Il re leone (2019), recensione: La freddezza della perfezione

La recensione de Il re leone (2019), remake in CGI del classico Disney diretto da Jon Favreau che ripercorre passo passo lo sviluppo del film degli anni '90.

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Il Re leone: Mufasa con il piccolo Simba

Ci aspetta un compito arduo nello scrivere la recensione de Il re leone (2019), perché dobbiamo spiegare come sia possibile che siamo rimasti freddi e delusi guardando il remake del classico Disney, al netto di un livello tecnico stratosferico, di immagini potenti e una resa visiva sontuosa, oltre che a parità di storia, personaggi e situazioni rispetto al film animato del 1994. Proveremo a raccontarvi i nostri dubbi, pur consapevoli del generale apprezzamento che il pubblico sta dimostrando per Il re leone del 2019, che arriva nelle sale italiane a un mese dall'uscita americana, forte di cinquecento milioni al boxoffice USA, che diventano quasi un miliardo e cinquecento milioni nel mondo. Numeri che gli permettono, in entrambi i casi, di piazzarsi al secondo posto dopo l'imbattibile Avengers: Endgame dei record.

Il re leone e una trama che ricalca il passato

Lo si era intuito sin dal primo teaser trailer che il remake de Il re leone in CGI firmato da Jon Favreau avrebbe ricalcato con prepotenza l'originale del 1994 e lo conferma la visione del film completo: la trama de Il re leone è infatti quella che tutti già conosciamo, che prende le mosse dalla nascita del leoncino Simba, e la celebre sequenza de Il cerchio della vita, e ci conduce lungo il cammino di vita dell'erede al trono e la lotta per il comando, tra drammi e tradimenti, nuovi incontri e amore. Dettagli che non riveliamo a beneficio di quei pochi che non conoscono a memoria il film degli anni '90, limitandoci a sottolineare come tutto lo sviluppo del remake in CGI sia (troppo?) fedelmente ispirato al passato, con la semplice aggiunta di una canzone, tra l'altro poco incisiva, eseguita in originale da Beyoncé (in italiano da Elisa), e piccole variazioni che non cambiano l'economia delle singole scene così come del racconto nel suo complesso. Un calco che va ben oltre quanto fatto per progetti degli scorsi anni, da Il libro della giungla a La bella e la bestia.

Simba, Mufasa, Nala e gli altri: ritroviamo i personaggi de Il re leone

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Il Re leone: Simba e Nala in un'immagine del film

Una continuità col passato che si riscontra anche tra i personaggi de Il re leone, tutti riproposti in versioni equivalenti a quelle già note. Il piccolo erede al trono Simba, il saggio ed equilibrato padre Mufasa, il subdolo zio Scar, la compagna Nala e gli impagabili Timon e Pumba: ritroviamo tutti con lo stesso ruolo e in situazioni non dissimili rispetto al film precedente. La differenza sostanziale è sulle voci, che in un film d'animazione fanno la differenza: per Simba adulto e Nala sono stati scelti Donald Glover e Beyoncé (Marco Mengoni ed Elisa nel doppiaggio italiano), mentre Timon e Pumba hanno le voci di Billy Eichner e Seth Rogen (Edoardo Leo e Stefano Fresi nella versione nostrana), così come Chiwetel Ejifor ha preso il posto di Jeremy Irons nel tratteggiare l'affascinante Scar (per noi è Massimo Propolizio). Il character design risente, inoltre, di un ulteriore appiattimento che è conseguenza diretta del passaggio dal disegno a mano alla grafica al computer. Ed è, per noi, il principale problema del film.

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Il Re leone: Donald Glover in un'immagine promozionale

Iperrealismo e freddezza

Si resta a bocca aperta al cospetto delle immagini del remake de Il Re Leone, per un iperrealismo che rasenta la perfezione nella resa dei fondali così come le figure dei protagonisti, tanto che si stenta a credere che nulla di quel che si vede è ripreso dal vivo (il regista Jon Favreau ha rivelato che solo un'inquadratura del film è reale) e si prova spesso la sensazione di guardare un documentario naturalistico piuttosto che un film d'animazione. Una resa visiva che penalizza soprattutto i personaggi, che senza la caratterizzazione grafica e le sfumature donate loro dal disegno a mano e l'abilità degli animatori, perdono di tridimensionalità e ricchezza di tratti e dettagli. A parità di storia e scene, la nuova versione de Il re leone risulta quindi più imponente, ma anche più fredda e piatta.

Il Re Leone, i protagonisti in versione cartoon grazie a un piccolo trucco!

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Il Re leone: un'immagine con Scar e le iene

Non si può dire che il risultato sia brutto, ma nemmeno ci sentiamo di cantarne le lodi, perché la sensazione generale che ci ha lasciato è di inutilità: non dubitiamo infatti che l'operazione abbia perfettamente senso per la Disney, sia a giudicare dai poderosi incassi sia in quanto test tecnico (questo ci è sembrato il progetto nel suo complesso, una imponente demo, affidata non a caso a Favreau, per testare i limiti di una tecnologia che vedrà sempre più applicazioni in futuro), ma non fa altro che richiamare echi di emozioni già presenti nei nostri cuori, senza aggiungere nulla di nuovo.

Conclusioni

Per riassumere la recensione de Il re leone e le nostre sensazioni riguardo al remake firmato da Jon Favreau, possiamo dire che si tratta di un progetto che ha senza dubbio valore commerciale e tecnologico per la Disney, ma poco aggiunge a quello che già conosciamo dal punto di vista emotivo. Il re leone, versione 2019, è un film che ricalca quanto già conosciamo senza aggiungere nulla dal punto di vista emotivo, perdendo punti, piuttosto, a causa della mancanza di sfumature che il disegno a mano assicurava ai personaggi e le situazioni. Non ci sentiamo di considerarlo un brutto film, ma sicuramente freddo e piatto.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
3.3/5

Perché ci piace

  • L’impressionante livello tecnologico, con una resa visiva di ambienti e realismo dei personaggi che lascia a bocca aperta.
  • Il ritmo di un film che, pur nelle sue due ore di durata, scorre via agile come una gazzella.
  • Le emozioni di una storia universale…

Cosa non va

  • … mutuate però dal film precedente e spesso anticipate dal ricordo più che da ciò che vediamo.
  • La resa dei personaggi perde di ricchezza, sfumature e calore nel passaggio dal cartoonesco disegno al mano al realismo della CGI.
  • Non tutti i doppiatori italiani sono all’altezza della situazione.