"E cosa significa quel ghigno idiota?" "Che la vita è stata buona con me."
Se le origini del Joker, lo psicopatico assassino interpretato da Joaquin Phoenix nel film appena uscito nelle sale (e trent'anni prima da Jack Nicholson), sono per tradizione avvolte dal mistero, si può ravvisare una certa ironia nel fatto che vi sia un po' di mistero anche in merito alla creazione del personaggio stesso. Comparso il 25 aprile 1940 nel primo numero del fumetto Batman, il Joker fu concepito dai 'padri' dell'Uomo Pipistrello, Bob Kane e Bill Finger, e dal loro collaboratore Jerry Robinson, ma non è mai stato stabilito con chiarezza chi, fra Kane e Robinson, abbia avuto l'intuizione di partenza: quella di realizzare un arcinemico per Batman modellato sulla carta del Joker, e che nel disegno di Finger rievocava le sembianze dell'attore Conrad Veidt nel film tratto dal romanzo di Victor Hugo L'uomo che ride.
Le origini del Joker
Il joker delle carte da gioco raffigura un giullare di corte, e in genere possiede una caratteristica peculiare: la sua natura fluida e multiforme, che gli permette di assumere il valore di qualunque altra carta del mazzo. Il joker, in sostanza, è il buffone in grado di rovesciare le sorti di una partita: una prerogativa ben allineata a quella del giullare, ovvero l'unico con la facoltà di smarcarsi dalle gerarchie sociali, avendo il permesso di irridere perfino il sovrano. E cosa fa d'altro canto il Joker, quello con la J maiuscola, se non adoperare il suo grottesco umorismo per diffondere il caos a Gotham City? Ma se passiamo dal piano narrativo a quello extrafilmico, esiste un altro parallelismo di qualche interesse: dal Batman di Tim Burton del 1989 al Joker di Todd Phillips attualmente al cinema, il famigerato villain rimane l'autentica carta vincente, quella capace di ribaltare l'intera partita.
Batman e Joker: l'eroe e la sua nemesi
Batman di Tim Burton, che esordiva al cinema il 23 giugno 1989, si rivelò un film epocale sotto diversi punti di vista, pure in virtù di uno straordinario successo di pubblico (oltre quattrocento milioni di dollari d'incasso, corrispondenti all'epoca a più di cento milioni di spettatori): come illustrato nel nostro approfondimento per il trentennale di Batman, l'opera in questione ha contribuito a rifondare il moderno cinecomic, mediante un approccio in cui gli elementi più 'adulti' e più cupi dell'universo di Gotham City sono inseriti all'interno di un'estetica che combina tratti gotici e gusto postmoderno. Una dimensione ibrida che trova una sintesi impeccabile nel villain scelto per l'occasione: il Joker interpretato da uno scatenato Jack Nicholson.
Tanto più il Bruce Wayne di Michael Keaton è un protagonista ombroso e introverso, tormentato da un passato doloroso e teneramente goffo nelle interazioni con la fotoreporter Vicki Vale (Kim Basinger), quanto più il Joker di Jack Nicholson è istrionico e sopra le righe, con i suoi modi teatrali e le tinte sgargianti del suo look. Burton rimarca a più riprese la totale antitesi fra i due personaggi e permette al Joker di dominare l'attenzione ogni qual volta appaia in scena; e se la doppia identità di Batman/Bruce Wayne è da subito un dato implicito, la prima parte del film si concentra invece sulla 'nascita' dell'antagonista, o più precisamente sulla metamorfosi dalla pragmatica serietà di Jack Napier, un gangster vecchio stampo che sembra uscito da un noir degli anni Trenta, alla vivacità squillante e incontenibile del suo alter ego deturpato dall'acido.
L'artista dell'omicidio
Il Batman del 1989 costituisce dunque un'origin story del Joker, proprio come la pellicola che un mese fa ha ottenuto il Leone d'Oro al Festival di Venezia (vi rimandiamo in proposito alla recensione di Joker) e che in questi giorni, nel vortice di un dibattito infuocato in patria sulla rappresentazione della follia e della violenza, sta registrando cifre record al box office mondiale (duecentocinquanta milioni nel weekend d'apertura, di cui quasi cento solo negli USA). Nel mezzo, ovviamente, non si può non considerare l'altro, fondamentale punto di svolta per tutto il genere di riferimento: Il cavaliere oscuro di Christopher Nolan, che nel 2008 consegnò all'immaginario collettivo l'indimenticabile Joker di Heath Ledger (resta poco più di una parentesi, invece, quello a cui tre anni fa ha prestato il volto Jared Leto nel deludente Suicide Squad di David Ayer).
