"Nel suo petto si erano unite due parole che non dovrebbero mai stare vicine: amore e morte". Iniziamo la recensione de La casa di carta 4, la serie spagnola disponibile su Netflix dal 3 aprile, con la voce narrante di Tokyo. La parte 4 della serie creata da Álex Pina (di fatto la seconda parte della terza stagione), come vi avevamo anticipato qui, inizia proprio dove si era conclusa la precedente: con il Professore convinto che abbiano ucciso la sua amata Lisbona, e con Nairobi in fin di vita dopo essere stata colpita da un cecchino. "Tutto può andare a puttane in un millesimo di secondo", e mai come in questo momento abbiamo visto il Professore e la sua banda così vicini alla resa, in ginocchio. La casa di carta 4 è amore e morte nella Banca di Spagna di Madrid: alcuni dei personaggi stanno per morire, sono creduti morti, e per tutti, come mai prima d'ora, la vita è appesa a un filo. La quarta stagione de La casa di carta continua sull'onda delle precedenti, ma con qualche lieve fluttuazione. Abbassa leggermente il ritmo dell'azione e prova a puntare più (per quanto sia possibile) sull'introspezione, punta un po' meno sull'intreccio e più sui rapporti tra i personaggi. Ma rimane ovviamente il guilty pleasure di sempre, la serie da guardare in binge watching, tutta d'un fiato. È la serie che si odia o si ama: se siete arrivati fino alla fine della stagione 3, non potrete fare a meno di vedere la stagione 4.
La trama: la tregua dopo la tempesta
Il Professore (Álvaro Morte) è convinto che Lisbona (Itziar Ituño) sia stata uccisa a sangue freddo dalla polizia, e si trova diviso tra il senso di colpa per la morte della compagna, e la responsabilità verso la sua banda. Che, entrata nella Banca di Spagna e trovato un modo per prendersi l'oro, è entrata nella fase 3: resistere. Non si può uscire vivi dalla Banca di Spagna. "Ma io vi tirerò fuori" ha promesso il Professore. Dentro alla Banca, sta succedendo di tutto. Con il Professore meno presente, iniziano i dissidi tra i leader, o potenziali tali, della banda. Anche fuori succede di tutto. Nella polizia, il colonnello Tamayo è per la tregua. L'ispettore Alicia Sierra (Najwa Nimri) è per la guerra. Ma si arriva a una tregua, per il momento. Nel frattempo, dentro la Banca, la banda ha un nuovo, temibile, nemico....
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Conosci il tuo nemico, prima che lui conosca te
Come scrivevamo in occasione della recensione della terza stagione de La casa di carta, Álex Pina e il suo team, in questa stagione 4 continuano in quello che è l'upgrade della famosa serie spagnola. Se nelle prime due stagioni era forse sembrato tutto troppo facile per il Professore e la sua banda, gli sceneggiatori, per rendere tutto più vibrante e credibile (credibile, quando parliamo de La casa di carta, è sempre una parola grossa...) hanno alzato il tiro, e hanno messo il Professore di fronte a dei nemici più forti, più spietati, più svegli, più determinati. Come quando, giocando a un videogame, passando al livello superiore aumentano le difficoltà. Se nella stagione 3 avevamo imparato a conoscere la terribile poliziotta Alicia Sierra, qui arriverà un nuovo avversario, l'"agente del caos", "l'ottavo passeggero di Alien", il "John McClane di Die Hard": fortissimo, preparato, e invisibile. La casa di carta 4 funziona un po' come The Departed - Il bene e il male o Infernal Affairs: è un reciproco gioco di infiltrati. Un gioco molto pericoloso. "Il vero caos non fa rumore", dice a un certo punto Palermo (Rodrigo de la Serna). E nella parte 4 de La casa di carta sono saltati gli schemi: è tutti contro tutti, e l'avversario è ovunque. È il caos.
