Jeremy Renner e Marion Cotillard 'immigranti' a Cannes

Le due star hanno affiancato il vivace James Gray che ci racconta l'origine della sua famiglia in un melodramma ambientato durante l'ondata di immigrazione negli USA. Il film è in concorso a Cannes.

Ellis Island. Anni '20. Il sogno americano, per tantissimi immigranti sta per concretizzarsi nella maniera più ruvida e dolorosa. Con The Immigrant, presentato in concorso, il regista James Gray tributa un sentito omaggio alla sua famiglia, giunta negli USA dall'Europa proprio in quegli anni di sacrifici, raccontando la storia tragica di Sonya Cybulski, giovane prostituta polacca arrivata a New York e costretta a concedersi agli uomini per raccogliere il denaro necessario a curare la sorella malata. Nelle vesti della protagonista troviamo la francese Marion Cotillard, alla sua seconda visita alla Croisette dopo Blood Ties. Al suo fianco Jeremy Renner e Joaquin Phoenix, presente al Festival di Cannes solo sul grande schermo perché impegnato nelle riprese del nuovo film di Paul Thomas Anderson, Inherent Vice.

The Immigrant affonda nelle radici della tua famiglia, vero James?
James Gray: Questa per me è una storia personale. Mio nonno ha sempre parlato pochissimo inglese per tutta la vita. Ho preso i suoi racconti e li ho trasformati in un film, ma so di aver colpito l'immaginario di molte persone perchè questa è una storia che coinvolge moltissime famiglie di imigranti.

Il film, però, è anche un melodramma.
James Gray: Per me il melodramma è una forma bellissima di racconto perché mi piace raccontare storie di persone che, di fronte a situazioni drammatiche, tirano fuori il meglio di sé. Melodramma è diverso da melodrammatico, un aggettivo che viene usato spesso in senso dispregiativo per indicare emozioni false, contiene in sé qualcosa di puro, di onesto, mi fa pensare all'Opera, e il mio film è ricco di riferimenti ad essa.

Perché hai scelto Marion Cotillard come protagonista?
James Gray: Perché è una delle più grandi attrici del momento e ha un volto incredibilmente cinematografico. In più non è solo bella, ma anche molto intelligente, mi ricorda le attrici del muto perché riesce a veicolare così tanto con poco. Quando l'ho conosciuta non avevo visto nessuno dei suoi film perché in quel periodo erano nati i miei tre figli e non avevo modo di guardare nessun film, ma la prima cosa che mi ha colpito è stato il temperamento di Marion. Mentre discutevamo a cena eravamo in disaccordo su un'attrice che a lei piaceva molto e mi ha tirato addosso un pezzo di pane. Ci ho messo poco a comprendere la sua forza.

E Jeremy Renner come lo hai scelto?
James Gray: Lui lo conoscevo molto bene grazie a Kathryn Bigelow che è una nostra comune amica. E' stata lei a farmi conoscere il suo talento.

Marion, quando hai incontrato James Gray?
Marion Cotillard: L'ho incontrato qui a Cannes quando era membro della giuria. Conoscevo i suoi film e li amo. Quando l'ho incontrato ho scoperto che è anche una persona estremamente divertente e sensibile. Fa film per necessità, il suo è un cinema vitale e brillante.

Jeremy, in un melodramma così intenso il tuo personaggio porta una boccata di ossigeno e di speranza. Concordi con questa visione?
Jeremy Renner: Sì, per me è stato bello rappresentare qualcosa di così positivo. E' stata una grande opportunità lavorare con James, Marion e Joaquin.

E finalmente il film ci ha permesso di scoprire un tuo lato diverso. Finora ti abbiamo visto intento a sparare, combattere, tirare frecce mentre stavolta ricopri un ruolo alla Clark Gable.
Jeremy Renner: Questo è davvero un bel complimento.

