Il dream team David O. Russell-Jennifer Lawrence-Robert De Niro-Bradley Cooper l'ha fatto di nuovo: dopo i successi di Il lato positivo - Silver Linings Playbook e American Hustle - L'apparenza inganna, una delle squadre più potenti di Hollywood torna al cinema con Joy, storia ispirata alla vita di Joy Mangano, casalinga americana che ha costruito un impero con il mocio, inventato per pulire meglio una casa abitata da una famiglia strampalata e ingombrante.
Per il ruolo di Joy Jennifer Lawrence ha già vinto, pochi giorni fa, il Golden Globe come migliore attrice protagonista e potrebbe bissare con l'Oscar, ancora una volta grazie alla direzione di Russell, ormai specializzato in film in cui si racconta il sogno americano, secondo cui anche l'essere più sfortunato della Terra può trovare il suo posto nel mondo se ci crede veramente e non si arrende.
Nel ruolo del padre di Joy, Rudy, figura Robert De Niro, ormai amico intimo del regista, cui si affianca Isabella Rossellini nei panni di Trudy, ricca vedova e nuova compagna di Rudy, che fornisce a Joy i soldi per realizzare il suo progetto. Abbiamo incontrato a Roma l'attrice, solare e sorridente, che ammette candidamente di "essere stata sempre felice in ogni momento della sua vita" e di essersi fatta travolgere dal mondo eccentrico e ottimista di David O. Russell. Proposta al regista proprio da De Niro, Isabella si è detta all'inizio confusa dal progetto: "Non capivo se mi stessero parlando di un mafioso (mob) o di uno straccio (mop)! Inoltre il fatto di essere stata scelta proprio da De Niro mi ha stupito: in fondo è il migliore amico del mio ex marito, Martin Scorsese".
Una chiamata inattesa
Come si è ritrovata nel mondo un po' folle di Russell?
Isabella Rossellini: Anche io sono molto sorpresa: un giorno ero in taxi e sul telefono mi è apparsa la faccia di un signore che mi parlava ma che non ero riuscita a capire chi fosse, non sapevo ancora che con l'iPhone si può usare FaceTime, e mi ha detto 'Sono David O.Russell'. Io gli ho risposto: 'Ma dai!' e ha cominciato a parlarmi, in un modo molto eccentrico, e non riuscivo a capire bene di cosa mi stesse parlando. In inglese la parola mob, mafioso, e mop, straccio, si somigliano molto, e non riuscivo a capire se mi stesse parlando dell'uno o dell'altro, anche perché al cinema c'è più tradizione di mafiosi che di stracci per lavare per terra. Siamo stati a lungo al telefono e mi ha detto che voleva incontrarmi, quindi abbiamo preso un appuntamento e ci siamo visti all'ufficio di Robert De Niro, loro sono molto amici, e pensavo di starci un'oretta per fare il test: sono diventate nove ore!
C'erano bambini, i nonni, ogni tanto arrivava un prosciutto... È stato molto divertente, ho capito fin da subito che David lavora in questo modo, creando un ambiente famigliare, il copione è secondario, non l'abbiamo letto fino al giorno prima di girare, per lui l'importante è far integrare tutti nella sua grande famiglia. Stando insieme per tre settimane a Boston, ogni tanto mi diceva: "Abbraccia De Niro!", all'inizio mi sembrava strano, ma poi ho capito che era il suo modo per farci rompere il ghiaccio. È stato molto divertente lavorare in questo modo eccentrico: mi è piaciuto moltissimo".
Ritratto di "donna coi soldi"
A chi si è ispirata per il suo personaggio?
A nessuno in particolare, credo che il mio personaggio sia italiano proprio per adattarlo a me: se avessero preso un'altra attrice magari sarebbe stata polacca o spagnola. Credo che Trudy dovesse essere una persona esterna alla famiglia protagonista, questa famiglia strampalata ma molto unita: lei essenzialmente è una donna con i soldi, che dà il tormento a Joy, il personaggio di Jennifer Lawrence, ma è anche la prima a investire su di lei, permettendole poi di costruire un impero sullo straccio. Non avendo letto il copione ho cominciato a scoprire di più su di lei grazie alle prove costume: vedendo gli abiti dei componenti della famiglia avevo capito che loro erano poveri, mentre a me hanno dato abiti di cachemire bianco e beige, ho capito quindi che appartenevo a un altro mondo. Per costruire Trudy ho seguito moltissimo le indicazioni di David: spesso mi faceva vedere lui come voleva che dicessi la battuta e io lo copiavo, cosa che per altri registi è un tabù, anche se lo avevo già visto fare da Fellini. Fellini diceva agli attori, da dietro la macchina da presa, fai così fai così, e loro lo imitavano: anche se in America questa è una tradizione che non esiste per niente mi sono ritrovata a fare questa cosa che avevo visto fare anche a mio padre, quando lavorava con non attori. Anche se usa attori bravissimi, Russell fa così, mischia tutto e parla anche durante le riprese!.