Alta tensione, flashback e ingranaggi
Álex Pina e il suo team, insomma, non si smentiscono, riescono a creare continuamente uno stato di tensione, a far costruire ai propri personaggi degli ingranaggi perfetti per i loro piani, mentre gli avversari sanno perfettamente come gettare sabbia negli ingranaggi per incepparli. A livello narrativo, La casa di carta continua con lo schema, caro a J.J. Abrams e al suo Lost, di intervallare l'azione con flashback che spezzano la claustrofobia e la tensione dell'azione nella banca. Spesso riescono a svelarci una parte del piano e a introdurre così alcune scelte o alcuni personaggi; altre volte servono a costruire delle backstory e ad approfondire i rapporti tra i personaggi: altre volte, però, sembrano un po' gratuiti, pensati più che altro per aggiungere colore e leggerezza a una storia che di colori ne ha essenzialmente due, il rosso (le tute dei rapinatori, ma anche il sangue) e il nero (il buio al chiuso della banca e la morte in arrivo). Nel quinto episodio, però, vediamo dei flashback di diverso tipo: arriviamo a un punto, un'esplosione, e il racconto torna indietro alla stessa giornata, ma cinque minuti prima del fatto.
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La casa di carta è anche una telenovela
Come abbiamo scritto in apertura, La casa di carta 4 prova ad allentare leggermente l'azione e a raccontare di più i rapporti dei personaggi. Ed è qui che, più ancora che nelle stagioni precedenti, che possiamo renderci conto che La casa di carta è anche una soap opera o, se preferite, una telenovela (in fondo gli spagnoli sono latini...). Agli sceneggiatori ormai le dinamiche tra i personaggi interessano almeno quanto quelle della rapina. Nella parte 4 siamo a un punto in cui, per un motivo o per l'altro, le coppie rischiano di sfaldarsi, e altre potrebbero nascere. Gelosie, ripicche, sindromi di Stoccolma: La casa di carta 4 è anche questo.
È proprio il fatto che sembri impossibile che lo rende così bello
"È proprio il fatto che sembri impossibile che lo rende così bello". Ricordate? Lo dicevano i protagonisti in occasione della stagione 3. È sempre più evidente, anche in questa quarta stagione, che La casa di carta non è una serie realistica, ma iperbolica e simbolica. È un videogame. È una telenovela. Come non chiediamo plausibilità e realismo a un film di supereroi o a un film di Tarantino (attenzione: non manca una citazione di Pulp Fiction...), non dobbiamo chiederlo neanche a questa serie. E, come le altre, anche la stagione 4 va vissuta sospendendo l'incredulità. Le scene che vi faranno esclamare: "non è possibile!", sono davvero molte: quando vedrete la Paella, ad esempio... Ma voi state al gioco.
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La casa di carta e l'Italia
Ma poi anche la leggerezza ne La casa di carta ci piace. E ci piace che Álex Pina e i suoi dimostrino anche di amare l'Italia e i suoi artisti. Dopo Bella ciao, qui ci capita di sentire una sorprendente versione di Ti amo di Umberto Tozzi (che, dopo che Gloria è stata inserita in The Wolf of Wall Street, è ormai definitivamente sdoganato) o un altrettanto sorprendente Centro di gravità permanente di Franco Battiato. Così come ci pare che la partita di calcio, con tanto di rigore parato da una ragazza, sia un omaggio al nostro Gabriele Salvatores e a Marrakech express. Che sia un omaggio voluto o no, Álex Pina dimostra di aver imparato la lezione di Tarantino, quella di infarcire il cinema di genere di cultura pop, di citazioni che colorano il racconto e conquistano chi guarda. Segnatevi queste parole: placer culpable. È la traduzione spagnola di guilty pleasure.
Conclusioni
Nella recensione de La casa di carta 4 vi abbiamo raccontato come la serie continui sull'onda delle precedenti, ma con qualche lieve fluttuazione. Abbassa leggermente il ritmo dell'azione e prova a puntare più sull'introspezione, punta un po' meno sull'intreccio e più sui rapporti tra i personaggi. Ma rimane ovviamente il guilty pleasure di sempre, la serie da guardare in binge watching, tutta d'un fiato. È la serie che si odia o si ama: se siete arrivati fino alla fine della stagione 3, non potrete fare a meno di vedere la stagione 4.
Perché ci piace
- Come nella stagione 3, la serie alza il tiro, e mette il Professore di fronte a dei nemici più forti, più spietati, più svegli, più determinati.
- Álex Pina e il suo team non si smentiscono: riescono a creare continuamente uno stato di tensione.
- Álex Pina e i suoi dimostrano anche di amare l'Italia...
Cosa non va
- La casa di carta è anche una soap opera o una telenovela: in questa stagione ancora di più...
- Alcuni flashback sembrano un po' gratuiti, pensati per aggiungere colore e leggerezza alla storia.