James, cosa ci puoi dire di Joaquin Phoenix e della sua fama di attore difficile?
James Gray: Joaquin è tornato alla ribalta grazie a Paul Thomas Anderson. A me è piaciuto molto lavorare con lui. E' una sfida, perché, anche se molti stentamo a crederlo, è una persona estremamente timida e quando si cala in un ruolo si espone emotivamente. Credo che sia un artista grandissimo. Non credo che il nostro sia un legame alla Scorsese-De Niro, ma a volte ti trovi a lavorare con alcuni attori con cui condividi una certa visione del lavoro ed è un piacere vederli creare.

Uno dei protagonisti del film è Ellis Island.
James Gray: Girare a Ellis Island non è stato privo di difficoltà perché sull'isola c'è un museo aperto praticamente sempre. Così eravamo costretti a girare di notte. In più l'uragano Sandy ha fatto dei gravi danni all'isola che è rimasta a lungo senza elettricità. Abbiamo dovuto adattarci alla situazione e cercare di ricreare al meglio questa mitica stazione per gli immigranti in cui sono stati girati così pochi film. Abbiamo dovuto ricostruire molti degli elementi dell'epoca perchè non esistevano più, quindi abbiamo fatto molta ricerche basandoci sulle poche fotografie dell'epoca che abbiamo trovato.

Marion, ti abbiamo visto recitare in francese, in inglese, in italiano e qui invece interpreti una polacca. Quando sei chiamata a queste performance come ti prepari? Anche la tua voce e il tuo corpo cambiano?
Marion Cotillard: La lingua e il linguaggio del corpo fanno parte del lavoro di un attore. Io sono felice quando devo creare un personaggio nuovo mutando ogni aspetto. Per il polacco devi posizionare la tua voce in modo diverso e poi è una lingua molto complicata che ho dovuto studiare a lungo per risultare credibile. La frustrazione in questo tipo di lavoro è che non sei in grado di capire se sei perfetta o no in ciò che fai.

James, tu hai parlato dell'immigrazione in un'epoca in cui era legale e ampiamente praticata, mentre ora si dibatte a lungo sulla questione dell'immigrazione illegale. Che legami trovi tra il presente e il passato? Mentre preparavate la sceneggiatura ti sei posto domande sull'attualità della tua opera?
James Gray: Io credo che l'immigrazione sia ciò che rende un paese vitale. Se vivi a Los Angeles scopri che è una città così ricca a causa di un mix di culture, soprattutto quella latina e quella anglosassone. L'America è nata grazie all'arrivo di popoli poveri che si sono recati lì in cerca di opportunità. Gli italiani, gli irlandesi, gli ebrei hanno costruito la ricchezza di una nazione viva e vitale. Certe cose si capiscono meglio a distanza di tempo, per questo oggi possiamo avere una visione più chiara di ciò che è accaduto nel secolo scorso.

Il titolo originale del film non era The Immigrant. Come mai hai deciso di cambiarlo?
James Gray: Il film, inizialmente, era intitolato Low Life, poi ho scoperto che c'era un romanzo con lo stesso titolo e ho dovuto cambiare perché lo scrittore non mi ha dato il permesso di usarlo. Inoltre i produttori lo odiavano, allora mi sono a messo a cercare un titolo che fosse semplice e immediato.

Jeremy, parlaci della tua scelta di recitare in questo film.
Jeremy Renner: Sono felice di aver recitato in un lavoro che mi ha permesso di arrivare qui a Cannes in concorso. Io adoro James, che altro posso dire.

Le somiglianze con il melodramma di D.W. Griffith Le due orfanelle sono volute?
James Gray: non vedo quel film da più di 25 anni quindi se ci sono dei riferimenti sono inconsci. Mentre preparavo The Immigrant non ho guardato molti film, a eccezione de Il padrino - parte seconda, La strada e pochi altri, ma mi sono concentato più su pittura e fotografia e ho attinto molto anche dall'Opera perché volevo riprodurre quel tipo di emozione.