Osservando Kevin Costner viene naturale dire che i suoi 70 anni se li porta davvero magnificamente. Se li porta magnificamente sia dal mero punto di vista estetico - è inutile nasconderlo, è stato un sex symbol da giovane e lo è tutt'ora - che artistico. Non è di certo da tutti, alla soglia dei 70 appunto, rimettersi completamente in discussione e investire in prima persona fior fiore di milioni di dollari in un progetto folle e titanico come la saga western di Horizon.
Una produzione fuori dai canoni commerciali del tempo che, nelle intenzioni del suo deus ex-machina, deve arrivare a ben quattro capitoli.
Al momento ne è uscito uno, che al box office ha toppato clamorosamente, con la seconda parte che è stata presentata a Venezia all'ultimo Festival per poi essere chiusa negli armadi della Warner in attesa di tempi migliori.
E non è neanche da tutti mettersi a muso duro contro uno dei nuovi "mostri sacri" della serialità televisiva come Taylor Sheridan dando vita a una frattura insanabile che è finita per portare al ben noto divorzio da Yellowstone. Il John Dutton di Costner era il personaggio più amato della serie e, come noto, nella seconda parte della stagione cinque l'attore non è tornato a interpretarlo, tanto che la sua uscita di scena, prevista fin dal principio da Sheridan, è stata comunque "ritoccata" in modi che non ci è dato sapere.
I film da riscoprire di Kevin Costner
In queste sette decadi, il due volte premio Oscar per Balla coi lupi, che nel 1991 si aggiudicò le statuette per il Miglior film e il Miglior regista, ha preso parte a un gran numero di lungometraggi entrati, a ragione, nell'immaginario collettivo. Dal già citato Balla coi lupi a JFK, da Gli intoccabili a Guardia del corpo.
Visto che abbiamo già avuto modo e maniera di dirvi quelli che, secondo noi, sono i migliori film della star, per unirci alla "coda lunga" dei festeggiamenti per il suo compleanno, vogliamo accompagnarvi in un percorso attraverso altri lungometraggi da lui diretti e/o interpretati che vale la pena riscoprire.
1. Il grande freddo (1983, di Lawrence Kasdan)
Doveva lanciare la carriera di Kevin Costner, Il grande freddo.
E invece è passato alla storia come una delle sue occasioni perse anche se la cosa non dipese in alcun modo dal volere dell'allora emergente attore.
Potrebbe sembrare paradossale, starete pensando, cominciare un percorso su Kevin Costner citando un lungometraggio dal quale venne sostanzialmente tagliato fuori. In quella che è una delle commedie con venature drammatiche più emblematiche degli anni ottanta e di una generazione di giovani americani arrivata ormai ai trent'anni dopo i tumulti del '68, Kevin Costner è il MacGuffin che giustifica la reunion dei suoi ex-compagni di college.
Il suo Alex Marshall si è infatti suicidato: a testimonianza della presenza dell'attore nella pellicola che doveva apparire in flashback poi rimossi dal regista perché avrebbero tolto forza al senso stesso della storia, rimangono i passaggi con la composizione e vestizione del suo cadavere nella scena iniziale.
Quella, indimenticabile, con il montaggio alternato che ci fa vedere anche i polsi tagliati di Alex Marshall e i suoi ex "compagni di scuola", per citare un film di Carlo Verdone che deve moltissimo a Il grande freddo, che apprendono della sua morte.
Con "I heard it through the grapevine" di Marvin Gaye che suona in sottofondo, a rendere anche più incisivo il tutto.
2. Silverado (1985, di Lawrence Kasdan)
Lawrence Kasdan doveva davvero un favore a Kevin Costner dopo averlo cancellato da Il grande freddo. E così, dopo quello che è diventato uno dei cult più apprezzati degli anni ottanta, Kasdan affida a Costner il ruolo di Jack, fratello dell'Emmett interpretato da Scott Glenn, in una pellicola, Silverado appunto, che avrebbe dato il via a quella che è, ad oggi, la relazione sentimentale più duratura di Kevin Costner che, con due divorzi alle spalle, sette figli e una serie infinita di celebri flirt all'attivo, da Carla Bruni ad Elle Macpherson passando per Courteney Cox e Halle Berry: quella col genere western.
Una tipologia di cinema che, negli anni Ottanta, pareva quasi dimenticata dopo l'importante fallimento de I cancelli del cielo di Michael Cimino.
Ma il successo di Silverado e del Il cavaliere pallido di Clint Eastwood dimostrarono che c'era ancora spazio, sul grande schermo, per storie di frontiera. Che magari non erano più preponderanti come un tempo, per carità, ma che il pubblico era ancora disposto ad accoglierle.
Non è di certo un mistero che Kevin Costner sia molto legato a Silverado.
