Lui, Numa Tempesta, è uno speculatore senza troppi scrupoli, un influente finanziere, e un dongiovanni paparazzato sulle riviste di gossip; loro sono disoccupati, senzatetto, migranti nullatenenti, disabili e reietti assortiti. Io sono Tempesta, il nuovo film di Daniele Luchetti mette l'una accanto all'altra realtà antitetiche che, per quanto economicamente distanti, sul piano umano possono riverlarsi meno diverse di quello che pensiamo. Non che questa, nella visione di Luchetti, sia una visione in alcun modo consolante.
Il racconto è leggero, surreale e giocoso in Io sono Tempesta, ma basta non tenere tutto il giorno la testa nella sabbia per vedere le conseguenze di dinamiche di potere come quelle al centro del film in ogni asspetto della nostra vita sociale, pubblica e privata. Luchetti racconta un'Italia contemporanea, post-ideologica e assolutamente desolante, e riesce a farlo facendo ridere, grazie a ottime idee di messa in scena e un cast scoppiettante capitanato da Marco Giallini e Elio Germano.
Leggi anche: RECENSIONE FILM
Echi di Tempesta
Daniele Luchetti, lei definisce questo suo film un'opera buffa, che richiama temi e atmosfere che fanno pensare a Monicelli e a Zavattini. Come è nato Io sono Tempesta?
Daniele Luchetti: Inizialmente Giulia Calenda mi aveva proposto un'idea ispirata alla cronaca recente, ovvero alla condanna di Berlusconi al volontariato in centri di assistenza in seguito a un verdetto di colpevolezza per frode fiscale. Io però pensai che quello era un soggetto che nasceva già vecchio, superato; così ci concentrammo su un personaggio che non fosse un vero cattivo, che avesse i vizi del capitalista ma che fosse anche indiscutibilmente simpatico. La canaglia, infatti, è spesso simpatica per definizione.
Il cinema di oggi si rivolge più che altro alla borghesia, qui della borghesia non c'è traccia...
No, volevamo raccontare un problema sociale, la povertà, con uno spirito leggero, come nelle grandi commedie del passato. Questo è un film social, senza più gli "-ismo". Qualche anno fa speravamo nell'avvento del socialismo, poi "l'-ismo" è sparito ed è rimasto solo il social. In questo modo tutti sono convinti di essere sullo stesso piano, tutti possono farsi un selfie davanti al tramonto e sentono di avere le stesse opportunità dei ricchi anche se non è vero. Una volta le differenze sociali si combattevano con la lotte di classe, oggi invece si usano i like.
Leggi anche: Marco Giallini: "Il cinema italiano? La rinascita arriverà quando si faranno incassi paurosi"
Modelli (in)consapevoli
Giallini, la sua interpretazione in questo contesto rievoca tutta una serie di riferimenti importanti, artistici e non.
Marco Giallini: In realtà io non mi sono ispirato a modelli reali, a Berlusconi o a Ricucci, anche se forse si può avere quella impressione. Avere questo tipo di riferimenti può servire quando si affrontano ruoli biografici, ma non era questo il caso. Per quanto riguarda modelli artistici come Alberto Sordi, non mi sono ispirato a lui o cercato di imitare nessuno, però ci sono riferimenti automatici, quasi inconsci, siamo figli della cultura in cui siamo cresciuti. Qui il personaggio è di fantasia, e mi è stato costruito addosso da Daniele, come un sarto cuce un abito su misura. Ho imparato molto da Luchetti, mi ha guardato, mi ha studiato, mi ha tolto qualche vizio. E credo anche che alla fine questo sia uno dei personaggi più belli che io abbia mai interpretato.
Come è stato ricostituire il sodalizio Luchetti-Germano?
Daniele Luchetti: Con Elio era da La nostra vita che non lavoravamo insieme. In un certo senso il suo personaggio in Io sono Tempesta potrebbe essere l'evoluzione di quello de La nostra vita, caduto in disgrazia.
Elio Germano: Mi piace il modo di lavorare di Daniele, cerca sempre di fare cose nuove. E tornare a lavorare con lui è stato molto semplice, ci capiamo senza bisogno di parlare, ovviamente ormai c'è una bellissima intesa.
Marco Giallini: Io con Elio ho girato prima soltanto il cortometraggio di Valerio Mastandrea Trevirgolaottantasette ma siamo amici da tempo, conosco bene il suo lavoro e il suo potenziale e lo considero un vero fuoriclasse. Il Federer del set cinematografico. Quando Luchetti ha visto la prima scena che abbiamo girato insieme ha dato lo stop e ci ha detto: "voi due dovreste fare un film insieme".