Come avete creato il background del personaggio?
Durante le cene: incontri di otto-nove ore in cui si stava tutti insieme. David ci ha voluto tutti in un hotel di Boston, in cui ognuno aveva la sua camera, ma a pranzo e cena si stava insieme e si leggevano cose, si cantava: tutto per creare l'atmosfera di una famiglia. Durante queste riunioni ti studia: quando facevo un gesto lui mi fermava dicendo: "Cosa hai fatto?! Fallo di nuovo", non voleva nemmeno sapere cosa significasse, se gli piaceva e pensava fosse buffo voleva che lo facesse anche il personaggio. Credo che lui scelga gli attori e poi costruisca il personaggio studiandoli, mescolando elementi reali e di finzione: per esempio io non mi trucco tanto come Trudy e non porto i capelli così, ma la sua gestualità è simile alla mia.
David O. Russell ha detto che il film è anche una riflessione sulla gioia nelle diverse fasi della vita: che cos'è per lei la gioia in questa fase della sua vita?
Io sono sempre stata abbastanza contenta, grazie a Dio! Joy, nonostante sia prodotto da una major come la Fox, è un film diretto da un regista quasi d'avanguardia e credo sia una grande parabola sulla vita delle donne: per me il cuore della pellicola è in una delle prime scene, in cui la sorella più grande della protagonista le parla di principe azzurro e lei invece dice: "Non ho bisogno del principe azzurro, faccio da me". Jennifer Lawrence è perfetta per interpretare questo ruolo, non solo come attrice ma anche come donna: ha solo 25 anni ma è così come la vedi. Quando avevo la sua età invece sentivo che se avevo delle opinioni, quando volevo farmi sentire dovevo comunque essere carina, buffa, non aggressiva: ho imparato a essere "femminile". Con l'età invece, diventando una vecchia signora, ho scoperto la bellezza di poter dire le cose come stanno, capendo che la pressione sociale in qualche modo mi aveva cambiato: Jennifer invece è una donna moderna, quello che dice è quello che pensa e se si sbaglia lo ammette. Quando c'è stata la polemica sui compensi delle donne a Hollywood ha detto una frase bellissima: "Discuto di questo senza essere né graziosa né spiritosa: se parliamo di business parliamo di business". Un genio. È una donna moderna e credo che questo sia il segreto del suo successo.
Bob, un vecchio amico di famiglia
Com'è stato lavorare con Robert De Niro?
Lo conosco da tanti anni: è stato il mio testimone di nozze quando mi sono sposata con Martin Scorsese e mi ha fatto piacere sapere che è stato lui a propormi al regista. Per un attimo ho pensato: che strano, sono la ex del suo migliore amico! Invece ha pensato a me. Lui è molto timido, non gli piacciono i convenevoli, si annoia subito, preferisce restare silenzioso, ma non è indifferente: è presente e benevolo, adora gli attori, se non ti ricordi una battuta o non riesci a piangere, basta guardarlo e lui ti aiuta. David O. Russell infatti sul set diceva: "È il padrino!". È vero!.
I sogni e chi li finanzia
Nel cinema americano si racconta spesso l'odissea di qualcuno che ha un sogno e vuole realizzarlo: il punto di vista del suo personaggio è però interessante, ovvero qualcuno che capisce questo desiderio di un'altra persona e l'aiuta a metterlo in pratica.
Joy è una donna moderna, decide di voler fare carriera e soldi, non vuole dipendere da nessuno. Trudy invece ha sposato un uomo ricco, era una moglie ideale, devota al marito, vestita bene con tanto di gioielli per far vedere che il suo sposo era ricco, il tipo di persona che alla morte del marito si ritrova spiazzata: due generazioni fa le donne non sapevano come vivere senza uomo. Per questo Trudy trova il personaggio di De Niro tramite un annuncio: con lui accanto ritrova il suo ruolo, lui la definisce. Ritrovandosi improvvisamente con i soldi cerca di gestirli, ma lei non lo sa fare, ha i soldi ma non una visione e si imbatte in Joy, che invece ha una visione precisa ma niente mezzi. Per dare il senso dell'esigenza di Trudy di sentirsi qualcuno solo in coppia, sul set ripetevo spesso le ultime parole delle battute di De Niro: a David questa cosa è piaciuta e alcune sono rimaste.