Nell'estate del 2024, quando la prima parte del suo Horizon stava per debuttare in sala fra foschi presagi di sventura, la star festeggiava i 39 anni del lungometraggio scrivendo sul suo Instagram: "Trentanove anni fa, oggi, usciva Silverado. Per me era un sogno che si avverava, quello di comparire in un film western, e avere Lawrence Kasdan alla regia era la ciliegina sulla torta. Spero che Horizon: an american saga possa conquistare i cuori come questo film ha toccato il mio per quasi quattro decadi".
3. Robin Hood - Principe dei ladri (1991, di Kevin Reynolds)
In mezzo a un Balla coi lupi e a un JFK - un caso ancora aperto di Oliver Stone, pellicole di fondamentale importanza nella cinematografia americana degli anni novanta, troviamo Robin Hood principe dei ladri.
Un polpettone neanche lontanamente paragonabile, da un mero punto di vista "artistico" per così dire, ai primi due citati, ma fondamentale per capire la presa che Kevin Costner, in quel periodo, aveva sulle platee cinematografiche. Di tutto il mondo. Un film che viene ricordato per l'eccelsa performance (non poteva essere altrimenti) di Alan Rickman nei panni dello Sceriffo di Nottingham, per il compenso (poi devoluto in beneficienza) di Sean Connery, che, per interpretare Re Riccardo Cuor di Leone nell'epilogo della pellicola, un minuto di screen time per due giorni di lavoro, ricevette ben 250.000 dollari e per aver fornito innumerevoli spunti a Mel Brooks per il suo Robin Hood: un uomo in calzamaglia.
Su tutti, un elemento che per noi italiani era impossibile da percepire: l'accento di Kevin Costner. L'attore aveva studiato le sonorità della lingua britannica, ma il regista Kevin Reynolds era convinto un Costner alle prese con l'accento british avrebbe distratto il pubblico. E così, a lavorazione già iniziata, Robin di Locksley si ritrovò a parlare più da americano che da inglese. Robin Hood - Il principe dei ladri ebbe un successo strepitoso incassando 390 milioni di dollari a fronte di un budget di circa 50 (dati non aggiornati all'inflazione).
4. L'uomo del giorno dopo (1997, di Kevin Costner)
Sette anni dopo il trionfale Balla coi lupi, Kevin Costner torna al cinema di frontiera con il western postapocalittico L'uomo del giorno dopo.
Il cui titolo americano, The postman, è decisamente più lineare di quello scelto per l'Italia. Perché la pellicola racconta appunto la storia di un uomo senza nome che nel 2013, anni dopo l'inevitabile conflitto che come Mad Max insegna ha portato al crollo della civiltà, si ritrova a fingere di essere... un postino.
Figura professionale con una certa importanza in quel dato contesto visto che il governo degli Stati Uniti da poco ricostituitosi aveva iniziato a farli viaggiare attraverso il paese per ristabilire le comunicazioni e ricostruire le fondamenta della nazione anche tramite le ritrovate connessioni a distanza fra la gente. Demolito dalla critica e sostanzialmente ignorato dal botteghino, incassò 30 milioni in tutto il mondo e ne era costati 80, L'uomo del giorno dopo diede inizio, molto più di Wyatt Earp e Waterworld, a una fase in cui Kevin Costner e il pubblico parevano non essere più in sintonia. Come molti colossali flop della storia del cinema, anche L'uomo del giorno dopo merita di essere visto anche solo per porsi una domanda destinata a restare senza risposta: "Perché?".
5. Terra di confine - Open Range (2003, di Kevin Costner)
Sei anni e un bagno d'umiltà dopo L'uomo del giorno dopo (passato anche attraverso la ben nota perdita del privilegio del final cut con Gioco d'amore del 1999), Kevin Costner decide di realizzare un sogno che aveva da sempre nel cassetto: portare sul grande schermo il romanzo di revisionismo western del 1990 di Lauran Paine The Open Range Men. Lo fece con un budget contenuto, 22 milioni di dollari, e cedendo all'interprete di "Boss" Gelsomino Spearman, Robert Duvall, l'onore di essere il primo nome menzionato nei billing del film. Anzi: narra la leggenda che se Duvall non avesse accettato di prendere parte al film, Costner non lo avrebbe proprio girato.
Come nel caso di Silverado, anche Terra di confine - Open Range è arrivato nelle sale cinematografiche in un momento in cui le storie di cavalli, cowboy e frontiera americana parevano dimenticate. E come Silverado ottenne invece un buon successo. Dando nuova linfa a un percorso che ha portato l'attore e regista a continuare a "nutrire" la sua passione per il genere con altre produzioni come Hatfields & McCoys, Yellowstone o Horizon: An American Saga - Chapter 1, appunto. Perché, nel bene e nel male, non si più levare il western da Kevin Costner. E viceversa.