Joker è un film anomalo nel panorama degli adattamenti dei fumetti di supereroi americani: come affermato dal regista Todd Phillips, il lungometraggio che ha vinto il Leone d'Oro alla Mostra di Venezia è "un film vero camuffato da cinecomic", allusione un po' maldestra al fatto che la storia di Arthur Fleck (Joaquin Phoenix), un uomo disadattato che si trasformerà nel perfido clown, evita gran parte delle convenzioni del genere, puntando più sull'evoluzione del personaggio in un contesto molto verosimile che sulla componente spettacolare. Ciò non toglie che il film - di cui abbiamo parlato nella nostra recensione di Joker - come da tradizione per questo tipo di produzione, contenga vari easter eggs nascosti che faranno la gioia dei fan. Perciò, come da nostra consuetudine, abbiamo deciso di passare in rassegna i rimandi più significativi. N.B. L'articolo contiene spoiler !
1. Dov'è il logo della DC Comics?
Da alcuni anni a questa parte, è tradizione dei film tratti dai fumetti della DC Comics l'inclusione del logo della casa editrice nei titoli di testa (nel caso del DC Extended Universe, tale dettaglio è una vera e propria minisequenza con i membri della Justice League). Joker viola questa regola ufficiosa omettendo completamente ogni menzione della sua origine fumettistica nei credits iniziali, facendo apparire il logo solo alla fine dei titoli di coda. Questo per due motivi: da un lato, serve a chiarire la nozione che il film sia completamente scollegato dall'universo cinematografico principale della DC, inaugurato nel 2013, nonostante le teorie dei fan che postulavano, prima dell'uscita, un legame con il franchise attualmente in corso (in particolare, si sosteneva che Arthur Fleck, per ragioni anagrafiche, potesse essere la fonte di ispirazione per il vero Joker, con l'ipotesi di un cameo di un Jared Leto digitalmente ringiovanito); dall'altro, si ricollega all'idea generale che Todd Phillips aveva quando ha proposto il progetto alla Warner Bros., quella di un filone di lungometraggi più "terra terra", dal budget ridotto, che rielaborano liberamente il materiale di partenza. Da quel punto di vista, dato il nesso molto sottile con l'iconografia DC tradizionale, l'assenza del logo è una dichiarazione d'intenti piuttosto potente.
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2. Da un pagliaccio all'altro
Si è parlato molto dell'influenza del cinema di Martin Scorsese, in particolare Taxi Driver (con tanto di ripresa del gesto del dito contro la tempia per mimare un suicidio) e Re per una notte (con ruolo filologicamente corretto per Robert De Niro, che in questa sede funge da Jerry Langford per il Rupert Pupkin che sarebbe Arthur).
La storyline del talk show contiene però un altro legame intertestuale, più sottile in quanto legato a un personaggio minore: Gene, il manager di Murray Franklin. Questi è infatti interpretato da Marc Maron, celebre comico e attore americano, apprezzato, tra le altre cose, per la sua performance nella serie Netflix GLOW. La sua presenza qui è altamente simbolica alla luce di un'altra comparsata recente: lo scorso febbraio, nella trentesima stagione de I Simpson, Maron ha prestato la voce al suo alter ego animato, che per l'occasione conduce un episodio speciale del suo vero podcast, con ospite un altro pagliaccio, ossia Krusty il Clown.
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3. Marvel e DC, da un universo all'altro
Data la popolarità dei cinecomics negli ultimi anni, è inevitabile che ci sia una certa contaminazione tra Marvel e DC, con attori che passano da un universo all'altro. Il film di Phillips non fa eccezione, con ben quattro interpreti che precedentemente hanno avuto a che fare con la Casa delle Idee: Sophie, la vicina di casa di Arthur, ha il volto di Zazie Beetz, che lo scorso anno è stata Domino in Deadpool 2; Thomas Wayne è Brett Cullen, già padre di Johnny Blaze nel primo Ghost Rider (in entrambi i casi è un padre la cui morte influenza il percorso eroico del figlio); il poliziotto Burke ha le fattezze di Shea Whigham, che nella prima stagione di Agent Carter era il datore di lavoro della protagonista; e infine, Brian Tyree Henry, che in questo film interpreta un membro del personale dell'ospedale Arkham, ha doppiato il padre di Miles Morales in Spider-Man: Un Nuovo Universo e apparirà in carne e ossa il prossimo anno in Eternals, nei panni di Phastos.
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4. Dalla pagina allo schermo
Al netto delle diverse libertà prese dal film, non mancano riferimenti più o meno espliciti all'universo fumettistico, a cominciare dall'introduzione di Bruce Wayne, il quale scende dalla propria altalena personalizzata servendosi di un palo, allusione a uno dei modi con cui sarà solito accedere alla Batcaverna in futuro (e sebbene non sia chiamato per nome nel film stesso, i credits finali confermano che il maggiordomo che lo difende da Arthur è il mitico Alfred).
L'esito tragico della comparsata televisiva di Arthur ricorda invece una scena simile nel fumetto The Dark Knight Returns, dove il Joker partecipa a un altro talk show. È chiamato in causa, indirettamente, anche The Killing Joke, dato che anche in questo caso vi sono non pochi dubbi sulla vera origine del personaggio, coerenti con la sua celebre affermazione "Se devo avere un passato, preferisco che sia a scelta multipla." Notare anche il nome dell'assistente sociale che si prende cura di Arthur all'inizio: Deborah Kane, omaggio a Bob Kane, il co-creatore di Batman e Joker.
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5. Joker: da uno schermo all'altro
Non mancano neanche i rimandi a precedenti incarnazioni cinematografiche e televisive del Joker: l'idea che lui ispiri altre persone a emularne le gesta era già presente nell'arco narrativo di Jerome Valeska, sorta di proto-Joker, nella serie Gotham, mentre l'uccisione dei coniugi Wayne da parte di uno dei "seguaci" di Arthur si rifà al Batman di Tim Burton, dove è un Jack Napier alle prime armi a rendere orfano il piccolo Bruce. Inoltre, durante lo scontro conclusivo per le strade di Gotham, Arthur, che sta sanguinando dalla bocca, si serve del liquido corporale per crearsi un inquietante sorriso rosso che non può non ricordare le cicatrici di Heath Ledger ne Il cavaliere oscuro. E per finire, notare la scelta del film che i Wayne vanno a vedere prima di morire: Zorro, The Gay Blade, allusione all'ispirazione classica per Batman nei fumetti ma anche un titolo storicamente corretto, essendo uscito nel 1981, anno in cui è presumibilmente ambientato il lungometraggio di Phillips.