Joker allo specchio: Joaquin Phoenix e Heath Ledger, due sfumature di follia
Il villain di Ledger, nell'interpretazione magnetica del giovane attore australiano, è una creatura quasi metafisica, priva di qualunque traccia di esperienza umana: la personificazione mortifera del caos. "Un cane che insegue le macchine", come si definisce egli stesso; uno di quegli uomini che, per citare un'altra battuta ormai celeberrima, "vogliono solo veder bruciare il mondo". Il Joker di Nicholson, a differenza di quello di Ledger, ha un passato più specifico, eppure la sua essenza è la medesima: un agente del caos, un "artista dell'omicidio". "Io faccio arte, finché qualcuno muore", dichiara dinnanzi all'inorridita Vicki Vale, poco dopo aver fatto irruzione nel museo di Gotham. È una delle ragioni del fascino sinistro e senza tempo del Joker, e dell'enorme popolarità che ha accolto sia il ritratto fornitone da Jack Nicholson che quello di Heath Ledger, quasi vent'anni più tardi.
'Send in the clowns': il Joker e il suo palcoscenico
La lunga sequenza nel museo è una delle pagine più memorabili del film di Tim Burton, e offre una silloge emblematica del personaggio. "Signori miei, acculturiamoci un po'!", è la sua esclamazione all'ingresso nell'edificio, e la scena a seguire è una performance in piena regola: dalle mosse danzanti del clown agli accenni di coreografie dei suoi scagnozzi, al ritmo trascinante di Partyman di Prince. Perché Joker non può fare a meno di esibirsi: che si tratti di regolare i conti con altri boss della malavita, di fronteggiare l'Uomo Pipistrello o di deturpare capolavori dell'arte mondiale. E non è un caso che, fra tanti esempi di armonia e di bellezza classica, l'unico dipinto risparmiato sia la Figura con carne di Francis Bacon: un'inquietante immagine di Papa Innocenzo X, i cui tratti del viso sono deformati in una surreale maschera di orrore.
In questa "vocazione performativa" si può individuare la distanza del Joker di Nicholson (e di quello di Ledger) dal Joker di Joaquin Phoenix, ma al contempo anche il loro punto d'unione: perché il disadattato Arthur Fleck, che lavora come pagliaccio per sbarcare il lunario, sogna più di altra cosa le luci della ribalta e coltiva il sogno illusorio di reinventarsi come stand-up comedian. Con la differenza che mentre il Joker del 1989 è un performer nato, totalmente padrone del proprio palcoscenico, per Fleck la realtà in cui è immerso è un luogo ostile, teatro di perenne frustrazione; il solo palcoscenico possibile, allora, è il frutto della sua immaginazione distorta, che sia la penombra di un night club o un'irrealizzabile fantasia romantica.
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'Put on a happy face': la maschera e il volto
Arriverà però il momento, per Arthur, in cui un palcoscenico lo conquisterà davvero: il salotto televisivo del suo idolo, il comico Murray Franklin (Robert De Niro). In Batman, il Joker di Nicholson utilizzava più volte la televisione come veicolo per diffondere il terrore a Gotham City, riprendendo e storpiando il canonico linguaggio pubblicitario, ma pure per cementare il proprio appeal nel duello 'mediatico' con l'Uomo Pipistrello. Trent'anni dopo, il "quinto potere" è ancora uno strumento micidiale: e quando riuscirà finalmente a farvi ricorso, coronando la propria ambizione più grande, Arthur Fleck avrà ultimato la trasformazione nel Joker, la maschera alla quale il suo volto aderisce in maniera perfetta, contemplata nello specchio del camerino pochi istanti prima di materializzarsi di fronte alle telecamere.
Per la prima volta, quella sera, Fleck è padrone di se stesso: è un individuo che ha trovato il proprio ruolo ed è felice di calarvisi anima e corpo. Arthur forse è morto, ma al suo posto è nato il Joker; e stavolta il suo "delitto fondativo" non è una vendetta danzante contro un boss del crimine (il 'debutto' di Joker in Batman consisteva nell'uccisione di Carl Grissom), ma in un omicidio in diretta descritto con scioccante crudezza. Una crudezza esplicita e soprattutto realistica, che non ha nulla della gigioneria buffonesca di Jack Nicholson, né verrà mitigata dal contrappeso di un giustiziere mascherato pronto a intervenire. Ecco, anche per questo Joker è un film tanto innovativo, discusso e controverso, nonché un cinecomic come nessun altro prima d'ora: perché, piaccia o meno, sta forzando le regole del gioco. Proprio come la carta che ha ispirato il suo protagonista.
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