione di Scottie, in quel voler cambiare Judy per renderla simile a un suo ideale, a un modello che ha in mente, Hitchcock probabilmente ci vuole svelare come lui stesso sia stato ossessionato e ossessionante, come abbia provato a controllare le donne, le sue attrici, provando continuamente a plasmarle, a ricondurle alla stessa, inesistente, donna sognata. La bionda algida hitchcockiana è stata un caposaldo del suo cinema (Kim Novak, Grace Kelly, Tippi Hedren, Janet Leigh, Eve Marie Saint), ma, abbiamo saputo poi, molte delle sue attrici non hanno avuto un rapporto facile con il grande regista.
La scena chiave: quella porta che sta per aprirsi...
Se la scena più famosa è quella in cui Hitchcock visualizza la vertigine, e ve ne parleremo tra poco, c'è forse una scena che più di ogni altra racchiude il senso intimo del film. Siamo nella stanza di un hotel, una luce verde e irreale ammanta la scena. Scottie attende fremente che una porta si apra. È la porta del bagno, e da lì apparirà, finalmente, l'oggetto del suo desiderio, la donna che ha sempre sognato e che è pronta per essere amata. Non è nuda, ma è vestita di tutto punto, è bionda e si è finalmente trasformata nell'idea che, da tempo, ha in mente. Manca ancora un tocco per renderla perfetta: i capelli raccolti in un uno chignon. Judy è finalmente un'altra. E solo ora Scottie può amarla.
La scena chiave: le vertigini
Le vertigini di cui soffre il protagonista Scottie sono l'aspetto chiave del film. E l'arte di Alfred Hitchcock è stata anche saperle rappresentare visivamente. La scena più famosa del film è quella in cui James Stewart sale le scale del campanile, e, affacciandosi verso il basso, viene colto dalle vertigini. Questa sensazione è raccontata con la famosa soggettiva del protagonista.
La scena fu realizzata montando una cinepresa dotata di zoom su un carrello, per poi azionare il carrello e lo zoom contemporaneamente, e in senso opposto: una carrellata all'indietro e una zoomata in avanti. È così che è nata la famosa immagine che dà l'idea dello spazio che si accorcia. La scena fu filmata grazie a un modellino in scala ridotta. È una scena che è entrata nella storia del cinema.
Kim Novak, icona per caso
Così come è entrata nella storia del cinema Kim Novak. Ma, come spesso accade nel mondo della Settima Arte, la protagonista del film non avrebbe dovuto essere lei. Doveva essere Vera Miles, che era sotto contratto con Hitchcock e aveva già recitato ne Il ladro. Vera, che era sposata a Gordon Scott, famoso Tarzan del cinema, rimase incinta e dovette rinunciare. Sarebbe tornata in Psycho, nel ruolo della sorella della vittima.
Quel finale che non abbiamo visto
La donna che visse due volte è un giallo in cui l'assassino resta impunito. Erano gli anni Cinquanta, erano altri tempi, e Hitchcock temeva che la censura bloccasse un film dalla morale così ambigua. Perciò girò una coda al finale del film, una scena in cui Midge (Barbara Bel Geddes), la compagna di Scottie), ascolta alla radio una notizia sull'arresto del colpevole. Ma la scena non fu mai utilizzata. Per fortuna, perché ci sono film che si chiudono in un modo perfetto. E La donna che visse due volte è uno di questi.