Lei nella sua vita ha mai incontrato una Trudy? Una donna che le ha dato una chance?
Tante persone. Ho pensato a Trudy come a una persona persa, che si ritrova in questa famiglia strampalata, lei stessa è un elemento eccentrico, che però non riesce a vivere distante perché tutti si aiutano a vicenda. Tutti noi abbiamo persone così nella nostra vita, sia le Trudy che le Joy. Il film è quasi una fiaba, ci sono dei riferimenti fiabeschi, come la neve: nella famiglia del film ci sono l'orco, la strega, il drago, relazionarsi con queste figure simboliche all'interno della propria famiglia è il primo passo per trovare la propria forza. In famiglia si hanno i primi scontri e tutti hanno avuto un padre o una madre soffocante o incoraggiante e il desiderio di cercare la loro approvazione. I primi draghi, streghe e orchi si incontrano in famiglia: questo è un aspetto molto interessante del film, secondo me. Poi nel film è molto forte anche il tema del sogno americano, raccontato in modo moderno perché la protagonista è una donna. Il sogno americano fa parte della cultura di quel popolo, della sua identità: ribadito dal loro presidente, Obama, venuto dal niente e ora l'uomo più potente del mondo.
Secondo lei cosa dice il film sull'America di oggi?
Joy Mangano esiste, l'abbiamo conosciuta, il film si ispira in parte alla sua storia vera e in parte a quella di altre donne dal percorso simile, per esempio a quella che ha fatto i primi cataloghi di prodotti per la casa: Russell si è ispirato a queste casalinghe che hanno fatto della cultura domestica un business. Il titolo quindi è Joy sia per riferimento a Joy Mangano, sia perché è gioioso: dà una spinta, ti fa dire: "Ah, posso farcela anche io!". In tutti i film di David c'è questa energia positiva ed è questo l'aspetto più bello del lavorare con lui: spesso quando si lavora con grandi artisti come lui si respira oscurità, cupezza e mistero, invece con David è tutto luminoso e pieno di ottimismo".
Non è mai troppo tardi
Uno degli aspetti più interessanti del film è il dialogo della protagonista con la sua parte bambina: le due si confrontano spesso per vedere a che punto della loro vita sono arrivate. Lei parla mai con la se stessa bambina? Avete realizzato i vostri sogni?
Sì: da bambina mi piacevano tantissimo gli animali e avrei voluto studiare comportamento animale, cosa che quando ero ragazza non esisteva: c'erano le facoltà di zoologia e biologia, molto legate alla scienza, alla chimica, invece lo studio del comportamento animale è nato dopo, con Jane Goodall, e adesso è una realtà. Cinque anni fa ho smesso di lavorare e sono tornata all'università e ho fatto gli studi di etologia che volevo fare a 16 anni: grazie a questo studio ho cominciato a fare i miei film, Green Porno, monologhi sul comportamento animale. Sto scrivendo un'altra serie per Arte, una televisione francese e tedesca, che dovremmo girare in primavera e sto ultimando un altro monologo sempre con Jean-Claude Carriere, che è un vecchio saggio, anche lui un vecchio padrino della sceneggiatura, che ha lavorato addirittura con Buñuel.
Lei come risponderebbe alle prime domande di Morris? Ovvero dove andava a scuola e che tipo di studentessa era?
Questa è una cosa che mi ha fatto ridere moltissimo: David fa veramente queste domande, dice che dalle risposte delle persone capisce tutto di loro. Gli ho fatto notare che con me queste domande erano meno veritiere, perché essendo straniera dalla scuola che ho fatto avrebbe capito poco. La cosa divertente è che ha dei principi assurdi, sono quattro domande assurde. Trudy fa queste quattro domande che faceva il marito perché cerca di essere una business woman, ma mentre Joy pulisce casa in prima persona e sa cosa potrebbe essere utile perché si basa sulla sua esperienza, Trudy invece cerca di imitare Morris, il marito morto, prova sempre a immaginare cosa avrebbe fatto lui invece di partire da se stessa. Queste quattro domande sono assurde, ma le ho dette con la massima severità, quasi come fossero passi della Bibbia: più cercavo di essere seria, più risultavo buffa.
Laura Dern, con cui ha lavorato insieme in Velluto Blu, è stata ingaggiata di recente nel nuovo I segreti di Twin Peaks proprio da David Lynch: se la chiamasse direbbe di sì?
Volentieri, certo. Mi farebbe molto piacere.
Ha altri progetti in cantiere?
Per adesso sto scrivendo le mie cose: si fa un gran parlare dei ruoli che mancano per le donne più anziane, magari usciranno fuori più ruoli per le vecchie come me. Speriamo.