Recensione 500 giorni insieme (2009)

Il regista Marc Webb, stufo delle commedie sentimentali prevedibili e stereotipate, ci regala qualcosa di completamente diverso, una storia d'amore vera, di quelle che si vivono quotidianamente, con tutti gli alti e bassi che il sentimento comporta, con la frustrazione derivante dalla consapevolezza che nella realtà all'interno di ogni coppia vi è sempre uno dei due che ama più dell'altro.

L'estate del nostro tormento

Mai innamorarsi di una ragazza che da piccola amava solo due cose: i suoi lunghi capelli neri e il fatto che nel momento in cui aveva brutalmente deciso di tagliarli non aveva provato assolutamente niente. Saggezza vorrebbe che un giovane dotato di un minimo di amor proprio fuggisse a gambe levate dalle fanciulle con gli occhi da cerbiatta e la tendenza a contraddirsi costantemente. Ma Tom non è per niente saggio, altrimenti non avrebbe accettato di vivere neanche uno di quei 500 giorni insieme che racchiudono in una manciata di scene esilaranti, malinconiche, dolci e talvolta rabbiose il racconto di un amore. Il regista Marc Webb ha ripetutamente dichiarato di essere stufo delle commedie sentimentali prevedibili e stereotipate, tanto da voler proporre qualcosa di completamente diverso, una storia d'amore vera, di quelle che si vivono quotidianamente, con tutti gli alti e bassi che il sentimento comporta, con la frustrazione derivante dalla consapevolezza che nella realtà all'interno di ogni coppia vi è sempre uno dei due che ama più dell'altro. Al di là della confezione accattivante e della solida e brillante sceneggiatura, il merito principale di 500 giorni insieme è quello di offrirci qualcosa di assolutamente realistico. Nei novantasei minuti di durata del film è facile perdere il conto delle volte in cui ci troviamo a pensare "è capitato anche a me". I sentimenti, le incertezze, le incomprensioni, le piccole bugie e le disarmanti confessioni che si scambiano Tom e Summer sono anche le nostre e dietro una risata strappata da una battuta fulminante si nasconde l'amarezza per ciò che poteva essere, ma che, per un capriccio del destino, è andato a rotoli.

Gran parte del merito dell'autenticità del film va tributata ai due interpreti, la stella del cinema indie Joseph Gordon-Levitt e la dolce Zooey Deschanel, attrice fin'ora poco nota che nell'ultimo anno ha infilato tre pellicole fortunate (oltre a 500 giorni insieme ha partecipato, a fianco del mattatore Jim Carrey, alla commedia Yes Man e attualmente è impegnata nelle riprese di Your Highness, altr period comedy che si preannuncia decisamente interessante), pellicole che, con grande probabilità, la lanceranno nell'Olimpo hollywoodiano. I due giovani attori apportano un notevole contributo ai loro personaggi in termini di inventiva e originalità creando un'alchimia magica sullo schermo. La svagata Summer riesce a essere irresistibile anche nei momenti in cui Tom (e noi con lui) la odia. E Tom la odia proprio per quel suo essere irresistibile e criptica, crudelmente imprevedibile come solo alcune donne sanno essere. Quanto a Gordon-Levitt, l'attore è la vera anima del film. Tutto che ciò che vediamo viene filtrato attraverso lo sguardo del tenero Tom, attraverso i suoi ricordi e i suoi pensieri. Lo spettatore non può esimersi dal provare i suoi stessi brividi di fronte al primo bacio che inaspettatamente Summer gli appioppa sulle labbra nella stanza delle fotocopie o dal muoversi al ritmo di musica quando Tom esce di casa radioso per il nuovo amore che sta sbocciando. Giocando talvolta su qualche stereotipo (i buffi amici/consiglieri, l'abbrutimento e la crisi lavorativa successivi alla rottura) Joseph Gordon-Levitt riesce a far rivivere con verità ed intensità tutte le tappe della sua storia d'amore dimostrando, una volta di più, come nella vita non esistano ruoli prefissati per l'uomo e la donna, soprattutto all'interno della coppia.
Accanto a Joseph e Zooey, la terza protagonista di 500 giorni insieme è la musica. Ogni storia d'amore ha la sua colonna sonora e per quella che vivono Tom e Summer galeotti sono gli Smiths, maliziosamente ascoltati nell'ascensore dell'ufficio. La musica si intreccia alle immagini risultando elemento fondante in numerose sequenze, dalla serata al karaoke al leit motiv del ricordo di Summer nei momenti di massima depressione di Tom, dall'inserto musical alla romantica scena in automobile. Sono Regina Spektor, Carla Bruni, i Clash e Simon & Garfunkel a scandire le tappe dell'amore. Oltre a omaggiare esplicitamente i suoi maestri Woody Allen e Cameron Crowe con dialoghi curatissimi e ricchi di battute brillanti, Marc Webb non si risparmia sul piano stilistico decostruendo la linearità diacronica del racconto. La narrazione procede per salti temporali avanti e indietro, alla maniera di Memento, il tutto per ricreare una sintesi mimetica del funzionamento della memoria umana. Questa originale struttura diegetica viene impreziosita da inserti sacheggiati dagli altri generi, tra i quali spicca la divertentissima sequenza musicale che vede protagonista Tom con tanto di corpo di ballo e fontane zampillanti al seguito, ma anche i brevi omaggi animati, gli split screen usati per mostrare il pesante gap tra le aspettative di Tom e la dura realtà dei fatti. Espedienti e leit motiv che arricchiscono la pellicola, ma che Webb usa con saggezza e parsimonia senza lasciarsi prendere troppo la mano, fermandosi un attimo prima di trasformare la tecnica in vezzo.

Movieplayer.it

4.0/5